Lo conoscete come Topinambur o carciofo di Gerusalemme, però questo tubero ha origini che non hanno niente a che vedere con Gerusalemme.
Il Topinambur, una pianta erbacea perenne con bulbo sotterraneo, conosciuto anche come carciofo di Gerusalemme, ha un’etimologia piuttosto controversa, poiché esso non è un carciofo, non proviene da Gerusalemme e non ha neanche alcun legame con la tribù brasiliana dei Tupinamba. Scopriamo insieme perché alcuni errori commessi in epoche passate hanno portato alle denominazioni “incorrette” di questa pianta. (Leggi anche: Topinambur: origine, storia, curiosità e ricette )
Origini e storia del Topinambur
Il Topinambur è una specie di girasole che può superare i 3 metri di altezza e che viene coltivato per il suo tubero sotterraneo commestibile. Venne scoperto dall’esploratore francese Samuel de Champlain nell’odierno Massachusetts, dove le radici della pianta venivano coltivate dalle popolazioni native e, secondo Champlain, avevano un sapore che ricordava quello del carciofo. La pianta venne presentata per la prima volta nelle corti francesi lo stesso giorno in cui faceva il suo ingresso una tribù di indios originaria del Brasile conosciuta come Tupinamba. Il popolo francese pensò erroneamente che fossero stati proprio gli indigeni a portare quel misterioso tubero in Europa, per questo decisero di chiamarlo con lo stesso nome francesizzato che diedero poi anche agli indigeni: les Topinambours.
Perché allora è conosciuto anche come “carciofo di Gerusalemme”? La pianta veniva chiamata girasol o girasole (rispettivamente derivanti dalle parole omonime delle lingue spagnola e italiana) per la sua somiglianza con il famoso fiore giallo, tuttavia la pianta aveva anche quel tubero nelle radici che aveva un sapore che ricordava quello del carciofo. Per questo motivo alcuni studiosi pensano che il nome sia una corruzione inglese dell’italiano “girasole articiocco” (in molti dialetti dell’Italia settentrionale, il carciofo viene chiamato infatti “articiocco”). Un altro nome comune per i Topinambur è sunchoke, coniato negli anni ’60 da Frieda Rapoport Caplan, donna d’affari statunitense che decise che la pianta aveva bisogno di un nome più accattivante per aumentare le vendite. Con il passare degli anni il nome è rimasto e nessuno si è voluto prendere la briga di correggerlo.
Nonostante i suoi nomi incorretti, il tubero di Topinambur si trova facilmente al supermercato, nei negozi di ortofrutta e nei mercati contadini, può essere cucinato al forno, fritto, al vapore ed ha buone quantità di minerali (soprattutto potassio e ferro) e di vitamine A e C. (Leggi anche: Come cucinare il topinambur: 10 ricette gustose e facili da preparare)
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