Tragedia de L’Aquila, non è la prima volta: parla la mamma della piccola Emma: “Queste non sono tragiche fatalità, dobbiamo cambiare le cose”

Non è accettabile, non possiamo accettarlo, ma non è colpa di quella mamma, non è colpa di un ragazzino che forse ha tolto il freno a mano, non è colpa del destino, non è nemmeno una “tragica fatalità”. Sono le condizioni di sicurezza che mancano. E non è nemmeno la prima volta. Abbiamo raccolto l’appello della mamma di Emma, che nel 2019 è stata investita in modo simile al bimbo de L'Aquila, ma è viva. Ci ha raccontato la sua storia, quella della sua famiglia, la cui vita è cambiata per sempre. E no, anche in questo caso non è stata “una tragica fatalità"

Annabianca Vincenzi ha una voce determinata ma ancora carica di angoscia: la vita della sua famiglia è cambiata per sempre da quando la sua piccola Emma, mentre giocava spensierata nel cortile dell’asilo, è stata investita da un’automobile parcheggiata accanto a dove i bambini stavano giocando all’aperto. Eh sì, forse il freno a mano non era stato inserito, ma non è questo il punto.

È l’8 ottobre 2019, siamo a Torino e una macchina, fatta entrare accanto ai bambini che giocano all’aperto travolge Emma, mandandola in coma e provocandole dei danni di cui ancora oggi porta i segni.

Mia figlia sta inaspettatamente bene, bene rispetto a quello che poteva essere –  ci racconta la sua mamma Annabianca – Ha avuto una frattura cranica, con perdita di materia celebrale, […] un’emorragia quasi fatale per cui hanno dovuto fare molte trasfusioni. Ci avevano detto che non si sarebbe salvata. E che si fosse salvata sarebbe rimasta quasi certamente in coma per sempre e che nell’improbabilissimo caso di un risveglio avrebbe avuto danni devastanti neurologici

Tutto questo fortunatamente non è avvenuto, ma la bambina porta nel suo corpo un impianto medico che va dal cervello alla pancia di cui non può fare a meno, ha perso l’olfatto e ha avuto problemi ormonali. E no, la sua vita non tornerà più come prima. Né quella della sua famiglia, che vive nella preoccupazione continua, anche per un mal di testa, anche per un semplice problema di stitichezza.

E nemmeno quella è stata la prima volta, perché il 7 agosto 2018 Lavinia, 16 mesi, è stata investita da un’automobile entrata nel cancello dell’asilo nido. La piccola, purtroppo, è in stato vegetativo da allora.

Pochi giorni fa un bambino purtroppo non ce l’ha fatta, travolto da un’automobile parcheggiata in discesa di fronte alla recinzione dell’asilo, forse per un freno a mano non tirato o inavvertitamente disattivato o con problemi tecnici. E un’altra bambina è grave in ospedale.

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No, non è accettabile.

Che ci debbano essere tre bambini in 4 anni con dei danni così gravi non è accettabile – tuona Annabianca – Uno dice ‘Succede una prima volta, si capisce che c’è la responsabilità di una persona che non ha chiuso un cancello, ma, visto che l’essere umano è fallibile, facciamo in modo che non debba succedere ancora andando a rendere impossibili le condizioni di rischio che ci sono state”

Sì, perché è vero che la maestra ha lasciato il cancello aperto, ma questo affacciava sul parcheggio, quindi comunque non era presente una condizione sicura.

Se è bastato aver dimenticato un cancello aperto, significa che le macchine non dovevano stare così vicine a dei bambini che giocano all’aperto. Invece, ovviamente, non si è fatto niente

Siamo il Paese che costruisce asili in fondo a discese, alberghi sotto a montagne a rischio valanghe, scuole in edifici senza criteri antisismici e poi le tragedie (bambini investiti da automobili, alberghi travolti da valanghe, scuole distrutte da sismi) avvengono a causa di “errori umani” o “destino infame”.

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No, non è così, basta!

L’asilo dove giocava mia figlia, in provincia di Torino, è chiuso al traffico con un cancello che divide la struttura dalla strada. Questo cancello doveva essere aperto solo in orario di entrata e uscita dei bambini, consentendo quindi l’accesso ai veicoli solo in quegli orari. I bambini non dovevano essere nel parcheggio in quegli orari

Ma non è stato così.

