Sabato 8 e domenica 9 giugno daremo il nostro voto alle elezioni europee 2024. Il futuro europarlamento sarà chiamato anche a risolvere parecchie questioni di carattere ambientale. Ma quanto davvero i nostri politici hanno preso coscienza, in Europa, di questa urgenza? Per aiutarvi a capire quali siano le posizioni dei diversi schieramenti su clima e ambiente abbiamo intervistato, insieme a Greencome, diversi candidati
Transizione energetica , città più “lente” e soprattutto a misura d’uomo, Green deal europeo e politiche agricole: come sarà l’Europa da qui a 15 anni alla luce delle varie Direttive, recepite e non? Lo abbiamo chiesto a 5 candidati italiani alle prossime elezioni europee in calendario sabato 8 e domenica 9 giugno 2024.
Di seguito la nostra intervista a Giacomo Zattini, candidato con Movimento 5 Stelle della circoscrizione nord est.
Qual è la priorità che andrebbe portata avanti in Europa per contrastare la crisi climatica?
Innanzitutto rilanciare il Green Deal europeo, non come una singola misura, ma come un pacchetto di misure che l’Unione europea ha portato avanti con la Commissione Von der Leyen quando si è insediata, e che adesso – tra l’altro – sta rinnegando. Quindi tutto quello che riguarda l’agricoltura, tutto quello che riguarda i trasporti, l’efficientamento delle case con la Direttiva case green famosissima e famigerata. Tutte queste misure che sono dentro un pacchetto che è il Green Deal, appunto, vanno portate avanti e difese perché in questo momento sono sotto attacco.
Nonché la nostra seconda domanda, perché il Grean Deal varato nel 2019 ha dato vita in questi 5 anni a provvedimenti all’avanguardia per quanto riguarda l’ambiente. Andrebbe incentivato o ridimensionato? Penso anche al dibattito sulla Nature Restoration Law, in cui l’Italia ha remato sempre contro…
Del Green deal europeo ne abbiamo bisogno, non soltanto dal punto di vista ambientale e climatico, che ovviamente va benissimo, ma dal punto di vista sociale, di costruzione di una società a prova di futuro per i prossimi anni. Quindi assolutamente sì. Il discorso sulla Nature Restoration Law è stato strumentalizzato in vista delle elezioni come il tema degli agricoltori scesi in piazza. Tutte acose che dovremmo riprendere in mano il 10 giugno.
Politiche energetiche, qual è la fonte/i su cui bisognerebbe puntare a breve e a lungo termine per garantire una sicurezza energetica e raggiungere la neutralità climatica dell’intera regione al 2050?
Quello che ci dice la scienza è che le energie rinnovabili, solare, fotovoltaico, eolico, sono le migliori per permetterci di decarbonizzare tanto e subito. Abbiamo la possibilità di decarbonizzare partendo oggi e arrivando al 2050, quindi dobbiamo ridurre la maggior parte delle emissioni di CO2 nel minor tempo possibile. Chiaramente in questa domanda c’è anche l’energia nucleare, fonte di energia pulita a zero emissioni: l’Italia non ne ha e per averla dovrebbe mettere in campo delle condizioni di cui io non sono molto convinto, ma – dato che stiamo parlando di elezioni europee – quello che dovremmo avere in Europa sarebbe condivisione dell’energia. Quindi, chi ha nucleare ben venga, ma chi non ce l’ha punti su altro e soprattutto quello che può fare nel minor tempo possibile e, quindi, fonti rinnovabili. A quel punto, mettendole insieme tutte e condividendo fra di noi riusciremo poi a raggiungere un mix che possa portarci al 2050 a zero emissioni.
È stato stimato che gli Stati membri dell’Unione Europea stiano impiegando tra i 34 e i 48 miliardi di euro all’anno di sussidi europei in attività che danneggiano la natura in particolar modo nelle politiche agricole incentivando allevamenti intensivi e grandi multinazionali. Questi sussidi andrebbero reindirizzati? E se sì come e dove?
Sicuramente in questi incentivi c’è tutta una parte molto complessa. Ci sono sia gli incentivi agli allevamenti intensivi che gli incentivi, ad esempio, ai combustibili per i trattori. Se da un lato, quindi, dovrebbero essere tolti subito, dall’altro altri incentivi devono prevedere un’alternativa perché, ad esempio, con il gasolio gli agricoltori si lamentano del fatto che noi sì, andiamo verso le auto elettriche, ma per i trattori questa ancora non è una possibilità. Quindi, in questo caso, tassare di più il gasolio non ha senso. Quanto agli allevamenti intensivi, noi dobbiamo andare verso una velocissima dismissione e verso una moratoria per quelli nuovi, ma tenendo in conto il mondo del lavoro, perché stiamo parlando comunque di persone che lavorano dietro a questo settore che vanno tutelate.
