Il glifosato è una minaccia silenziosa per ambiente, animali ed esseri umani: da un nuovo studio americano è emerso che i soggetti maggiormente esposti a questo diserbante presentano biomarcatori del cancro nelle loro urine. Ma nonostante i rischi legati all'uso di questa sostanza, qualche mese fa l'Italia ha votato contro la sua messa al bando...
Il glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, fa sempre più paura. Cresce la lista degli studi che mettono in guardia sulle conseguenze deleterie della sostanza sul nostro organismo. Ormai da tempo è considerato una sostanza potenzialmente cancerogena, ma adesso a confermare i rischi legati all’esposizione al famigerato pesticida è una nuova indagine condotta negli Stati Uniti. Dalla ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of National Cancer Institute, è emersa la presenza di biomarcatori tumorali nelle urine delle persone esposte – direttamente o indirettamente – al glifosato (il prodotto più noto è indubbiamente il Roundup della multinazionale Bayer, finito più volte in tribunale).
A portare avanti lo studio un team di scienziati del National Institutes of Health e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), che hanno scoperto che l’organismo dei soggetti esposti ad elevati livelli di questo pesticidi va incontro allo stress ossidativo, una condizione che porta a mutazioni genetiche a carico del nostro DNA.
“Questo studio fa avanzare la nostra comprensione del fatto che il glifosato ha il potenziale per causare il cancro” commenta Linda Birnbaum, tossicologa ed ex direttrice del National Institute for Environmental Health Sciences.
Questi inquietanti risultati arrivano dopo che lo scorso anno il CDC ha rilevato la presenza di tracce di glifosato in oltre l’80% dei campioni di urina analizzati, compresi quelli dei bambini.
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I dettagli dello studio americano
Nell’indagine sono stati coinvolti 268 agricoltori di sesso maschile, che per via del loro mestiere si trovano esposti al glifosato e altri 100 uomini che non lavorano nel settore agricolo.
“Le concentrazioni di biomarcatori di glifosato e stress ossidativo (8-idrossi-2′-deossiguanosina [8-OHdG], 8-iso-prostaglandina-F2α [8-isoprostane] e malondialdeide [MDA]) sono state quantificate nelle urine del primo mattino” spiegano gli scienziati.
I risultati hanno messo in allarme gli esperti: infatti, sono stati rilevati livelli alti del biomarcatori 8-OHdG e MDA – associati all’esposizione del glifosato – non solo nelle urine dei contadini, ma anche in quella degli altri soggetti oggetto dell’analisi.
“Questi dati suggeriscono che questi effetti possono essere più ampiamente applicabili alla popolazione generale, esposta principalmente attraverso l’ingestione di cibo e acqua contaminati” chiariscono gli autori dello studio.
“Questo è un team di investigatori di alto livello e uno studio estremamente credibile per le autorità di regolamentazione a cui prestare attenzione”, ha affermato Phil Landrigan, pediatra ed epidemiologo che ha lavorato per anni presso il CDC e l’Agenzia per la protezione ambientale (EPA) e ora guida quel programma globale di salute pubblica e benessere al Boston College.
In poche parole non c’è bisogno di lavorare nei campi ed essere esposto direttamente al glifosato per subirne gli effetti.
“I nostri risultati contribuiscono al peso delle prove a sostegno di un’associazione tra esposizione al glifosato e stress ossidativo negli esseri umani e del potenziale cancerogeno di questo erbicida” conclude il team di scienziati.
Il glifosato – non è “solo” potenzialmente cancerogeno, ma può provocare l’insorgenza di altre malattie come il linfoma non Hodgkin, oltre a rappresentare una minaccia per preziosi insetti impollinatori come api e bombi. Ma nonostante tutto ciò l’Italia ha deciso di non metterlo al bando e di votare a favore di una proroga legata al suo uso: nel nostro Paese si potrà continuare ad impiegare il pericoloso erbicida almeno per un altro anno.
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Fonti: Journal of National Cancer Institute
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