Sapete quali alimenti fanno male alla vostra di salute? probabilmente sì, ma sapete anche quali di questi fanno male anche alla Terra? Dopo i 12 modi per ridurre le emissioni a tavola perché non parlare dei 10 alimenti absolutly not planet-friendly e quindi assolutamente da evitare per una scelta veramente eco sostenibile!
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Sapete quali alimenti fanno male alla vostra di salute? probabilmente sì, ma sapete anche quali di questi fanno male anche alla Terra? Dopo i 12 modi per ridurre le emissioni a tavola perché non parlare dei 10 alimenti “absolutly not planet-friendly” e quindi assolutamente da evitare per una scelta veramente eco sostenibile!
Leggendo un bell’articolo sul sito MNN mi sono lasciata ispirare e mi sono interrogata sui cibi davvero peggiori per l’ambiente e su quali alimenti dovrebbero essere evitati o almeno scelti consapevolmente per una gestione davvero sensata delle risorse.
Tutti gli alimenti che contengono olio di palma
Mnn ci informa infatti che l’olio di palma si trova quasi praticamente ovunque. Si stima, infatti, che ogni anno vengano prodotte circa 40 milioni di tonnellate di olio di palma e di queste l’85% proviene dall’ Indonesia e dalla Malesia dove chilometri quadrati di foreste vengono abbattute quotidianamente. Non sconvolge allora che le piantagioni di olio di palma rappresentino il fattore che produce il più alto tasso di deforestazione al mondo. Quando le foreste pluviali scompariranno quasi tutti gli animali selvatici, tra cui oranghi e tigri, scompariranno con esse.
OGM
In merito agli organismi geneticamente modificati molte sono le preoccupazioni che provengono sì dai consumatori ma soprattutto da aree della ricerca non affiancata a multinazionali ed indipendenti come quelle universitarie: il tutto si fonda sulla mancanza di dati di lungo periodo e quindi sulla mancanza di certezze circa i reali rischi dell’uso di Ogm, ma come è ovvio c’è molto di più. Non è possibile motivare con il solo “principio di precauzione” la riluttanza di molti scienziati nel dare appoggio a ciò che è stato definito “la scoperta che avrebbe sconfitto la fame nel mondo” perché come al solito pare davvero una mera illusione se si pensa che con la pratica di coltivazione di Ogm contadini che fino ad allora erano riusciti a prodursi sementi coltivabili l’anno successivo saranno invece costretti anno dopo anno, coltivazione dopo coltivazione ad acquistare sementi sterili da grandi colossi di multinazionali che come detto promettono “la cancellazione della fame nel mondo” …certo cosa che pare alquanto lontana dal concetto “denaro x seme” e quindi “no denaro no cibo” invece professato in fase reale e non propagandistica.
Inoltre volendo spingersi un po’ in là con la fantasia basta chiedersi cosa accadrebbe se un bel giorno il detentore del seme tal dei tali decidesse di non venderlo più o di venderlo solo a qualcuno… e gli altri? E qui non si parla di oggetti ma di cibo…
Certo queste possono essere solo speculazioni, sì, ma è sempre bene pensarci prima di dare in mano beni di sopravvivenza, come acqua e semi, a colossi che guidano il mondo in lotte di economia e nelle guerre.
Se poi vogliamo analizzare altri risvolti certo possiamo concentrarci sul basso livello di biodiversità dato dalla coltivazione intensiva e mono colturale indotta dall’uso di Ogm: effettuando, infatti, una coltivazione con resistenza specifica in determinate colture si andrebbero ad azzerare le fonti di cibo per altri animali cosicché anch’essi scomparirebbero. Ma ancora come detto la mancanza di dati sul lungo periodo nell’aggiunta di geni estranei a piante che l’evoluzione non ha progettato per averli potrebbe essere nociva a lungo andare per le stesse piante oppure mettere in pericolo altre piante magari invereconde e gli animali che la consumano ed infine gli animali che si cibano di questi.
Inoltre la diffusione di geni alterati collocati in determinate colture non necessariamente rimangono in quel determinato campo: la diffusione genetica può avvenire facilmente tramite gli insetti, il vento, ad opre adì uccelli o mammiferi e quindi possono diffondersi facilmente condividendo i propri geni modificati con piante non geneticamente modificate, e così facendo si perderebbe facilmente il controllo della situazione.
