Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il ddl sulla carne sintetica. Cosa accadrà adesso?
A due settimane dell’approvazione definitiva della legge che pone un divieto alla produzione della cosiddetta carne coltivata, arriva la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (anche se non si tratta di un via libera, in realtà, definitivo).
Se inizialmente, nelle prime ore di oggi, sembrava che il ddl non fosse stato firmato, in attesa del parere da parte dell’Unione europea, nel primo pomeriggio, invece, è arrivata la nota del Quirinale.
“Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato in data odierna il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”. Il Governo ha trasmesso il provvedimento accompagnandolo con una lettera con cui si è data notizia dell’avvenuta notifica del disegno di legge alla Commissione europea e con l’impegno a conformarsi a eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell’ambito della procedura di notifica”.
Cosa succederà ora? Come spiega la stessa nota, l’Italia potrebbe rischiare di andare incontro a una procedura d’infrazione.
Questo perché, da un lato, violerebbe le norme europee relative alla libera circolazione delle merci, uno dei principi fondanti dell’Unione, dall’altro, rappresenterebbe un divieto preventivo, ovvero introdotto prima che inizi ad essere prodotta sul territorio del Vecchio Continente.
Quello che sembrava uno stop inziale era stato accolto con soddisfazione dalle associazioni animaliste e ambientaliste, che si battono per un’alimentazione più etica e sostenibile.
L’inapplicabilità del provvedimento era oggettiva, LAV lo ha fatto presente sin dall’inizio. La mancata firma del Presidente Mattarella pone finalmente un freno a una battaglia del tutto ideologica. – commenta Domiziana Illengo, campaigner della LAV (settore Alimentazione vegana) – La carne coltivata, una volta approvata dalla Commissione Europea ed entrata in commercio, sarà un ulteriore importante tassello della transizione alimentare, affiancandosi ai prodotti vegetali già in commercio e supportando la trasformazione del sistema alimentare perché non si basi più sullo sfruttamento di centinaia di milioni di animali ogni anno, solo in Italia.
Cosa prevede il ddl contro la carne coltivata
Con 159 voti favorevoli della maggioranza, 34 astenuti e 53 voti contrari, la Camera dei Deputati ha approvato lo scorso novembre in via definitiva il ddl – tanto caro al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida – che nello specifico vieterà la produzione e la vendita delle carni sintetiche e l’utilizzo delle denominazioni legate alla carne per prodotti costituiti da alimenti vegetali. Il provvedimento interessa quindi anche l’etichettatura dei prodotti plant-based, che non potranno più riportare riferimenti ad alimenti di origine animale, ad esempio “burger” o “salsiccia”, comunemente usati.
Questa misura andrebbe quindi a danneggiare le aziende italiane che realizzano cibi a base di proteine vegetali, consumati ormai da tantissimi italiani. Il nostro Paese, infatti, rappresenta il terzo mercato europeo per i prodotti a base vegetale e negli ultimi anni hanno acquisito sempre più popolarità fra i consumatori: tra il 2020 e il 2021 si è registrato un aumento del 21% delle vendite.
In attesa dell’ok di Bruxelles
La carne prodotta da cellule staminali allevate in laboratorio, senza crudeltà, può aiutarci a ridurre drasticamente non sole emissioni, ma anche lo sfruttamento del suolo e dell’acqua. Diversi Paesi stanno investendo in questa nuova opportunità, eppure per l’Italia la carne coltivata viene vista come un’enorme minaccia al Made in Italy.
Attualmente siamo l’unica nazione al mondo a portare avanti una crociata per metterla al bando. Adesso la palla passerà a Bruxelles: qui il ddl italiano sarà sottoposto ad una procedura denominata TRIS che consente alla Commissione e agli Stati membri dell’UE di “esaminare le regolamentazioni tecniche che gli Stati membri stessi intendono introdurre per i prodotti (industriali, agricoli e della pesca) e per i servizi della società dell’informazione prima che siano adottate”.
L’obiettivo di questa procedura è quello di garantire la compatibilità dei testi con i principi del diritto dell’Unione europea e del mercato interno.
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