La piadina romagnola, la semplice ricetta di acqua, farina e strutto declinata nelle diverse varianti locali diventerà un brand. Una volta concertata con le Province e i comuni dell'Emilia Romagna la ricetta ufficiale presso la camera di Commercio di Rimini il prossimo 19 ottobre, la storica piadina potrà fregiarsi del marchio di indicazione geografica tipica (Igp) per tutelarne la produzione del territorio.
La piadina romagnola, la semplice ricetta di acqua, farina e strutto declinata nelle diverse varianti locali diventerà un brand. Una volta concertata con le Province e i comuni dell’Emilia Romagna la “ricetta ufficiale” presso la camera di Commercio di Rimini il prossimo 19 ottobre, la storica piadina potrà fregiarsi del marchio di indicazione geografica tipica (Igp) per tutelarne la produzione del territorio.
Così almeno negli obiettivi delle Associazioni di produttori di Piadina di tutta la Romagna che hanno avanzato la proposta al Ministero delle Politiche Agricole. Per il momento si è giunti alla definizione del disciplinare di produzione sia nella variante “Piadina Romagnola” di minor diametro e maggiore spessore, sia nella variante “Piadina Romagnola alla Riminese” di maggior diametro e minor spessore. Ora il tutto passerà alla Commission Europea che dovrà esprimersi sull’ottenimento o meno della certificazione di Indicazione Geografica Protetta.
Una certificazione che ha sollevato, però, la contestazione dell‘Associazione per la Valorizzazione della Piadina Romagnola e di Slow Food Emilia-Romagna.
Secondo queste associazioni infatti, la vera piadina romagnola è simbolo di freschezza, quotidianità, manualità e tipicità: caratteristiche che non possono essere garantite dalla produzione industriale.
“Non si può equiparare la “Vera Piadina Romagnola” dei chioschi a quella prodotta industrialmente e conservata nei sacchetti di plastica per la vendita nei supermercati” – ha detto Antonio Cherchi, presidente di Slow Food Emilia-Romagna.
“Difendere la vera piadina tradizionale – ha aggiunto Silvio Barbero, vicepresidente Slow Food Italia – significa opporsi a una proposta di Igp che rischia di spazzare via saperi e conoscenze che sono patrimonio del territorio, solo per sostenere una logica economica industriale”.
Slow Food e l’Associazione per la Valorizzazione della Piadina Romagnola avevano espresso da subito la loro contrarietà all’ipotesi del marchio IGP alla piadina romagnola e ora sperano almeno di condizionare la decisione finale del Ministero ed eventualmente sottoporre la questione anche alla Comunità Europea, per impedire che il riconoscimento venga approvato.
Insomma se da un lato il marchio Igp tutelerebbe la piadina dalle contraffazioni degli operatori esteri, dall’altro darebbe il via alla produzione industriale di massa che ne ucciderebbe la tradizione.
Verdiana Amorosi