I porti chiusi nel Mar Nero bloccano anche la fornitura di olio di girasole. Rimaste ferme 50mila le tonnellate di prodotto, destinate al nostro Paese.
Non solo grano e mais, il conflitto ucraino sta colpendo duramente anche il commercio di olio di semi, specialmente quello di girasole. L’Ucraina e la Russia, infatti, rientrano tra i maggiori produttori al mondo di questa coltura e la chiusura dei porti sul Mar Nero sta paralizzando gli scambi in tutta Europa. Se la guerra dovesse proseguire anche nostro Paese rischia di restare senza olio di girasole, visto che le scorte sono in esaurimento. A lanciare l’allarme in Italia è ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’industria Olearia.
“Questo conflitto sta facendo molto male al nostro settore, oltre che ai consumatori, perché rende difficile l’approvvigionamento di materia prima e, di conseguenza, l’attività delle singole imprese” avverte Carlo Tampieri, presidente del gruppo Oli da semi dell’Associazione.
Negli ultimi giorni le navi che trasportano olio e i semi di girasole sono rimaste tutte ferme nei porti di Mariupol e Odessa, punti nevralgici del commercio marittimo. Dall’inizio della guerra sono almeno 50mila le tonnellate di olio grezzo di girasole rimaste bloccate, destinate al nostro Paese.
Un duro colpo per l’Italia
L’olio di semi di girasole è utilizzatissimo non soltanto nell’industria alimentare (è impiegato per le salse, maionese e conserve oltre che per friggere) ma anche in quello zootecnico e nel comparto oleochimico ed energetico, ad esempio per produrre il biodiesel. Nel nostro Paese il consumo di questo tipo di olio si aggira intorno alle 700mila tonnellate all’anno.
Tuttavia, il nostro Paese produce solo 250mila tonnellate di olio grezzo. Il resto viene importato in particolare da Ucraina e Russia (le due nazioni rappresentano il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell’export mondiale). Secondo i dati forniti da ASSITOL, a partire dal 2015, la quota di importazioni di olio grezzo dall’Ucraina è cresciuta, passando dal 54% al 63%.
Questi dati fotografano il peso delle importazioni di girasole e la difficoltà, per il comparto, di muoversi in un contesto di guerra, che vede bloccati i trasporti non soltanto da e per l’Ucraina, ma da tutto l’Est Europa. – sottolinea Tampieri – Se la guerra cessasse nei prossimi giorni – osserva ancora Tampieri – tornare alla normalità sarebbe comunque complesso. Tuttavia, la situazione potrebbe complicarsi ulteriormente, se il conflitto dovesse proseguire, perché salterebbe la semina, prevista in primavera. Invitiamo le istituzioni ad agire con ragionevolezza. Eventuali sanzioni, come i dazi o, peggio, i divieti sull’import, risulterebbero dannose non soltanto per il nostro settore, ma per tutta la filiera agroalimentare italiana, provocando al tempo stesso un forte contraccolpo negativo sull’Ucraina”.
Nell’ultimo mese i rincari hanno riguardato tutto il settore degli oli vegetali (che comprende anche quello di colza e di palma). L’Indice FAO dei prezzi degli oli vegetali è salito dell’8,5%, segnando un nuovo record. Prezzi alle stelle anche per il grano, già in rialzo prima dello scoppio della guerra. Adesso le scorte di grano della nostra nazione sono ai minimi storici. Secondo la Coldiretti, le riserve potrebbero bastare per altri due mesi circa. In poche parole entro Pasqua gli scaffali di pasta e pane potrebbero restare vuoti.
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Fonti: ASSITOL/FAO
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