In Germania, l'indagine dell'Ufficio federale per la protezione dei consumatori e la sicurezza alimentare (BVL) ha analizzato, nell'ambito del monitoraggio annuale, alcuni prodotti tra cui le patatine. In circa la metà dei campioni è stata trovata troppa acrilammide
Ogni anno, il BVL tedesco, insieme al gruppo di lavoro dello Stato federale per la protezione dei consumatori (LAV), analizza alcuni prodotti alimentari (e non) presenti sul mercato nazionale.
Tra i prodotti presi a campione nel 2021 c’erano insalate in busta e carne macinata (di cui vi abbiamo parlato in un precedente articolo: Insalate confezionate e carne macinata spesso contaminate da batteri, l’allerta che arriva dalla Germania) ma anche patatine vegetali e olive annerite.
In questo caso, a preoccupare era la quantità di acrilammide trovata in questi prodotti. Secondo l’Ufficio federale, oltre la metà dei 77 campioni di patatine esaminati (51,9%) ha superato il valore indicativo di 750 µg/kg per le patatine fritte.
Come scrive il BVL:
Uno dei motivi potrebbe essere che tipi di verdure relativamente “dolci” come pastinache, patate dolci o carote vengono solitamente utilizzate per preparare patatine vegetali. Questi hanno un’alta percentuale di zuccheri riducenti, che favoriscono la formazione di acrilammide.
Per quanto riguarda invece le olive annerite, gli esperti tedeschi spiegano che si parla non delle olive scure mature ma di quelle olive il cui colore si ottiene da un deliberato processo di ossidazione durante la lavorazione che rende il frutto meno amaro.
Tuttavia il processo di ossidazione e il successivo trattamento termico di conservazione favoriscono la formazione di acrilammide – spiega il BVL – Negli attuali studi di monitoraggio, la mediana, cioè il valore medio determinato, dei campioni di olive annerite testate per l’acrilammide era di 290 µg/kg, ben al di sopra della mediana delle olive verdi e nere non trattate (11 µg/kgo.23 µg/kg).
Ma come mai preoccupa così tanto la presenza di acrillamide in questi e in altri prodotti?
Come scrive il BVL:
Nel caso dell’acrilammide non si può escludere un effetto cancerogeno e mutageno. Viene prodotta quando il cibo viene cotto, arrostito e fritto. Ulteriori misure per ridurre al minimo il contenuto di acrilammide sono necessarie per proteggere i consumatori.
Di che misure si tratta l’ha spiegato il dottor Georg Schreiber, capo del dipartimento per la sicurezza alimentare del BLV:
Il principio ALARA si applica all’acrilammide, ovvero l’assunzione dovrebbe essere la più bassa possibile. Nel caso di patatine vegetali e olive annerite, il contenuto di acrilammide può essere notevolmente ridotto attraverso misure di minimizzazione mirate.
E in Italia?
Come avrete capito, i prodotti testati dal BVL erano tipici del mercato tedesco e comunque non sono state rese note le marche.
Il problema dell’acrilammide, però, non ha nazionalità ed è stato segnalato anche da un test italiano di cui vi abbiamo parlato qualche mese fa. Questo è stato condotto da Il Salvagente su 12 patatine surgelate da fare fritte o al forno.
Le varie referenze mostravano una situazione abbastanza variegata in quanto a livello di acrilammide: si andava da un minimo di 71 ad un massimo di 473 microgrammi per chilo (delle patatine Conad), valori assolutamente legali e al di sotto del valore guida fissato dall’Efsa per questo tipo di prodotto (500 mcg/kg).
Ma, ricordava in quell’occasione Il Salvagente, si tratta appunto di un valore guida e dunque non vincolante per i produttori:
La soglia al di sotto della quale l’industria si deve tendere nella produzione di patatine viene rivista periodicamente (nel 2018 per le stick era di 600 mcg/kg) ma questo non è sufficiente per tutelare la salute dei consumatori.
Leggi anche: Patatine surgelate: quanto acrilammide e pestidici contengono? Quali le marche peggiori del test italiano?
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Fonte: BVL
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