Plastica monouso. L'Europa è pronta a mettere al bando una serie di prodotti, considerati responsabili di inquinare e di danneggiare l'ambiente e, soprattutto, il mare. Ma cosa accadrà davvero quando la direttiva Ue vieterà l'utilizzo di queste e altre tipologie di prodotti in plastica? E' davvero questa la corretta soluzione per combattere l'inquinamento marino?
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Plastica monouso. L’Europa è pronta a mettere al bando una serie di prodotti, considerati responsabili di inquinare e di danneggiare l’ambiente e, soprattutto, il mare. Ma cosa accadrà davvero quando la direttiva Ue vieterà l’utilizzo di queste e altre tipologie di prodotti in plastica? È davvero questa la corretta soluzione per combattere l’inquinamento marino?
Se n’è parlato ieri a Palermo, in occasione del convegno “Innovazione tecnologia delle materie plastiche nell’economia circolare in Sicilia”, organizzato da Corepla.
Un tema caldo, all’indomani dell’approvazione da parte dei deputati europei della relazione di Frédérique Ries (ALDE, BE), adottata con 51 voti favorevoli, 10 contrari e 3 astensioni, con la quale i deputati europei hanno aggiunto altri oggetti a quelli giù inseriti nell’elenco da bandire entro il 2021.
A maggio, la Commissione Europea aveva infatti reso note una serie di novità per ridurre i rifiuti marini, soprattutto legati alla plastica. Cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bastoncini per cocktail e aste per palloncini e molti altri prodotti saranno banditi dall’Ue sulla base dei piani approvati dal Comitato per l’ambiente e la salute pubblica e in attesa di ulteriore approvazione. Potranno essere commercializzati solo se fabbricati con materiali sostenibili.
Noi per primi abbiamo accolto con soddisfazione la nuova misura. Ma non tutti ritengono che bandire le stoviglie in plastica monouso possa essere la vera soluzione al problema del marine littering. Questi ultimi, sostengono gli addetti ai lavori, sono in realtà completamente riciclabili e quindi, se differenziati, potrebbero tornare a nuova vita, attraverso la creazione di altri prodotti dai materiali riciclati. Il vero problema non sarebbe la stoviglia monouso di per sè, ma la sua dispersione nell’ambiente per colpa di cattive abitudini e di una raccolta differenziata scorretta.
Perché vietare le stoviglie “monouso” non sarebbe una soluzione all’inquinamento?
Lo abbiamo chiesto ad Antonio Protopapa, Direttore R&D di Corepla:
“Il polistirolo delle stoviglie monouso è riciclabile tanto quanto tutti gli altri materiali. Esse vengono conferite nella raccolta differenziata e avviate a recupero. Il problema è che col polistirolo si è partiti un po’ più tardi con l’attività di selezione e di avvio a recupero rispetto ad altri materiali perché è più complesso, soprattutto con piatti e bicchieri perché sono fatti di un materiale molto leggero e difficilmente selezionabile, però una volta inviato agli impianti di riciclo, il prodotto è completamente riciclabile. Non condivido l’idea di abbandonare le stoviglie monouso perché esse sono riciclabili e riciclate, solo che oggi la maggior parte viene recuperata sotto forma di recupero energetico quindi viene avviata a termovalorizzazione. Tuttavia, stiamo sviluppando sempre di più nuove tecnologie per fare un vero e proprio riciclo, riutilizzando questi prodotti facendo un nuovo granulo, che diventa una materia prima destinata a nuove applicazione. L’industria non ha bisogno di adattarsi ma deve mettere a disposizione le strutture, promuovere l’avvio della raccolta differenziata a riciclo un materiale che per natura lo è già. È quello su cui stiamo lavorando”.