Infine-ma in realtà non così infine- la creazione di nuove malattie: alcune piante geneticamente modificate sono modificate mediante l’uso di batteriofagi, batteri o virus, il che significa che tali virus, batteri o batteriologi potrebbero adattarsi creando nuove malattie magari difficilmente controllabili.
Lo zucchero
Mnn prosegue raccontandoci che oltre 145 milioni di tonnellate di zucchero sono prodotti in 121 paesi ogni anno, secondo il WWF, ed una tale produzione su così larga scala ha effetti devastanti sul pianeta.
Lo zucchero può essere ritenuto direttamente responsabile per la perdita di biodiversità più di ogni altra coltura, secondo il dossier “Zucchero e L’ambiente” redatto dal WWF nel 2004 infatti, la distruzione degli habitat che la sua coltivazione produce, l’uso intensivo di acqua e di pesticidi ed il conseguente inquinamento delle acque scaricate durante il processo produttivo sono i risvolti amari della medaglia che vanno a pesare totalmente sull’ambiente e sulle creature viventi. (A tal proposito leggete anche i 10 dolcificanti naturali alternativi allo zucchero)
La carne
Mnn riporta che secondo l’Environmental Defense Fund, se ogni americano sostituisse un pasto di pollo con cibo vegetariano, il risparmio di anidride carbonica sarebbe paragonabile a togliere dalle strade degli Stati Uniti più di mezzo milione di auto.
Alcuni dei risultati dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite sulla carne e l’ambiente sono riassumibili in 5 punti:
- il 18% delle emissioni di gas a effetto serra provengono dagli allevamenti
- il 70% dei terreni in Amazzonia che è stata autorizzata al pascolo del bestiame erano foreste
- la più grande fonte mondiale di inquinamento delle acque è il settore zootecnico
- il bestiame è responsabile di un terzo dell’azoto e del fosforo nelle risorse di acqua dolce degli Stati Uniti
- il 30% del territorio terrestre occupato un tempo dalla fauna selvatica è ora occupato da bestiame in allevamento
Se poi vogliamo volgere lo sguardo un po’ più vicino a casa nostra, il Dott. Mario Tozzi – geologo, ricercatore del CNR, divulgatore scientifico e giornalista- spiega facilmente nel suo articolo “se il pianeta muore di bistecca“- editoriale su la stampa.it del 2008- come potremmo vedere le cose: “Per allevare il complesso bovino mondiale, composto da quasi un miliardo e mezzo di capi, ci vogliono pascoli sempre più ampi: ma dove li impiantiamo, visto che la superficie di terre emerse è sempre quella e che, anzi, la terra migliore, quella più fertile e più vicina alle fonti d’acqua, è già virtualmente esaurita? Pervicacemente si sottraggono territori sempre più ampi alle foreste tropicali e pluviali, che però reggono uno sfruttamento industriale solo per cinque o sei anni, dopo di che non sono più fertili e dunque spingono a disboscare nuove terre. La carne sottrae foresta al mondo, visto che per ottenerne 1 kg ce ne vogliono 9 di mangimi: gli animali di allevamento non consumano liberamente erba come si crede, ma vengono «finiti» (come si dice) a cereali. E a chi verranno sottratti quei cereali, se non ad altri uomini, che per questo patiranno la fame? Un manzo di allevamento di 500 kg ha consumato 1200 kg di granaglie, come a dire che, solo negli Usa, 157 milioni di vegetali, che potrebbero essere consumati dagli uomini, finiscono invece a produrre 28 milioni di tonnellate di carne. E per allevare un manzo ci vuole tanta acqua quanto quella che serve a far galleggiare un incrociatore. Ha un senso tutto questo in un pianeta in cui sono milioni coloro che non hanno il mais per sopravvivere, mentre altri si devono mettere a dieta per ridurre i rischi del consumo di carne? Desertificazione, disboscamenti, sprechi d’acqua, alterazioni degli ecosistemi, inquinamento delle falde, incremento dei gas serra sono questi i veri motivi per cui dovremmo ridurre il consumo di carne. Ma mettere in conto i danni ambientali della bistecca è un tabù che nessuno si sogna di discutere seriamente.”
Infine Qui è possibile scaricare il volantino pieghevole in pdf di agireora edizioni “Meno carne, meno effetto serra”
Il pesce
Greenpeace da sempre attivo nella difesa degli oceani riporta che “gli scienziati avvertono da tempo che l’eccessivo sfruttamento delle zone di pesca rischia di cambiare per sempre il volto dei nostri mari. Le attività di pesca nel mondo infatti sono eccessivamente sfruttate, impoverendo i nostri mari e i nostri oceani. Le popolazioni dei grandi pesci predatori – un indicatore chiave della salute dell’ecosistema – stanno svanendo ed il 90% dei grandi pesci – come tonni, pesci spada e merluzzi – sono stati già pescati.
I politici continuano a ignorare i consigli degli scienziati per una corretta gestione del patrimonio ittico che tuteli le specie minacciate imponendo pratiche di pesca sostenibili e così pesci come il tonno rosso e salmone atlantico sono gravemente in pericolo di estinzione ed è bene ricordare che la pesca eccessiva di una particolare specie non danneggia solo quella popolazione ma può avere effetti gravi più in alto nella catena alimentare e nella biodiversità.”
Possiamo qui di seguito vedere un video riportato da un pilota di elicottero che parla delle sue esperienze a bordo di alcune tonniere del Pacifico:
Qui infine è possibile scaricare il volantino “mangiare pesce non fa bene” di agireora edizioni.
Gli alimenti confezionati e trattati
La maggior parte del cibo che troviamo nei negozio sono lavorati e confezionati: questo significa che contengono agenti chimici quali coloranti, conservanti, additivi e spesso comportano confezioni singole ed enorme spreco di plastica e packaging vario.
Inoltre se non siete ancora convinti consultate il libro guida “Cosa c’è davvero nel tuo carrello?” di Bill Statham per sapere cosa davvero troviamo negli alimenti confezionati!
La soluzione? Mangiare frutta e verdura fresca, acquistare alimenti sfusi e cercare di preparare a casa alternative genuine.
Molti alimenti non biologici
Quando un prodotto è biologico significa che è cresciuto senza l’uso dipesticidi, fertilizzanti chimici o erbicidi ma l’agricoltura biologica usa meno risorse rispetto all’agricoltura tradizionale. In Italia la casa editrice Loto ha diffuso una lista creata dalla EWG de “quella sporca dozzina” (qui scaricabile il numero completo della rivista con l’intero articolo a pag. 36) che permette di fare una scelta sensata tra cosa è meglio scegliere biologico e cosa è possibile scegliere proveniente dall’agricoltura convenzionale, ossia i 12 alimenti da comprare assolutamente bio (qui scaricabarile il promemoria da portare sempre con sé).
Gli alimenti non locali
Molte persone mangiano locale ossia a km zero per la freschezza e per sostenere la comunità locale, ma il beneficio più ampio proveniente da questa scelta è certamente la riduzione del consumo di combustibili fossili data la riduzione del suo trasporto oltre che alla stagionalità sempre ben garantita ed all’incremento di coltivazioni di specie legate al territorio.
Il riso
Mnn ci informa che il riso è la principale fonte di calorie per la metà della popolazione mondiale, ma rappresenta la coltivazione che consuma 1/3 di tutta l’acqua dolce usata annualmente a scopo agricolo dell’intero pianeta secondo Oxfam.
Ma è stato sviluppato -grazie all’azione congiunta di Africare, Oxfam e WWF- un nuovo metodo di coltivazione, l'”SRI” (Systemof Rice Intensification) che consente agli agricoltori di produrre fino al 50% di riso in più con un consumo nettamente inferiore di acqua.
Oxfam sta lavorando per convertire il 25 per cento delle coltivazione di riso nei paesi produttori a SRI entro il 2025 (qui il pdf scaricabarile)
Il cibo da fast-food
Mnn infine ci ricorda che il cibo da fast-food non fa solo male alla nostra salute ma fa ancora più male alla terra! Un tipico pasto da fast-food infatti viene servito con cibo eccessivamente confezionato, cannucce di plastica, condimenti confezionati singolarmente… secondo i californiani contro gli sprechi meno del 35% dei rifiuti provenienti da fast-food mandati in discarica come misto nella maggior parte dei casi sarebbe invece perfettamente riciclabile come carta o cartone.
Quindi non c’è da sorprendersi che i fast-food siano stati riconosciuti come fonte primaria di rifiuti urbani.
Ma non è solo la confezione il problema.
Un recente studio proveniente da Hong Kong ha scoperto che durante il processo di lavorazione di 4 hamburger per fast-food vengono emesse le stessa quantità di composti organici volatili pari a quelli emessi da un’auto che percorre 1.000 miglia qui poi è stata calcolata l’ impronta ecologica di un cheeseburger…dal risultato più che sconvolgente!
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