Hamburger, salsiccia, bistecca vegana: l’Italia si mobilita per vietare la dicitura “carne” nei prodotti di origine vegetale

In Italia è stata presentata una proposta di legge per mettere al bando i termini relativi alla carne e ai prodotti di origine animale per quelli vegetali. L'iniziativa dei legislatori intende tutela i consumatori, che potrebbero cadere in errore dal punto di vista nutrizionale delle alternative green

Si può chiamare un prodotto plant-based “bistecca” tipo una bistecca di seitan? E invece un prosciutto veg che con le cosce del maiale non ha nulla a che fare? No, almeno nel nostro Paese dove a fine dicembre 2022 è stata avanzata una proposta di legge con disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali.

Dal disegno di legge si apprende che “al fine di non indurre il consumatore in errore circa le caratteristiche dell’alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, per denominare un prodotto trasformato contenente proteine vegetali è vietato l’uso di:

  • denominazioni legali riferite alla carne, a una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne
  • riferimenti a specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia o a un’anatomia animale
  • terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria
  • nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali”

Per tutelare il consumatore e salvaguardare il valore del patrimonio zootecnico nazionale si intende dunque limitare “l’uso distorto di nomi riferiti alla carne e ai prodotti a base di carne”.

Usare tali denominazioni significa evocare, nell’immaginario del consumatore, alcuni concetti strettamente legati alla produzione zootecnica, quali: la metodologia di produzione fatta di impegno personale, manodopera e passione per l’allevamento animale, la tutela degli stessi e la salvaguardia di ambiente e paesaggio, oltre che le capacità e le conoscenze specialistiche richieste per la stagionatura dei salumi o la corretta lavorazione delle carni, sottolineano i legislatori.

Nella proposta di legge che si compone di 7 articoli non si parla solo di denominazioni più o meno errate e relative eccezioni. Ciò che si vuole evitare è che i cittadini possano credere di poter trovare lo stesso apporto nutrizionale in un prodotto di origine vegetale.

Questi prodotti ottenuti mediante la lavorazione di vegetali che vengono macinati, mischiati, arricchiti con aromi e addensanti non hanno nulla a che fare, dal punto di vista nutrizionale, con i veri prodotti della zootecnia: vitamine, proteine, sali minerali (e spesso anche apporto calorico complessivo) sono sideralmente distanti da quelli dei prodotti della zootecnia. Ci si trova così a proporre al consumatore delle alternative di consumo che non hanno tuttavia lo stesso apporto, ricchezza e valore nutrizionale.

Gli alimenti di origine zootecnica, è bene ricordarlo, sono gli unici a riuscire ad apportare nelle giuste quantità determinati nutrienti essenziali come le proteine e gli amminoacidi e, nelle giuste proporzioni, si inseriscono correttamente in un regime nutrizionale bilanciato, si legge nel testo.

Le alternative vegetali, comunque le si voglia chiamare, rappresentano il cibo del futuro essendo nettamente più sostenibili dei prodotti di origine animale. Non si tratta di un attacco al mercato agroalimentare, quanto il migliore investimento climatico per il nostro Pianeta.

La questione sulla denominazione degli alimenti vegetali rimane comunque molto dibattuta. Nel 2020 il Parlamento europeo aveva rigettato gli emendamenti per restringere i termini usati per i prodotti plant-based. Nella stessa scia anche la Francia. (Leggi anche:Carne vegetale: sì, si può dire (sospeso il divieto anche in Francia))

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Fonte: Camera dei Deputati

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