Quindi il futuro dell’agricoltura passa per una riduzione di…?
Per una riduzione delle emissioni, senza dubbio, verso una società più verde, un passaggio che però veda protagoniste le persone.
Invece cosa cambierebbe della PAC appena revisionata ad aprile?
Allora la PAC importa a una piccola quantità di agricoltori, soprattutto quelli non italiani, perché l’Italia è una nazione con tante aziende medio-piccole. L’80% dei fondi della PAC va al 20% delle aziende agrigole; l’Italia è molto penalizzata in questo perché interessa pochissime aziende molto grosse e soprattutto va a favore di Germania e Francia. Questo per dire che andrebbe cambiata in una maniera tale che agli agricoltori piccoli medi sia garantito un sostegno e soprattutto bisognerebbe modificare la PAC affinché quegli agricoltori siano incentivati non soltanto a produrre prodotti sani e salubri ma anche per essere remunerati per dei servizi ecosistemici che offrono.
Qual è il cibo con cui i cittadini europei dovrebbero sfamarsi in un futuro non troppo lontano? Qual è la sua posizione su carne coltivata, farine da insetti e i Novel food in generale?
La carne coltivata? È una miopia che ci porteremo dietro nei prossimi anni e ce ne pentiremo a un certo punto, come abbiamo fatto per l’auto elettrica, come abbiamo fatto per la filiera dell’elettrico che non è mai partita in Italia. La carne coltivata può in ogni caso rappresentare un’alternativa anche e soprattutto allo sfruttamento degli animali negli allevamenti intensivi. Non sono per negare nulla, insomma, nemmeno per quanto riguarda la farina da insetti, ma sarà il mercato a fare il suo corso.
Come rendere più attuabili e socialmente accettate Direttive come quella delle case green o lo stop alle auto a scoppio che al momento sono percepite dai cittadini solo come un costo?
Quanto al discorso delle automobili sappiamo che noi non potremo avere domani lo stesso tipo di sistema dei trasporti di oggi. Oggi abbiamo un sistema dei trasporti che è basato sull’auto privata, pochi treni, pochi autobus, trasporto pubblico carente. Sappiamo che dovremmo fare la transizione verso un modo di spostarsi nelle città, e anche tra le città, che sia meno incentrato sull’auto privata. Detto questo, l’auto dovrà essere elettrica: nei prossimi anni si stopperà la vendita dei motori a combustione. Si tratta di un ottimo obiettivo ma sicuramente ambizioso se non lo perseguiamo, sappiamo che la transizione fa più male a chi non le va incontro. Quindi, iniziamo ad accompagnare questa transizione. Eppure l’Italia rema contro: vuole infatti portare avanti una battaglia che non le farà bene nel lungo periodo.
E per quanto riguarda la Direttiva sulle case green, io dico ben venga ben venga, perché la Direttiva europea non impone agli Stati di fare una certa cosa nei minimi dettagli. Impone agli Stati degli obiettivi raggiungibili nell’arco di un certo quantitativo di anni, in questo caso quasi 10 anni. Quello in cui spero investa l’Italia è una transizione che preveda degli incentivi che vadano incontro solo ad alcune fasce di popolazione che fanno fatica a portare avanti interventi di efficientamento edilizio.
E quindi su cosa dovrebbero puntare le città europee per aumentare la qualità della vita dei cittadini e diminuire traffico ed emissioni?
Su un cambio del modello dei trasporti: più autobus, più piste ciclabili, meno auto private o comunque lasciate ai margini delle città, più alberature: ridoniamo spazio agli alberi, che migliorano la qualità della vita e riparano dagli eventi estremi. Forse dovremmo innanzitutto affrontare un problema di cambiamento culturale: sappiamo cosa c’è da fare, la questione è farlo comprendere alle persone e accompagnare specialmente le fasce di popolazione con più difficoltà attraverso facilitazioni e incentivi.
Può funzionare tutto il discorso dei trasporti pubblici gratuiti per un certo periodo di tempo per far abituare i cittadini.
Tra queste 3 R (Ridurre, Riciclare, Riparare) qual è quella su cui bisognerebbe puntare di più con politiche ad hoc per una migliore gestione dei rifiuti?
Beh, ridurre sempre la cosa migliore se si può, perché permette di evitare di impiegare materie prime o di sprecare energia nella fase di produzione. Noi oggi abbiamo un grande bisogno di ridurre tante cose che non ci servono e che, anzi, ci creano dei problemi, quindi, direi ridurre, poi riparare. Ma a livello di legislazione bisogna rendere obbligatorio per le industrie che producono certi beni di renderli riparabili.
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