Mozzarella contraffatta e adulterata, latte allungato con soda caustica o affetto da tubercolosi, provola che veniva affumicata bruciando cartoni e volantini, contenenti colle, al posto di trucioli e paglia previsti dalla legge.
Mozzarella contraffatta e adulterata, latte allungato con soda caustica o affetto da tubercolosi, provola che veniva affumicata bruciando cartoni e volantini, contenenti colle, al posto di trucioli e paglia previsti dalla legge.
È uno scenario inquietante quello reso noto dalla Guardia di Finanza di Caserta all’interno dell’operazione “Aristeo”.
Azioni illecite, frode nell’esercizio del commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Sono tanti i reati contestati dalle fiamma gialle ad alcuni caseifici del casertano, in particolare l’operazione mette sotto accusa la produzione di mozzarella di bufala campana DOP.
Come riporta Scatti di gusto, riprendendo il comunicato stampa della Procura, nello specifico, la Gdf di Marcianise ha disposto dieci provvedimenti cautelari, emessi dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – su richiesta di questa Procura della Repubblica – nei confronti di amministratori e soci di tre noti caseifici operanti nelle province di Caserta e Napoli e dei titolari di un allevamento bovino e bufalino della provincia di Caserta.
LEGGI anche: L’ORRORE CHE SI NASCONDE DIETRO LA MOZZARELLA DI BUFALA (FOTO E VIDEO)
Mozzarella contraffatta, le indagini
L’operazione “Aristeo” ha consentito di svelare un vero e proprio sistema criminale finalizzato all’adulterazione di prodotti lattiero-caseari. Gli investigatori parlano, dunque, di contraffazione della denominazione di origine delle mozzarella di bufala campana, attraverso l’uso nel ciclo produttivo di un additivo non autorizzato, ancora del mancato rispetto di protocolli sanitari, di adulterazione del latte utilizzato nel ciclo produttivo e di commercializzazione di prodotti nocivi per la salute.
Il perché della frode alimentare viene svelato grazie alle intercettazioni: “la quantità di mozzarella di bufala spesso non è sufficiente a soddisfare la domanda del mercato. Si passa quindi alla contraffazione”.
Parole confermate da Andrea Mercatili, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caserta, durante la conferenza stampa a conclusione dell’operazione Aristeo che ha portato al sequestro di tre aziende e all’arresto dei responsabili.
LEGGI anche: MOZZARELLA DI BUFALA SHOCK: I CUCCIOLI MASCHI TRATTATI COME RIFIUTI (VIDEO)
“Un sodalizio criminale che operava in sfregio alla legge, ma sopratutto mettendo a rischio la salute dei consumatori. Non si facevano scrupolo, infatti, di usare latte vaccino inacidito o affetto da Tbc con il quale allungavano il latte di bufala. Per “correggere” il gusto ed ingannare gli esami di laboratorio, al latte veniva aggiunta della soda caustica. La miscelazione spesso non era percettibile al gusto”, spiega il comandante Mercantili.
Mozzarella di bufala nomi dei caseifici coinvolti
Sono tre i caseifici campani coinvolti, quelli cioè che adulteravano il prodotto finale utilizzando soda caustica e latte vaccino per la produzione di mozzarella di bufala Dop e non solo.
Come si legge, nel comunicato stampa a firma del procuratore della Repubblica, Maria Antonietta Troncone, le investigazioni hanno svelato che i tre caseifici coinvolti:
1) commercializzavano mozzarella di bufala con marchio Dop contraffatto, perché prodotta con l’aggiunta di latte vaccino e che quest’ultimo, molte volte, risultava inacidito a causa del lungo tempo trascorso tra il momento della mungitura e la lavorazione finale;
2) adulteravano sistematicamente il latte usato per la produzione aggiungendo soda caustica, con l’intento di mascherare il processo di invecchiamento ed acidificazione;
3) commercializzavano prodotti caseari realizzati con il latte così adulterato;
4) immettevano nel processo di produzione dei latticini, anche latte proveniente da allevamenti non indenni da Tbc (tubercolosi) senza l’avvenuta adozione delle cautele imposte dal protocollo sanitario.