Dello stesso avviso anche il Presidente di Corepla, Antonello Ciotti:
“La direttiva europea ci sorprende. Nel monouso, quando si fa il bando di un prodotto bisogna fare bene attenzione a quello con cui viene sostituito. Ad oggi dal punto di vista di igienicità, di costo del prodotto stesso e di sostenibilità, tenendo presente l’intero ciclo di vita, dobbiamo valutare qual è l’alternativa. Quando è iniziata questa grande campagna, l’obiettivo era quello di ridurre il riscaldamento del pianeta e le emissioni C02. Allora quando diciamo no al monouso, dobbiamo provare che la CO2 prodotta è minore. Se il monouso viene raccolto correttamente noi siamo in grado di riciclarlo e di chiudere il cerchio dell’economia circolare, riutilizzandolo al 100%. La chiave sta nel corretto conferimento e nella raccolta differenziata, col supporto dei cittadini e delle istituzioni”.
Secondo Francesco Paolo La Mantia, Pro Rettore alle Politiche di sviluppo dell’Università di Palermo, non ci sono materiali buoni e cattivi, ma occorre ripensare criticamente la cultura della produzione, superando quella della dissipazione, dello scarto e dell’usa e getta. Come? Con la progettazione di oggetti che si possono riciclare, sia creando nuova materia che energia.
“Non esistono materiali buoni e materiali cattivi ma esistono materiali adatti per ciascuna applicazione, che vanno trattati in modo diverso a fine vita, in modo da garantire il massimo recupero di materia ed energia e il minimo impatto ambientale” sostiene.
Nel settore della plastica, esistono tre tipi di riciclo: meccanico, chimico ed energetico. Il riciclo meccanico ad oggi è più problematico per via della presenza di diversi polimeri, anche se è quello che permetterebbe il totale riutilizzo dei materiali.
Cosa stanno facendo intanto le aziende?
Secondo Giuseppe Riva, di PlasticsEurope Italia, è in corso un nuovo programma di ricerca per trovare nuove soluzioni, ma è importante anche avviare dei programmi di educazione ambientale.
“L’attuale riciclo energetico in Italia è ancora poco efficiente in particolare se paragonato a quello dei paesi più evoluti del Nord Europa. È necessario valutare l’opzione per la messa a punto di tecnologie industriali per impianti di riciclo chimico per decomporre la plastica nelle sue materie prime”.
A quel punto potrà essere completamente riutilizzata, ma è fondamentale raggiungere il 100% di raccolta differenziata della plastica a fine vita.
Cosa accadrà ai produttori di stoviglie monouso dopo il divieto europeo?
Secondo i dati forniti da pro.mo.it, il gruppo produttori stoviglie monouso in plastica, parte della Federazione Gomma Plastica di Confindustria, la messa al bando non servirà a risolvere il problema della plastica nei mari, perché il 90% di essa proviene da 10 fiumi extraeuropei. Inoltre, solo lo 0,6% delle plastica utilizzata in Europa finisce in mare.
E le stoviglie compostabili?
Pro.mo ha promosso uno studio sul ciclo di vita comparativo sulle stoviglie, dimostrando che l’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita di quelle monouso in plastica (polipropilene e polistirene) risulti mediamente inferiore a quello delle stoviglie in bioplastica (acido polilattico) e in colpa di cellulosa.
Di conseguenza, la scelta dei materiali dovrebbe essere fatta tenendo conto dell’intero ciclo di vita.
Insomma, una questione tutt’altro che semplice e affatto chiusa. Non sappiamo come andrà davvero a finire con il divieto europeo. Quel che è certo è che, alla luce di questi dati, l’importanza della corretta differenziata e del riciclo è più pressante che mai, per fare in modo che un materiale “infinito” come la plastica possa essere una risorsa dalle mille vite. E non un problema per i nostri mari. Sì, è vero, piatti e stoviglie di plastica sono sotto l’occhio del ciclone. Ma se opportunamente raccolti, siamo in grado di riciclarli e rimetterli nel circuito virtuoso dell’economia circolare.
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Francesca Mancuso