Da ore preoccupa l'epidemia da listeria in Spagna. Più di 170 i casi e, anche se i prodotti incriminati non sono venduti in Italia, è bene stare attenti.
Carne contaminata da listeria: sarebbe di un morto e di 175 casi accertarti il bilancio con cui la Spagna sta facendo i conti in queste ore. Il focolaio è stato individuato, ma ora il ministero della Salute allerta Unione europea e Organizzazione mondiale della sanità sui rischi dell’epidemia “nel caso in cui la listeriosi possa essere identificata in altri Paesi”, soprattutto in un periodo come questo in cui anche turisti stranieri potrebbero essere stati contagiati.
Nelle scorse ore la Spagna aveva di fatto lanciato un allarme internazionale su una delle più grandi epidemie di listeriosi mai registrate. Causa delle infezioni sarebbe carne di maiale commercializzata in Andalusia, dove è stata registrata la maggior parte di episodi confermati e si tratterebbe di un prodotto contaminato dal batterio Listeria monocytogenes.
La listeriosi è un’intossicazione alimentare che può manifestarsi in vari modi, con sintomi più o meno gravi, da nausea, vomito e diarrea a complicazioni più importanti come encefaliti e meningiti e forme acute di sepsi. A rischio soprattutto persone immunodepresse, bambini, anziani e donne in gravidanza.
L’epidemia in Spagna
Le analisi condotte in due siringhe per riempire la carne cruda (i “mechadoras”, usati spesso per inserire il lardo nelle fibre) della società sivigliana Magrudis hanno dato risultati positivi alla presenza del batterio.
Come si scrive su El Pais: “Ciò conferma che uno dei focolai dell’epidemia di listeriosi che ha già colpito 175 persone in tutta la Spagna, di cui 82 ricoverati in ospedale, si trova nello stabilimento di produzione dell’azienda nella capitale andalusa, che ha venduto i suoi prodotti sotto Marchio La Mechá”. Tra questi, è considerato responsabile dell’epidemia il più popolare, ossia il polpettone, anche se altri sono stati realizzati anche nelle strutture, come lombo e cotiche di maiale al forno.
“Se le siringhe fossero contaminate, sicuramente anche altri spazi nella linea di produzione lo sarebbero – precisa Juan José Rodríguez, professore ordinario all’Università Autonoma di Barcellona e membro della Società Spagnola di Sicurezza Alimentare. La siringa è uno strumento utilizzato per riempire la carne cruda, quindi i batteri inoculati non dovrebbero sopravvivere alla cottura. Sono informazioni preoccupanti perché rivelano contaminazioni diffuse e sconosciute per i responsabili dell’azienda”.
Alla luce di ciò, quindi, sarebbero due i gravi errori dell’azienda: il primo da collegarsi alle mancanze di igiene delle strutture, il secondo nella non rilevazione che la carne tritata era stata contaminata dalla listeria, nonostante il fatto che le normative vigenti richiedano che vengano analizzati almeno cinque campioni di ciascun lotto prodotto.
Questo regolamento obbliga le aziende a progettare ed eseguire un piano per garantire che i prodotti arrivino sul mercato in modo sicuro. Ogni azienda ha la libertà di mettere in pratica questo piano (punti di maggior controllo, frequenza di analisi e altri aspetti), a condizione che sia efficace e che venga regolarmente rivisto dagli ispettori delle Amministrazioni competenti.
Appello ai turisti
Nel frattempo, il numero di persone colpite da questo focolaio continua. Ci sono 175 casi confermati in tutta la penisola : la maggior parte (161) è concentrata in Andalusia, epicentro dell’epidemia. Del totale, 82 persone sono ricoverate in ospedale e 28 sono in gravidanza.
Tutto ciò accade durante un periodo di alta stagione turistica per la Spagna, dove proprio l’Andalusia è una delle destinazioni più popolari tra i visitatori.
Le persone possono contrarre la listeriosi mangiando cibo contaminato o entrando in contatto con esseri umani o animali infetti.
Il Ministero della salute ha già informato che nessun alimento venduto dalla società di Siviglia deve essere consumato. I prodotti Mechà non risultano venduti in Italia, ma se qualche turista li avesse comprati in Spagna, è pregato di non consumarli.
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Germana Carillo