Dibattito acceso a Bruxelles perché, nuove leggi francesi, stabiliscono che non si possono usare termini riferiti a prodotti animali per versioni vegetali.
Ragù vegano, burger di soia, salumi vegetali. Dibattito acceso a Bruxelles perché, nuove leggi francesi, stabiliscono che non si possono usare termini tradizionalmente riferiti a prodotti animali per le versioni vegetali. Ma l’Unione Vegetariana Europea e l’Associazione Vegetariana Francese non ci stanno e denunciano la Francia per violazione delle norme dell’Unione Europea.
Come sappiamo, il dibattito è vecchio come il mondo. Dal 2017, non si possono più usare espressioni come burro di tofu o latte di soia, perché la Corte europea ha stabilito che i prodotti puramente vegetali non possono essere commercializzati con denominazioni, come latte, panna, burro e formaggio, da usare solo per prodotti di origine animale. In poche parole noi oggi al supermercato non troviamo il latte di soia, ma una bevanda a base di soia. Ma c’è un però: la stessa Corte sottolinea la distinzione tra ingrediente singolo e preparazione, perciò non esclude l’utilizzo di termini di preparazioni sia pur “meat sounding”.
Quindi troviamo il ragù vegano, i burger di soia i salumi vegetali etc. In Francia però una legge nazionale (LOI n° 2020-699 du 10 juin 2020) ha stabilito che solo i prodotti a base di carne possono avere termini come “salsiccia”, “hamburger”, “bistecca” e via dicendo. Da qui l’intervento dell’ ‘Unione Vegetariana Europea e dell’Associazione Vegetariana Francese che in una nota congiunta, hanno promesso battaglia a Bruxelles, protestando: “Come dovremmo chiamare i nostri cibi?”.
A chi sostiene che la legge francese sia giusta, i veg rispondono che al contrario, si rischia di più di confondere il consumatore ormai abituato a queste diciture.
“L’immagine del consumatore credulone incapace di discernere un prodotto alimentare a base di carne da quello vegetale – anche se chiaramente distinto dal nome del prodotto – è nella migliore delle ipotesi, paternalistico e un insulto nel peggiore dei casi”, scrivono le associazioni in un comunicato congiunto.
Le prove fornite da altri Stati membri dell’UE suggeriscono il contrario: uno studio condotto dalla Federazione delle organizzazioni tedesche dei consumatori (vzbv) ha dichiarato che solo il 4% dei clienti tedeschi ha acquistato involontariamente un prodotto vegetariano al posto di un prodotto a base di carne o viceversa.
“Questo numero molto basso illustra quell’etichettatura che include che i riferimenti a denominazioni di vendita convenzionali non sono percepiti come problematici dal
pubblico in generale”, aggiungono.
In settimana, arriverà la risposta della Commissione europea riguardo la denuncia, presentata dall’Unione Vegetariana Europea, contro la legge francese. “Il cambiare la denominazione dei prodotti rappresenterebbe un grande ostacolo al commercio intracomunitario obbligando gli operatori a cambiare le loro etichette al fine di soddisfare i requisiti del mercato francese”, chiosano.
Fonte: Unione Vegetariana europea
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