I nuovi dati sul riscaldamento globale verranno pubblicati venerdì. E non saranno buoni...
La prima parte, di tre in totale, della quinta edizione del rapporto IPCC sul riscaldamento globale uscirà entro fine settimana. Ma le prime indiscrezioni ci raccontano una triste verità: o ci sbrighiamo, o siamo spacciati.
Venerdì 27 settembre sarà pubblicata la sintesi per i politici del quinto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il gruppo internazionale di scienziati che studia i cambiamenti climatici, le sue cause e i suoi effetti.
Su riviste di settore e giornali generalisti, però, girano già le prime indiscrezioni sul contenuto del rapporto. E non sono indiscrezioni confortanti, nonostante inizialmente si sia parlato e straparlato di una ammissione da parte degli scienziati di un errore di calcolo sui tempi di scioglimento dei ghiacci sul pianeta.
In realtà, per sapere quanto tempo ci vorrà per dire addio alla neve sull’Himalaya, serve fare calcoli talmente complicati che è anche normale che gli scienziati, man mano che hanno a disposizione strumenti informatici più potenti e sofisticati, aggiustino il tiro e cambino le previsioni.
Detto questo, e confermato che nel 2035 ci sarà ancora ghiaccio sulla catena montuosa più alta del mondo, tutte le altre notizie emerse fino a ora possono essere sintetizzate in una sola parola: fretta. Se vogliamo aggiungere un aggettivo: maledetta fretta.
Il rapporto IPCC conterrà infatti quattro possibili scenari, dal più ottimistico al più catastrofico. Quest’ultimo sarebbe da incubo: nel 2100 i mari saranno più alti di 62 centimetri (addio Venezia, ma anche mezza Italia costiera) e la temperatura media del pianeta sarà più alta di 4 gradi. Nei rapporti precedenti, ecco la fonte della polemica, la previsione era anche peggiore.
Tra le cause di questa situazione, dice il rapporto, il 95% sono di origine antropica. È colpa nostra, insomma, non è la natura che fa da sola ma siamo noi a modificare il clima. Saltando gli scenari intermedi, per avere un po’ di speranza (si fa per dire) dobbiamo guardare allo scenario migliore: nel 2100 i mari cresceranno di 24 centimetri (e Venezia forse la salviamo, almeno in parte) e la temperatura salirà di un solo grado (rispetto al 2005, che diventano 1,7 rispetto a prima della rivoluzione industriale).
Dicevamo la fretta: per mettere una toppa a questa situazione, e cercare di raggiungere almeno lo scenario “meno peggiore”, abbiamo appena dieci anni. Durante i quali i Governi dovranno prendere decisioni vincolanti sulle emissioni di gas serra. Per quelli che sono gli accordi internazionali attuali, però, siamo già spacciati: prima del 2020 abbiamo solo obiettivi volontari…
Peppe Croce