Latte di bufala. Sequestrate due aziende a Caserta: reati contro animali, salute e ambiente (video)

I militari, insieme ai veterinari dell’Asl e ai tecnici dell’Arpac, hanno rinvenuto nelle stalle animali di età inferiore a quindici giorni morti o ancora agonizzanti in stalle senza alcun dispositivo di abbeveraggio o alimentazione, oltre a cumuli di carogne in putrefazione, di cui alcune presentavano ancora tracce di corde legate alle zampe.

Piccoli di bufalo moribondi o già morti di inedia, soli e lontani dalle loro mamme. Perché non servono, non essendo in grado di produrre latte. Perché sono troppo costosi da mantenere. D’altronde il latte va usato solo per fare la mozzarella non può essere sprecato per nutrire loro, che rappresentano solo un inutile peso. Tanto vale, allora, farli perire lentamente, senza prendersi nemmeno “lo scomodo” di sopprimerli.

Devono aver pensato questo gli allevatori di due aziende zootecniche “lager” di Villa Literno e Ischitella, nel casertano, “La Vecchia Masseria” e “La Mariarosa”, poste sotto sequestro dalla Capitaneria di Porto di Napoli, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. È qui che i militari, insieme ai veterinari dell’Asl e ai tecnici dell’Arpac, hanno rinvenuto nelle stalle animali di età inferiore a quindici giorni morti o ancora agonizzanti in stalle senza alcun dispositivo di abbeveraggio o alimentazione, oltre a cumuli di carogne in putrefazione, di cui alcune presentavano ancora tracce di corde legate alle zampe.

Trovate anche due teste di animale adulto e vari resti di ossa di bovini. “C’è il forte sospetto che qualche capo deceduto fosse affetto da brucellosi, ha spiegato il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Raffaella Capasso. Per questo sono stati disposti accertamenti per verificare se il sotterramento di animali, eventualmente infetti, con la conseguente produzione di liquami organici, possa aver provocato danni alla vegetazione e agli animali che pascolano nei terreni adiacenti.

Gravissima la situazione anche sotto il profilo ambientale. Entrambe le aziende sversavano direttamente i liquami, senza alcun sistema di contenimento e impermeabilizzazione, nel lago Patria, e da qui in mare. Ora il rischio è che possano essere penetrati nel terreno, finendo nelle falde acquifere. Questa operazione, “con forti profili di illegalità nel campo dello smaltimento dei rifiuti liquidi zootecnici, della salute pubblica e del maltrattamento degli animali, conferma la stretta interconnessione tra questi tre tipi di illegalità e la competenza trasversale di ogni organo di polizia giudiziaria nell’intervento rispetto a questi settori di violazione di legge“, afferma Maurizio Santoloci, magistrato e direttore dell’Ufficio legale della LAV .

Va dunque rivolto pieno plauso alla Guardia Costiera per essere intervenuta in un settore giuridico nel quale ancora altri organi di polizia giudiziaria hanno resistenze a intervenire e operare – continua Santoloci – viene riconosciuto il carattere illegale della gestione non conforme a legge dei liquami zootecnici, che costituisce da sempre un gravissimo reato nel campo ambientale, con riflessi diretti sulla salute pubblica ed attiene ad un delicato e complesso regime giuridico entro il quale alcuni ritengono ancora che l’utilizzo illegale degli reflui zootecnici sia sostanzialmente depenalizzato o decriminalizzato“. Nella tragedia, quindi, una buona notizia. Soprattutto perché lo smaltimento illegale degli “scarti” della lavorazione industriale è purtroppo ancora molto diffuso. Siano essi cose o esseri viventi…

Roberta Ragni

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