Lo scandalo della carne di cavallo, passato ormai agli onori delle cronache come “horse gate”, mostra chiaramente il lato oscuro della produzione e del commercio della carne, con gli allevamenti intensivi che stanno distruggendo il mondo naturale. Lo dice un nuovo studio delle Nazioni Unite, dal titolo Our Nutrient World”, in cui gli esperti sollecitano le popolazioni del mondo ricco a diventare "demitarians"
Lo scandalo della carne di cavallo, passato ormai agli onori delle cronache come “horse gate“, mostra chiaramente il lato oscuro della produzione e del commercio della carne, con gli allevamenti intensivi che stanno distruggendo il mondo naturale. Lo dice uno studio delle Nazioni Unite, dal titolo “Our Nutrient World”, in cui gli esperti sollecitano le popolazioni del mondo ricco a diventare “demitarian”, ovvero a intraprendere un regime alimentare in cui si dimezza la quantità di carne attualmente consumata, al fine di evitare gravi danni ambientali (e non solo).
“C’è un rischio legato alla catena alimentare. Per questo è un buon momento per parlarne alla gente“, ha spiegato il professor Mark Sutton, che ha coniato la parola “demitarian” ed è autore dello studio pubblicato oggi dall’United Nations Environment Programme (UNEP) contro gli allevamenti intensivi, che hanno deviato grandi quantità di grano destinato al consumo umano, richiedono un uso intensivo di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi e, secondo il rapporto Unep, “hanno causato inquinamento delle acque e atmosferico, danneggiando la salute umana”.
La risposta a questo meccanismo perverso? Più verdure e meno proteine animali nei piatti, dice Sutton, invitando a ridurre il consumo di carne: “le dimensioni della porzioni sono la chiave. Spesso sono troppo grandi, più di quanto si vuole mangiare. Bisogna iniziare a pensare a un cambiamento culturale, guidato da un pensiero che dica ‘mi piace il sapore, ma non ho bisogno di una quantità così enorme’“. Sarà l’inizio anche di un‘alimentazione più sana.
Uomini avvisati, mezzi salvati: per l’Unep “se non si agisce subito, l’aumento dell’inquinamento e il consumo pro capite di prodotti energetici e animali aumenterà le perdite di nutrienti, i livelli di inquinamento e il degrado del terreno, minacciando ulteriormente la qualità della nostra acqua, dell’aria e del suolo, influenzando il clima e la biodiversità“, si legge nel report, che definisce anche una serie di misure con le quali l’agricoltura potrebbe essere più rispettosa dell’ambiente.
Vanno dal minor utilizzo di diserbanti alla cattura delle emissioni di gas a effetto serra dalla produzione, dal riutilizzo dei rifiuti, come il letame, al trattamento delle acque reflue con tecniche moderne in grado anche di far risparmiare centinaia di miliardi di dollari. La proposta dell’Unep, punto di inizio, magari, verso il vegetarianesimo o il veganesimo, porterebbe a molti effetti collaterali positivi: una dieta più sana, migliore qualità dell’aria, maggiore disponibilità di acqua, una razionalizzazione dell’uso dell’energia e della produzione di cibo, con un impatto positivo sull’ambiente, sulla salute e sul benessere degli animali.
Roberta Ragni
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