L’incidente di Emma è avvenuto alle 10.30 del mattino e c’era una macchina all’interno del posteggio a 1 metro dalla zona recintata e tra l’altro i bambini non erano nella zona recintata ma nello stesso tragitto che percorreva la macchina! […] Purtroppo su una discesa, purtroppo con un freno a mano a quanto risulta non inserito. E quindi, mentre i bambini percorrevano la discesa, la macchina è andata loro dietro, investendo Emma

Ogni volta che accade una tragedia come questa – e siamo davvero stanchi di doverle raccontare – si punta sempre al destino, alle tragiche fatalità, purtroppo c’è anche chi accusa le persone che compiono errori, che si chiamano umani ma a volte ci si dimentica che lo siamo tutti. Perché tutti sbagliamo, ma non deve essere permesso a nessuno di fare danni così per dei comprensibili errori.

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Io continuo a ribadire: ci si concentra sul singolo caso, dicendo subito ‘Ecco, non hanno tirato il freno a mano’. Ma se quella macchina non fosse stata lì dentro, in quell’orario, in quello spazio errato, bambini e macchina insieme, il freno a mano non tirata avrebbe portato la macchina al massimo contro un albero. Non ci si può scagliare contro chi non ha messo il freno a mano in quel momento

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@Annabianca VIncenzi/Facebook

Annabianca, nonostante il dolore e l’ansia con la quale continua a vivere, con la paura che accada qualcosa a Emma, non ha il minimo dubbio: non è colpa della persona proprietaria dell’auto che ha investito sua figlia (né quindi ritiene che la morte di Tommaso sia colpa di quella mamma che aveva parcheggiato il veicolo vicino all’asilo, dove peraltro giocavano anche le sue figlie).

Hanno commesso un errore, voglio vedere chi di noi non ne ha mai fatto uno. Siamo esseri umani. Ma dove l’errore umano può esistere, ci deve essere la prevenzione, quella cosa che fa sì che l’errore umano non sfoci in tragedia

Cosa fare per esempio?

Un posteggio sufficientemente lontano dalle zone dove giocano i bambini, muri di cemento armato e non un cancelletto di legno e la retina di metallo.

Vorrei che si arrivasse ad una situazione regolamentata, una normativa, che stabilisce le condizioni in cui devono essere gli asili e tutte le scuole, per cui non può verificarsi una situazione del genere, in quanto i posteggi e le zone dove giocano i bambini deve essere x e non un posteggio dentro la scuola, e devono esserci recinzioni solide e sicure che dividono la zona dove ci sono i bambini e quella dove passano le automobili

Davvero inaccettabile che tutto questo non esista ancora, nel 2022.

Io vorrei che non ci fosse mai più una famiglia che vive quello che abbiamo vissuto noi […] Il dolore della mamma di Tommaso è un dolore che sento dentro. Io vorrei che non sia mai più una mamma che soffre così. In Italia si fa sempre un gran parlare, ci si indigna sempre, ma sempre per la singola persona. È il pre che va cambiato!”.

Pre come “prevenzione”

Sulla sicurezza non si può risparmiare, non si può essere leggeri […]. L’asino deve essere un posto sicuro, in cui lascio mio figlio o pagando una retta o usufruendo di un servizio del quale comunque sono un contribuente […] Non mi importa se quel giorno mangerà i legumi o il pesce, o se gli insegnati sono montessoriani, quelle sono cose piccole. Ma la sicurezza non può essere un dettaglio

Purtroppo ci sono ora almeno 3 famiglie che non avranno più indietro la vita di prima, a causa di tragedie che si potevano evitare. Con un “pre”, tre lettere che nel nostro Paese facciamo sempre finta di mettere insieme.

Anche la vita di quella mamma che ha investito Tommaso è distrutta – dice la stessa Annabianca – E nessuno può permettersi di giudicarla, perché la sofferenza che lei proverà è sufficiente. Nessuno di noi può giudicare quello che è successo, se non per quello che riguarda le condizioni di sicurezza

Annabianca, una donna straordinaria che vuole mettere il suo dolore e la sua angoscia quotidiana a servizio delle persone, ha lanciato una petizione online per chiedere proprio condizioni di sicurezza nei luoghi dove lasciamo la parte più importante di tutti noi. I nostri figli.

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