Uova al Fipronil, vogliamo i nomi delle aziende coinvolte. Codacons chiede dimissioni Lorenzin

Fipronil nelle uova. Nuovi sequestri in Italia a opera dei Carabinieri dei Nas. Anche l'Italia è coinvolta, anche se minimizzava. Dopo i due casi di uova contaminate nelle Marche e nel Lazio i controlli si sono fatti ancora più serrati: al momento sono state sequestrate 60.000 uova per consumo umano, 32.200 destinate all'alimentazione zootecnica, tre capannoni per allevamento con 26.000 galline ovaiole e un centro di imballaggio. A rischio anche le uova biologiche

Fipronil nelle uova. Nuovi sequestri in Italia a opera dei Carabinieri dei Nas. Anche l’Italia è coinvolta, anche se il Ministero della salute stesso inizialmente aveva negato la contaminazione nel nostro paese. Dopo i due casi di uova contaminate nelle Marche e nel Lazio i controlli si sono fatti ancora più serrati: al momento sono state sequestrate 60.000 uova per consumo umano, 32.200 destinate all’alimentazione zootecnica, tre capannoni per allevamento con 26.000 galline ovaiole e un centro di imballaggio. A rischio anche le uova biologiche. Associazioni, enti e consumatori chiedono a gran voce trasparenza e di fare i nomi delle aziende.

A poco sono servite le rassicurazioni sul fatto che le uova italiane fossero sicure e che gli allevamenti italiani non fossero coinvolti nel caso Fipronil. I timori si erano concentrati all’inizio sulle uova importante visto che l’allarme era partito dall’Olanda per poi allargarsi ad altri paesi europei.

Con un comunicato di ieri, il Ministero della Salute ha fatto sapere che sono state 8 le positività rilevate a seguito dei controlli, di cui 5 in uova presso dei centri di imballaggio, 2 relative ad ovoprodotti e 1 relativa a prodotti di trasformazione. È scattata la segnalazione alle Regioni e Asl competenti territorialmente per ulteriori accertamenti sulla provenienza nazionale o estera delle uova..

Di fatto, anche in alcuni allevamenti italiani è presente il Fipronil. Per questo i Nas da giorni stanno passando al setaccio non solo i prodotti esteri a base di uova indicati come contaminati ma anche quelli nazionali.

“I NAS hanno eseguito, congiuntamente alle ASL ed anche in autonomia, 253 accessi ispettivi presso allevamenti, centri di distribuzione e lavorazione delle uova, industrie e laboratori di produzione di prodotti dolciari, salse e paste all’uovo, sequestrando cautelativamente oltre 91.000 kg di uova e ovoprodotti (di cui 106 Kg penalmente), in attesa dei responsi analitici dei 107 campioni conoscitivi inviati ai laboratori degli Istituti Zooprofilattici di Teramo e Roma, di cui si è in attesa degli esiti” si legge sul comunicato ufficiale dei Carabinieri.

In Campania nei giorni scorsi sono stati individuati altri due casi di uova contaminate secondo quanto riferito dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno.

Dopo l’accertato coinvolgimento degli allevamenti italiani, il Codacons chiede le immediate dimissioni del Ministro Lorenzin:

“Anziché correre ai ripari e segnalare la situazione di pericolo, come sarebbe stato doveroso per ragioni di precauzione e semplice buon senso, la ministra ha infatti pensato bene di non intervenire. In questo modo, ha lasciato che i consumatori continuassero ad acquistare uova e prodotti composti con uova, esponendoli a un rischio diretto. Adesso, proprio per questo motivo, tutti coloro che dovessero aver mangiato o comprato uova contaminate potranno denunciare direttamente la ministra per concorso nei reati di immissione in commercio di prodotti tossici.”

uova_ritirate

Per Agostino Macrì, responsabile dell’Area sicurezza alimentare dell’Unione Nazionale Consumatori, la contaminazione delle uova “potrebbe essere anche dipesa dalla presenza nell’ambiente del disinfettante e non da trattamenti intenzionali delle galline. È importante, però, anche per rassicurare il consumatore, che le cause siano al più presto rese pubbliche, considerato che il problema di residui di Fipronil si sta allargando e potrebbe interessare anche le produzioni nazionali”.

“Quella delle uova al Fipronil è una truffa che ha colpito tutti, anche le piccole aziende e quelle del biologico” denuncia all’Informatore Agrario Alain Masure, direttore del Centro studi della Federazione dell’agricoltura della Vallonia. Lo scandalo dunque vede coinvolta anche l’Italia.

Dietro infatti ci sarebbe una inquietante ipotesi: il Fipronil sarebbe arrivato agli ignari allevatori aggiunto al Dega 16, antipulci invece autorizzato anche negli allevamenti biologici.

Uova allerta

“Abbiamo anche sentito dire che con il bio certe cose non succedono – ha aggiunto Masure – ma il Dega-16 è autorizzato anche per gli allevamenti biologici. La polemica sulla tipologia di allevamento poi è totalmente fuori dal mondo, perché ha riguardato tutte le categorie di produzione, a terra come in gabbia”.

Altro che autosufficienza nazionale per le uova. Secondo i dati Eurostat ogni anno il nostro paese importa oltre 50 milioni di tonnellate di uova e ovoprodotti.

Fuori i nomi, è l’invito della LAV: “A tutela del consumatore e per dovere di trasparenza, la LAV chiede al Ministero della Salute di rendere pubblici i nomi delle aziende e dei prodotti con uova risultati positivi al Fipronil, inclusa l’informazione sulla distribuzione di questi prodotti per la vendita. L’Associazione invita i consumatori a considerare con attenzione queste notizie in quanto le uova sono un prodotto ampiamente utilizzato nella catena alimentare, e fare scelte alimentari più consapevoli”.

In questo momento, anche leggere le etichette col codice delle uova non sembra essere la soluzione più sicura visto che neanche quelle provenienti da allevamenti biologici sono al riparo dal rischio Fipronil.

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Che fare?

“Gli allevatori hanno l’obbligo di garantire la salubrità dei loro prodotti e la salute dei consumatori affidandosi esclusivamente a prodotti autorizzati per legge e regolarmente prescritti con ricetta dai propri veterinari. L’infestazione da acaro rosso è assolutamente deleteria per la produzione di uova ma non autorizza ad utilizzare prodotti come il fipronil, che hanno conseguenze negative per la salute dell’uomo e che sono, pertanto, vietati per gli animali destinati alla catena alimentare” sostiene Antonio Camarda, docente presso l’Università di Bari ed esperto di patologie aviarie.

Una situazione ancora molto incerta e in continuo aggiornamento.

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