Giornata degli oceani (di plastica): “quello che rilasciamo nel mare ce lo ritroviamo nel piatto”

"Quello che noi rilasciamo nel mare ce lo ritroviamo nel piatto". Il monito di Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente alla Camera e parlamentare della componente FacciamoEco, nella giornata mondiale degli Oceani. Con la legge Salvamare, il nostro Paese disporrà di uno strumento efficace che consentirà ai pescatori di portare a terra la plastica recuperata con le reti invece di scaricarla in mare, azione che prima costituiva reato di trasporto illecito di rifiuti. Un buon lavoro, ma ancora c'è molto da fare. Perché ovviamente questo non basta per salvarci dagli Oceani di plastica

L’11 maggio scorso il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva il Disegno di Legge “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare (‘Legge Salvamare’)”, un importantissimo passo in avanti verso la tutela del nostro mare. Bene, ma non benissimo: in Italia una legge così è solo la punta dell’iceberg. Tutt’attorno un autentico oceano di ritardi legislativi e di norme mai realmente rispettate.

In vista della Giornata degli Oceani che si celebra domani 8 giugno, abbiamo scambiato due chiacchiere con Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera e parlamentare della componente FacciamoEco, per fare il punto sullo stato di salute delle nostre acque e sul ruolo dell’Italia nel Mediterraneo.

Onorevole, dopo anni di rimpalli legislativi la Salvamare è finalmente legge. Che tipo di importanza ha questa e che impatto avrà in futuro?

Sicuramente è una legge attesa ed è una legge che tiene conto dell’esperienza e delle richieste sì degli ambientalisti, ma io direi anche e soprattutto dei pescatori. È una legge che finalmente colma un vuoto normativo per cui nel nostro Paese finora i pescatori che pescavano rifiuti in mare dovevano poi far fronte ai costi di smaltimento. E questo ovviamente riduceva di molto un possibile impatto possibile.

È una legge che sicuramente poteva contenere molto molto di più, ma che in ogni caso lavora moltissimo anche sull’educazione ambientale e sui temi dell’itticoltura e dell’allevamento del pesce in maniera sostenibile.

Era stato proposto l’inserimento in questo ddl di alcuni emendamenti, ora si lavorerà perché vengano ripresi in considerazione in altro provvedimento?

Beh, sì, spero che verranno ripresi. Per esempio c’era un emendamento che era passato al Senato e che parlava di etichettatura sui tessuti e sugli indumenti. Uno dei problemi legati al mare è proprio quello legato alle microplastiche e si cercava un meccanismo di etichettatura dei capi di abbigliamento più dettagliata per sensibilizzare al corretto lavaggio affinché si potesse ridurre la dispersione di microfibre nell’ambiente e nel mare. E invece non si è riusciti a trovare una convergenza.

Credo tuttavia sia stato importante metter mano al tema della Posidonia e desalinizzazione. Nella legge Salvamare, infatti, viene affrontata anche la questione della desalinizzazione: tutti gli impianti da adesso dovranno essere regolamentate – attraverso un apposito decreto – in sede preventiva a determinate condizioni di sicurezza e sottoposte a Valutazione di Impatto Ambientale Nazionale.

Spero che quello che non è riuscito ad entrare nella legge possa trovare spazio in altri provvedimenti.

rossella muroni

©alphaspirit/123rg – ©Rossella Muroni/Facebook

Tornando ai pescatori, quali altri passi avanti andranno fatti? Cioè, non credo che basterà l’impegno dei pescatori per risolvere un problema così ampio…

Certo, l’inquinamento del mare inizia da monte ed è responsabilità non solo delle comunità costiere. Una delle cose importanti che sono state fatte con questa legge è la possibilità di mettere delle barriere, dei sistemi di raccolta alla foce dei fiumi per intercettare i rifiuti prima che arrivino in mare.

In generale è una legge che riconosce una responsabilità collettiva dello stato di salute del mare, perché quello che noi rilasciamo nel mare ce lo ritroviamo nel piatto. Questo per dire che è utile raccontare questa legge come una legge che guarda alla salute delle cittadine e dei cittadini. Non è certo solo responsabilità, insomma, dei pescatori e delle Marinerie, però è un segnale importante da dare a queste categorie già particolarmente fragili e in difficoltà.

Che incentivi saranno pensati per i pescatori?

C’è già la possibilità di conferire i rifiuti a terra senza pagare… Poi la nostra è una pesca molto artigianale e legata alle realtà locali e già solo per questo andrebbe aiutata anche in tante altre maniere: c’è il tema del caro gasolio, della convivenza con le attività industriali, c’è una fortissima concorrenza a livello internazionale – e penso alle flotte giapponesi – già solo nel Mediterraneo.

A proposito di Mediterraneo, l’8 giugno è la Giornata degli Oceani e l’Italia non può che avere un ruolo fondamentale proprio perché affaccia sul Mediterraneo, che è uno dei mari più a rischio. Questo per chiederle: tra tutela delle acque marine e valorizzazione turistica degli 8mila km di coste, ecologicamente il nostro Paese come sta messo? Una volta lei ha detto una parola molto indicativa: la transizione ecologica nel nostro Paese non è “agita”. Adesso è agita? A che punto stiamo?

Noi abbiamo fatto sicuramente dei passi avanti su tanti fronti e devo dire grazie all’Europa anche, in particolare sulla qualità delle acque. Il nostro Paese però potrebbe essere molto più avanti, noi scontiamo almeno 20 anni di ritardo, dalle energie rinnovabili al sistema di riduzione dei rifiuti siamo scontando un ritardo che è tutto politico. Spesso si norma senza avere la consapevolezza delle grandi potenzialità di questo Paese, dove rimangono dei problemi enormi sul fronte ambientale. Penso alla qualità delle nostre città, all’abusivismo – che è una delle nostre piaghe maggiori –, ai fenomeni dell’erosione costiera.

È un Paese straordinario, ma fragile e avrebbe bisogno di ben altra velocità. Pensi che è stato inaugurato il primo parco eolico del Mediterraneo a Taranto, ma bisognerebbe farne subito tanti altri. Se vogliamo realmente dire no al gas russo, dobbiamo dire sì a dei sistemi che ci rendano realmente autonomi.

E non mi sembra che sia questa la direzione che stiamo prendendo…

Francamente fino ad ora stiamo diversificando la dipendenza, no? Nel senso che non mi rende più tranquilla comprare il gas dall’Algeria, piuttosto che dalla Russia, anche perché sappiamo anche che sono Paesi che non hanno un sistema democratico così stabile, ma resta evidente che fin quando siamo dipendenti da potenze che non garantiscono i diritti umani, siamo anche costretti a “sussurrare” sui diritti umani e credo che questa sia una delle più grandi vergogne di questa fase storica: non capire che l’indipendenza energetica e la sostenibilità ambientale sono anche elementi centrali per la pace e per i diritti umani.

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