Nello specifico, la CASEARIA SORRENTINO srl di S.Maria La Carità (NA) di Vincenzo e Antonio Croce, adulterava il latte con soda caustica che comprava – tra gli altri dalla BRESCIALAT spa di Brescia –per poi rivenderlo, così adulterato, al caseificio BELLOPEDE & GOLINO srl di Marcianise, gestito da Salvatore e Luca Bellopede e al CASEIFICIO SAN MAURIZIO srl di Frattaminore (NA) gestito da Gennaro Falconero, che “pur consapevoli dell’adulterazione, utilizzavano tale latte negli ordinari processi produttivi. In pratica, il latte più vecchio veniva così adulterato e poi miscelato con altro prima della rivendita”.
LEGGI anche: LA BUFALA DELLE MOZZARELLE DI BUFALA: IL LATTE PROVIENE DAL BRASILE
Prassi, come attestato dal consulente tecnico, assolutamente vietata dal Regolamento (CE) n.1333/2008.
Ancora gli investigatori hanno accertato che nel mese di giugno 2015 (dal 12 al 21 del mese), gli allevatori di latte vaccino e bufalino di San Polito Sannitico (CE) ovvero Cannine Crispino, Cecilia Crispono e Anna Altieri, titolari di altrettante ditte individuali, vendevano latte crudo proveniente dai loro allevamenti risultati non indenni da tubercolosi bovina.
Ciò nonostante gli allevatori, tramite l’intermediario Antony Jean Ciervo, vendevano al caseificio BELLOPEDE & GOLINO srl, “con la piena consapevolezza di questi ultimi, il latte crudo senza alcuna delle precauzioni imposte dal protocollo sanitario che per legge doveva essere adottato a tutela della salute pubblica”.
“Dalle indagini tecniche è emerso poi, chiaramente, che tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni commerciali erano a conoscenza del fatto che l’allevamento non fosse più indenne da Tbc”.
È emerso poi che il caseificio BELLOPEDE & GOLINO srl di Marcianise, socio storico del consorzio a tutela del marchio Dop della mozzarella di bufala campana ed uno dei maggiori produttori nazionali, produceva la mozzarella che vendeva con la certificazione di origine protetta utilizzando anche latte vaccino, in violazione all’art.3 del disciplinare di produzione approvato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che prevede che la mozzarella di bufala campana certificata sia prodotta esclusivamente con latte di bufala intero fresco proveniente da allevamenti presenti sul territorio di riferimento.
LEGGI anche: LATTE DI BUFALA. SEQUESTRATE DUE AZIENDE A CASERTA: REATI CONTRO ANIMALI, SALUTE E AMBIENTE (VIDEO)
Un quadro, definito dalla Procura, allarmante e caratterizzato da “spregiudicata e sistematica violazione delle normative di settore, poste a tutela della salute pubblica”.
Il Gip del Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha disposto quindi gli arresti domiciliari nei confronti dei cinque amministratori dei caseifici coinvolti e la misura di divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale per sei mesi nei confronti di quattro membri di una famiglia di allevatori e di un intermediario commerciale di latte bufalino, ritenuti a vario titolo co-responsabili dei reati di adulterazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze adulterate, frode nell’esercizio del commercio, commercio di sostanze alimentari nocive, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti agroalimentari con segni mendaci per la contraffazione della denominazione di origine.
Oltre ai provvedimenti personali è stato eseguito il sequestro preventivo delle quote societarie e dell’intero patrimonio aziendale:
– del CASEIFICIO BELLOPEDE & COLINO S.r.l. di Marcianise (CE), storico produttore, distributore e commerciante di mozzarella di bufala campana, nonché socio del consorzio per la tutela del marchio Dop;
– del CASEIFICIO SAN MAURIZIO S.r.l. (ora in fallimento) con sede legale in Frattaminore (NA) e sede amministrativa in Orta di Atella (CE), anch’esso produttore lattiero-caseario;
– della CASEARIA SORRENTINO S.r.l. di Santa Maria La Carità (NA), fornitore di latte dei caseifìci di cui sopra, per un valore complessivo dei beni cautelati stimabile in oltre 10 milioni di euro.
Dominella Trunfio