I ricercatori ENEA hanno condotto uno studio volto a stabilire l'origine geografica delle olive utilizzate per la produzione di olio EVO: l'obiettivo è quello di sventare frodi alimentari
L’olio d’oliva è una delle eccellenze del Made in Italy, ma anche uno dei prodotti più contraffatti: si pensi che, solo nel 2021, si è registrato l’11,7% di irregolarità fra gli oli d’oliva in commercio e il 20,2% di campioni analizzati irregolari – come attestato dall’operazione della Guardia di Finanza Verum et Oleum.
Per prevenire il rischio di frodi alimentari e tutelare i consumatori, i ricercatori di ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) hanno messo a punto un metodo per verificare l’origine geografica della materia prima dell’olio: le olive.
Combinando insieme le più moderne tecnologie di analisi, siamo riusciti a identificare la firma geochimica del suolo trasferita alle olive – spiega Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria di ENEA.
Questo apre alla possibilità di individuare, in modo sempre più veloce e accurato, l’origine geografica dei prodotti olivicoli e di “scovare” eventuali frodi soprattutto tra le DOP che devono garantire caratteristiche di qualità, autenticità e tipicità strettamente legate al territorio di produzione.
I ricercatori hanno analizzato in laboratorio 37 campioni di olive e foglie d’ulivo provenienti da undici specie di piante diverse, presenti all’interno di cinque uliveti in due aree di produzione nel Lazio. L’analisi si è concentrata, in particolare, sugli elementi chimici presenti: a questo scopo sono stati utilizzati dispositivi altamente tecnologici, in grado di percepire elementi presenti anche in bassissime concentrazioni.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che esiste la possibilità di distinguere i campioni di olive e di foglie di olivo per area di produzione, basandosi sulle diverse caratteristiche chimiche del suolo. Ad esempio, i campioni provenienti da una delle due zone d’indagine presentavano alte concentrazioni di stronzio (13 mg/kg) e rame (13,44 mg/kg).
Al contrario, i campioni provenienti dall’altra zona di produzione mostravano una concentrazione più alta di rubidio (12,86 mg/kg) e una più bassa di rame (11,36 mg/kg) e stronzio (6,74 mg/kg). Ma l’indagine non è utile solo a comprendere l’origine geografica delle olive: essa permetta anche di stabilire i livelli di inquinamento di un dato terreno.
Ti tratta di risultati molto importanti, che permetteranno agli esperti di conoscere l’origine delle olive utilizzate per la produzione dell’olio e avere così gli strumenti per selezionare prodotti di alta qualità.
Tuttavia, saranno necessari ulteriori studi per valutare quali caratteristiche del terreno possono influenzare la presenza dei vari elementi nelle olive e verificare come la loro biodisponibilità possa essere influenzata, ad esempio, dall’uso di fertilizzanti o di fungicidi.
Lo studio di ENEA non è l’unico che si è impegnato a trovare un sistema per smascherare le frodi alimentari che riguardano l’olio extravergine di oliva: come vi abbiamo recentemente raccontato in questo articolo, anche gli studiosi dell’Università Cattolica, hanno messo a punto un algoritmo che “avverte” la presenza di certe molecole nell’olio prodotto con l’oliva Taggiasca ligure al fine di garantire un prodotto di alta qualità per i consumatori.
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