Già nel 2021 è stato creato in Finlandia un caffè coltivato in laboratorio ma ora un articolo scientifico rivela il processo tecnologico alla base. Si tratta di una produzione più sostenibile ma la commercializzazione di questo nuovo prodotto non sarà così semplice
Sono già due anni che un team di scienziati del VTT Technical Research Center of Finland ha realizzato un caffè prodotto in laboratorio. La novità è ora che sono state rilasciate informazioni dettagliate su come si è arrivati a crearlo.
Pubblicato sul Journal of Agriculture and Food Chemistry, l’articolo scientifico descrive l’esatto processo utilizzato dagli scienziati per produrre il caffè partendo dalla pianta originale e stabilendo colture cellulari per alterarne l’aroma nel processo di tostatura, il contenuto di caffeina e il sapore.
Ma a cosa può essere utile un caffè prodotto in laboratorio? Il discorso è soprattutto ambientale. La domanda di caffè continua a crescere in tutto il mondo ma la produzione deve affrontare diverse sfide, dalla gestione del suolo e dell’acqua ai diritti dei lavoratori fino al cambiamento climatico che mette a rischio i raccolti.
In questo contesto, a detta degli scienziati, la creazione in laboratorio emerge come una soluzione sostenibile che offre la possibilità di affrontare i problemi critici legati alla produzione di caffè e potrebbe tra l’altro consentire una maggiore autosufficienza nelle aree non adatte alla tradizionale coltivazione del caffè.
Il caffè creato in laboratorio presenta notevoli vantaggi in termini di tempi di produzione. Mentre il caffè coltivato tradizionalmente fornisce 1-2 raccolti all’anno, quello di laboratorio può essere prodotto in un mese grazie a un processo controllato e alla natura rinnovabile delle cellule della pianta del caffè.
Nonostante il successo nel coltivare caffè in laboratorio, il passo successivo è affrontare la sfida della commercializzazione. Il dottor Heiko Rischer, responsabile delle biotecnologie vegetali presso VTT, sottolinea che la diversità delle materie prime, insieme a fattori come terreno, altitudine, clima e processi di lavorazione, influiscono sul prodotto finale.
Come ha spiegato il ricercatore:
La materia prima derivata da cultivar e specie diverse, insieme a vari processi di lavorazione, sono fattori che influenzano il prodotto finale. Mentre il caffè coltivato in laboratorio è molto più controllato, approcci diversi, ad esempio, alla tostatura, influiscono in modo significativo sul profilo aromatico del caffè.
Ci viene un po’ il dubbio che il caffé creato in laboratorio non sia proprio in tutto e per tutto uguale alla nostra bevanda preferita. Tra l’altro, si sa, gli italiani sono parecchio esigenti in fatto di caffè.
Al Guardian Rischer, in merito al gusto della sua creazione, aveva dichiarato:
Descriverlo è difficile ma, per me, era una via di mezzo tra un caffè e un tè nero. Dipende davvero dal grado di tostatura, e questa era una tostatura un po’ più leggera, quindi aveva una sensazione un po’ più simile al tè.
Il VTT auspica la formazione di un ecosistema dedicato alla produzione e commercializzazione del caffè coltivato in laboratorio. L’idea è coinvolgere gli attori chiave del settore, come coltivatori, torrefattori, miscelatori e marchi di caffè, per sviluppare processi che garantiscano la produzione e la commercializzazione efficace di questo nuovo tipo di caffè sostenibile.
Secondo Rischer, il caffè prodotto in laboratorio potrebbe ricevere il via libera per la vendita in Europa e negli Stati Uniti nel giro di pochi anni, anche se arrivare a commercializzarlo non è così semplice:
Una cosa è coltivare cellule di caffè in un bioreattore. Renderlo un prodotto commercialmente valido è tutta un’altra questione.
Riuscirà davvero a prendere piede su larga scala?
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Fonte: Journal of Agricultural and Food Chemistry
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