Guerra del pane invenduto: l’Antitrust smaschera i più importanti supermercati italiani

Il pane invenduto, fornito dai piccoli panettieri alla grande distribuzione, graverebbe sulle tasche dei primi, a vantaggio dei secondi. L'ennesima lotta di Davide contro Golia e questa volta riguarda uno degli alimenti più consumati nel nostro paese

Il pane invenduto, fornito dai piccoli panettieri alla grande distribuzione, graverebbe sulle tasche dei primi, a vantaggio dei secondi. L’ennesima lotta di Davide contro Golia e questa volta riguarda uno degli alimenti più consumati nel nostro paese.

È già stata soprannominata la “guerra del pane invenduto” e nei due schieramenti vedi contrapposti da una parte alcuni grossi supermercati, dall’altra i piccoli produttori di pane. L’Antitrust sta indagando sulla vicenda e ha aperto 6 istruttorie per verificare una presunta pratica sleale a danno delle imprese di panificazione. Oggetto delle istruttorie sono i principali operatori nazionali nel settore della Grande Distribuzione Organizzata: Coop Italia, Conad, Esselunga, Eurospin, Auchan e Carrefour, alcune di esse già ispezionate dai funzionari dell’Antitrust e dal Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza.

L’invenduto che grava sui piccoli fornitori

Secondo quanto riportato dall’Agcm, la condotta che viene contestata alla GDO prevede che i fornitori di pane fresco, a fine giornata, debbano ritirare a proprie spese l’intero quantitativo di pane invenduto. La differenza di valore tra quello consegnato a inizio giornata e quello reso a fine giornata viene poi riaccreditata al compratore della GDO sugli acquisti successivi.

Altro che lotta agli sprechi alimentari…

E non è tutto. I piccoli panificatori in più devono occuparsi a proprie spese dello smaltimento del pane, considerato un “rifiuto” alimentare. Un meccanismo perverso, visto che attualmente la normativa vigente non permette alcun riutilizzo del pane invenduto a fini commerciali. Addirittura, anche donarlo non è possibile. Una beffa, che colpisce i panificatori e indirettamente anche i cittadini, visti i grandi spechi alimentari che ne derivano.

Per l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

“la pratica si inquadra in una situazione di significativo squilibrio contrattuale tra le catene della GDO e le imprese di panificazione (imprese artigiane con pochi dipendenti). In tale contesto, l’obbligo di ritiro dell’invenduto rappresenta una condizione contrattuale posta ad esclusivo vantaggio delle catene della grande distribuzione e determina un indebito trasferimento sul contraente più debole del rischio commerciale di non riuscire a vendere il quantitativo di pane ordinato e acquistato”.

I procedimenti dell’Agcm sono stati avviati dopo una serie di segnalazione da parte della principale associazione nazionale di panificatori, Assipan-Confcommercio Imprese per l’Italia, e dovranno accertare eventuali violazioni dell’art. 62 del decreto legge n. 1/2012 che regola le relazioni commerciali nella filiera agro-alimentare.

Non tarda ad arrivare la replica di Esselunga, che si è difesa dicendo:

“In relazione all’istruttoria aperta da Antitrust nei confronti dei principali operatori della GDO per una presunta pratica sleale a danno di alcuni aderenti alle associazioni di panificatori, chiariamo che il pane da noi venduto è per il 95% sfornato direttamente nei reparti dei nostri negozi, cioè non è fornito da panificatori terzi. Siamo certi che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella quale abbiamo piena fiducia e con la quale collaboreremo su ogni aspetto utile a chiarire la questione, saprà valutare la piena correttezza del nostro operato”.

Non sarebbe meglio se, sostenuta dalla legge, la GDO a proprio carico mettesse a disposizione il pane invenduto a chi, ancora oggi, ha difficoltà a mettere in tavola un pasto per la propria famiglia?

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Francesca Mancuso

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