Olio extravergine d’oliva: l’innovativo metodo che permette di riconoscere quello falso (e sventare le frodi)

Un team dell’Università Cattolica, campus di Piacenza, è riuscito a trovare un sistema per smascherare le frodi alimentari che riguardano l'olio extravergine di oliva. I ricercatori hanno messo a punto un algoritmo che “avverte” la presenza di certe molecole nell’olio prodotto con l’oliva Taggiasca ligure

Come sappiamo, l’olio di oliva è uno dei prodotti del nostro territorio più a rischio falsificazioni e frodi alimentari. Pensate che, secondo la Coldiretti, oltre una bottiglia su quattro (27%) è risultata falsificata e nel 2021 sono arrivati ben 540 milioni di chili di olio estero (che corrisponde a quasi il doppio della produzione nazionale).

La falsificazione riguarda diversi tipi di olio, tra cui alcune tipologie più riconosciute e costose, come l’olio ricavato dalla Taggiasca Ligure.

Il problema è che non è sempre facile accorgersi delle frodi e diversi studi stanno cercando di mettere a punto dei sistemi semplici per individuare prontamente le falsificazioni.

Oggi vi parliamo dell’algoritmo, basato sull’intelligenza artificiale, messo a punto dai ricercatori dell’Università Cattolica. Questo è in grado di riconoscere l’originale olio extravergine da “Taggiasca ligure”, sventando i tentativi di contraffazione.

Per arrivare a svilupparlo, i ricercatori – che si sono avvalsi del supporto del Consorzio di Tutela Olio DOP Riviera Ligure – hanno utilizzato 408 campioni di olio, tutti georeferenziati e provenienti da tre stagioni di crescita consecutive.

Nonostante la cultivar (cioè la varietà), la stagione, l’altitudine di crescita e l’origine geografica dell’olio contribuissero al profilo fitochimico, l’intelligenza artificiale ha permesso di identificare marcatori specifici di autenticità.

In pratica, l’alogoritmo è in grado di distinguere l’originale dai falsi sulla base di alcune molecole contenute solo nell’olio prodotto con le olive liguri.

Si tratta in particolare dei derivati del colesterolo e di alcuni antiossidanti come i polifenoli (tirosoli e oleuropeine, stilbeni, lignani, acidi fenolici e flavonoidi).

Lo studio, pubblicato sulla rivista Food Chemistry, è stato coordinato da Marco Trevisan, Preside Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, e Luigi Lucini, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile – DiSTAS.

Come ha spiegato il professor Lucini, il funzionamento del modello dell’Intelligenza Artificiale utilizzato è lo stesso del “face ID” del telefono ma naturalmente cambiano i parametri che, nel caso dell’olio, sono rappresentati appunto da composti fenolici o steroli che lo distinguono in maniera molto netta da altre produzioni.

Come ha precisato il professor Trevisan:

Complessivamente, la ricerca ha individuato oltre 1500 tra polifenoli e steroli che sono utilizzati dal modello a reti neurali, anche se circa 45-50 sono risultati quelli più caratterizzanti, i cosiddetti marker, il cui profilo (presenza/assenza ed abbondanza) aiuta a discriminare l’extravergine ottenuto con la Taggiasca.

Come scrive l’Università Cattolica:

Successivamente i risultati dei test eseguiti con l’intelligenza artificiale sono stati valutati con metodiche di intelligenza artificiale e la sensibilità dell’algoritmo è risultata del 100% (32/32), ovvero l’AI è in grado di riconoscere sempre l’olio da Taggiasca.

In merito agli ottimi risultati ottenuti dallo studio, il professor Trevisan ha dichiarato:

Il nostro lavoro, oltre alla tutela nei confronti delle frodi/contraffazioni, fornisce un importante supporto in termini di tutela della produzione DOP, ad oggi non applicata alla Taggiasca Ligure ma che in un prossimo futuro potrebbe esser pertinente. (…) Lo studio della composizione chimica del prodotto con la metabolomica, associato all’intelligenza artificiale, è un approccio promettente e futuribile per la tutela delle produzioni tipiche.

Ma gli esperti non si accontentano di aver trovato un sistema per smascherare il falso olio da Taggiasca Ligure, hanno già fatto sapere che la ricerca proseguirà su un altro prodotto molto falsificato: il vino e più nello specifico l’Amarone.

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Fonte: Università Cattolica

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