Il tonno è ancora pieno di mercurio come 50 anni fa (e la situazione non migliorerà a breve)

Un nuovo studio che ha analizzato 3000 campioni di tonno pescato negli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano ha scoperto che i livelli di mercurio in questo pesce sono rimasti praticamente invariati dal 1971 al 2022. La brutta notizia è che, nonostante gli sforzi, per veder migliorare la situazione ci vorranno ancora decenni

Il consumo di tonno è frequente un po’ in tutto il mondo, che sia sotto forma di trancio o in scatoletta questo pesce presenta però alcune insidie. È ormai infatti noto a tutti che il tonno risulta spesso contaminato da mercurio, metallo pesante tossico. Una nuova ricerca ha scoperto ora un dettaglio importante e davvero poco confortante riguardo a questa questione.

Lo studio, condotto da un team francese, evidenzia che, nonostante siano stati fatti alcuni sforzi per arginare il problema del mercurio negli oceani, questo metallo pesante persiste nel tonno a livelli praticamente uguali a quelli degli anni ’70. La domanda dunque sorge spontanea: come mai la situazione non accenna minimamente a migliorare?

Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology Letters, la persistenza del mercurio nel tonno potrebbe essere legata ad accumuli più antichi del metallo tossico presenti nelle profondità marine. Questi accumuli si stanno spostando dalle profondità più remote verso gli strati meno profondi dell’oceano, dove nuotano e si nutrono i tonni.

Sarebbe questo il motivo per cui, i livelli di mercurio nei tonni, analizzati da 3000 campioni dal 1971 al 2022, sono rimasti pressoché invariati. I pesci erano stati catturati negli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano e dunque la situazione è evidentemente generalizzata.

I ricercatori mostrano in pratica che, anche se le emissioni globali di mercurio sono diminuite dagli anni ’70 ad oggi grazie alle politiche ambientali, i livelli nel tonno non hanno seguito questa parabola discendente. In alcune parti del Pacifico, addirittura, si è verificato un aumento dei livelli di mercurio.

I motivi sarebbero da ricercare, come già detto sopra, nella natura del mercurio stesso che tende ad accumularsi sui fondali marini. Insomma, anche se non se ne accumula di nuovo, quello precedente è ancora lì presente e viene smaltito molto lentamente.

mercurio nel tonno studio

@Environmental Science & Technology Letters

La brutta notizia è che non è facile arginare il problema. La modellizzazione prevista dai ricercatori indica infatti che, anche con regolamentazioni più severe sul mercurio, ci vorranno altri 10-25 anni prima che le concentrazioni di mercurio nell’oceano inizino a diminuire. I livelli di mercurio nei tonni seguiranno solo dopo alcuni decenni.

Il chimico ambientale David Point, dell’Istituto nazionale francese di ricerca per lo sviluppo sostenibile, uno degli autori dello studio, sottolinea che quanto scoperto dimostra che la lotta globale contro l’inquinamento da mercurio è tutt’altro che conclusa.

Da dove proviene tutto questo mercurio presente nelle profondità marine? Indovinate un po’?!  Questo elemento è introdotto nell’ambiente principalmente attraverso attività umane come l’estrazione mineraria e la produzione di combustibili fossili. Una volta rilasciato nell’aria, il mercurio si deposita negli oceani, dove i microrganismi lo trasformano in una forma altamente tossica. Questa forma di mercurio si accumula nei pesci e nei molluschi, diventando una minaccia per la salute umana nel momento in cui gli animali marini vengono consumati.

Ricordiamo che l’avvelenamento da mercurio può danneggiare il cervello dei bambini non ancora nati e avere effetti tossici sul sistema nervoso, digestivo e immunitario umano.

Sebbene nessun campione di tonno analizzato abbia superato gli standard sanitari, l’impatto sulla salute dipende da chi consuma il pesce e con quale frequenza. Donne incinte, neonati e bambini sono categorie particolarmente vulnerabili.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Fonte: Environmental Science & Technology Letters 

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook