Si può vivere all'interno di comunità a sé stanti, rigorosamente ecologiche ed autosufficienti? Lo abbiamo chiesto al presidente di RIVE, la Rete Italiana Villaggi Ecologici
Nel 1996, anno in cui si svolse il primo incontro della R.I.V.E. Rete Italiana Villaggi Ecologici, i partecipanti erano alcune decine di persone. Provenivano dalle poche esperienze di vita comunitaria che si erano conservate nel nostro Paese, a partire dagli anni Settanta. Oggi, ogni incontro nazionale vede la presenza di cinquecento persone circa e le cifre sono velocemente cresciute negli ultimi anni.
“È soprattutto la parte più giovane della società a essere maggiormente attratta dall’idea di vivere in una comunità basata su una dimensione valoriale diversa e meno distorta. Alla fine però sono le persone che hanno davvero accumulato un po’ di esperienze di vita alle spalle coloro che decidono di insediarsi in uno degli ecovillaggi sparsi per il Paese.” Alfredo Camusso è l’attuale presidente di R.I.V.E. e uno dei fondatori della Rete. Dal 1979 vive nella comune di Bagnaia a pochi chilometri da Siena e quando lo raggiungiamo al telefono ha ancora le mani sporche di cenere tirata fuori dalla stufa della comune.
Nelle sue mani e in quelle di coloro che hanno ideato R.I.V.E., l’idea di ecovillaggio nasce su ispirazione delle esperienze danesi, scozzesi e gallesi già riunite nel network internazionale GEN che già negli anni Novanta avevano cominciato a caratterizzare le esperienze comunitarie, sotto la chiave della sostenibilità, intesa come ricerca dell’autosufficienza energetica, alimentare ed economica.
“Prima di tutto, gli eco villaggi sono modelli di comunità coesa, fondati sulla condivisione di valori di carattere filosofico, capaci di mettere insieme persone sia in maniera spirituale sia in maniera laica.” Ci tiene a sottolineare Alfredo Camusso. “Su questi principi, si innesta un servizio per il territorio che si rifà alle pratiche dell’autoproduzione e alla ricerca di processi che favoriscono l’ecoreversibilità”. Non solo orti e pannelli fotovoltaici tengono insieme queste piccole microsocietà, ma soprattutto un sistema ideale che punta alla migliore adesione tra l’uomo e la sua piena realizzazione.
Al momento in Italia si contano circa 40 ecovillaggi, di cui 26 sono iscritti alla R.I.V.E.. Sono composti da 20/25 persone, in media: famiglie con figli, coppie e single. Sono accomunati dall’assunzione di dinamiche di partecipazione, relazione e gestione dei conflitti completamente diverse da quelle messe in atto dalla società civile. “Negli ecovillaggi vige la messa in pratica della democrazia reale ossia di una rappresentanza del pensiero del singolo nelle scelte collettive, perseguita attraverso il metodo del consenso per il quale l’accordo si raggiunge solo attraverso l’adesione di tutti”. A questo si aggiungono forme di solidarietà interna e messa in comune dei beni, totale o parziale.
Sebbene alcune delle esperienze ispiratrici degli ecovillaggi abbiano preso origine dall’utopia sessantottina della comune, l’operosità che contraddistingue queste microsocietà e le dinamiche di relazione con le istituzioni e con il territorio locale, ne prendono in parte le distanze. “Ogni eco villaggio gestisce attività di tipo economico che servono per far sopravvivere la comunità stessa: dall’agricoltura all’artigianato, dall’accoglienza turistica alla ristorazione.” continua Alfredo Camusso “Solo in questo modo si garantisce la tutela dell’autonomia interna e una critica attiva, non meramente speculativa, della società moderna”.
All’ultimo incontro nazionale, 18 sono i nuovi progetti di ecovillaggio pronti per essere sperimentati. “Per realizzarne uno è sufficiente costruire una comunità attorno a sé, avere a disposizione un luogo (una casa, un borgo, una cascina…) ed essere mossi dal desiderio di condurre un percorso di vita che tuteli la propria esistenza nel rispetto degli equilibri naturali e ambientali. “ ci dice Alfredo Camusso invitandoci al prossimo incontro nazionale che si svolgerà nel mese di marzo ad Alpignano.
Non è necessario allinearsi a un’ ideologia. Basta immaginare un altro mondo possibile. La declinazione con cui ciò può avvenire deriva dai desiderata con cui ciascuno interpreta la realizzazione propria e quella dei propri simili: in alcuni casi prevale la ricerca di una più spiccata componente spirituale, per altri di quella solidaristica. Nella maggior parte si manifesta forte il perseguimento di modelli per la riduzione dei consumi e il rilancio di pratiche produttive sostenibili.
Pamela Pelatelli