La nostra ossessione per frutta e verdura bella, grande e perfetta sta facendo collassare i piccoli agricoltori italiani

Vogliamo frutta bella, omogenea e perfetta ma questo non è più sostenibile. A farne le spese sono gli agricoltori italiani

Quando andiamo al mercato a comprare frutta e verdura vogliamo trovare prodotti belli, grandi e perfetti. Una specie di ossessione che, oltre a far sprecare tanto cibo buono che viene gettato via solo perché non rispetta alcuni canoni, sta facendo collassare i piccoli agricoltori.

A fotografare la situazione è un report dell’Associazione Terra, “Siamo alla frutta. Perché un cibo bello non è sempre buono per l’ambiente e l’agricoltura“, che mostra, dati alla mano, come la prassi di commercializzare prodotti perfetti stia mettendo in seria crisi gli agricoltori del nostro paese. Questi, alle prese anche con i cambiamenti climatici, si trovano di fronte a frutta e verdura che sempre più spesso hanno forme e dimensioni non standard e che dunque vengono scartate dalla grande distribuzione.

Uno spreco incredibile e il rischio di mettere in ginocchio un intero settore per cosa? Per un’ossessione che dovremmo subito eliminare, ricordandoci tra l’altro che le imperfezioni della frutta e della verdura spesso segnalano al contrario qualità e un tipo di agricoltura più sostenibile (pensiamo ad esempio ai limoni lucidi e perfetti che però sono pieni di pesticidi e hanno la buccia non edibile).

Ma purtroppo è il mercato che richiede prodotti così, lucidi e perfetti. Il dossier indaga appunto l’impatto del nostro desiderio di perfezione e soprattutto le regole di commercializzazione e i sistemi di mercato sull’agricoltura. Si tratta di un’inchiesta sul campo che considera tutti gli aspetti dell’abitudine ormai consolidata di commercializzare esclusivamente prodotti perfetti, selezionati geneticamente, coltivati, raccolti e passati al vaglio delle macchine calibratrici. Frutta venduta in serie, praticamente, tutta uguale.

Ci si sofferma in particolare su quattro frutti simbolo della crisi che sta vivendo il settore in Italia: pere, arance, kiwi e mele. L’ossessione per la frutta perfetta sta causando la perdita di migliaia di ettari di terre coltivate.

Gli esempi portati dal report di Terra sono lampanti:  i terreni destinati alla coltivazione delle pere in Emilia-Romagna negli ultimi 15 anni sono diminuiti di 6.000 ettari; le arance di Sicilia sono attualmente coltivate su 82.000 ettari contro i 107.000 di vent’anni fa e infine i kiwi, la cui produzione a livello nazionale è calata di quasi 100.000 tonnellate (dal 2014 al 2019) a causa di una malattia che colpisce le piante e che sembra essere causata, secondo alcuni studi, dall’aumento delle temperature.

A differenza delle altre filiere, quella delle mele è l’unica a “reggere” meglio le imposizioni e gli standard richiesti dalla GDO.  

Il rapporto denuncia l’insostenibilità dei meccanismi normativi e delle pratiche della grande distribuzione e chiede alle istituzioni e alla GDO di intervenire urgentemente modificando il sistema in modo da combattere gli sprechi alimentari e sostenere gli agricoltori.

Ci sono stati dei supermercati, sia in Italia che all’estero, che hanno deciso di vendere anche la frutta e la verdura imperfetta per evitare sprechi (Leggi anche: Imperfetti, ma buoni: il supermercato che recupera e vende il cibo che altrimenti andrebbe sprecato). Lo dice anche da tempo Why Nok, un movimento il cui intento è proprio sensibilizzare sul fatto che le imperfezioni di frutta e verdura non intaccano qualità e sapore. (Leggi anche: WhyNok: il movimento che vuole ridare dignità a frutta e verdura brutta (ma buona) per combattere gli sprechi alimentari).

Tutte esperienze positive che però non possono bastare. Parliamo di tonnellate e tonnellate di prodotti “brutti ma buoni” (secondo dei canoni di bellezza ormai da rivedere) che vengono sprecati e piccoli agricoltori che rischiano di finire sul lastrico. Ci vuole indubbiamente un cambiamento più grande, per prima cosa in noi consumatori e ovviamente anche nella regolamentazione e nelle pratiche della grande distribuzione. Come scrive Terra, occorre “un’azione di sistema di cui le istituzioni e la GDO devono farsi carico“. 

Come ha dichiarato Fabio Ciconte, Direttore dell’associazione Terra:

Questa ossessione per la perfezione è incompatibile con le trasformazioni dell’agricoltura alle prese con il cambiamento climatico. Per questo chiediamo un intervento della politica a tutela del reddito degli agricoltori e un impegno della grande distribuzione ad acquistare anche la frutta fuori calibro.

E sarebbe davvero ora!

Fonte: Terra

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