“È solo l’inizio”: questo è il primo comune italiano che dice “no” ai nuovi OGM e fa la storia

Poppi, paese toscano di 6mila abitanti in provincia di Arezzo, diventa il primo in Europa a vietare i nuovi OGM. Abbiamo intervistato Francesco Paniè, campaigner del Centro Internazionale Crocevia, per capire le implicazioni di questa decisione e cosa rappresenta per il futuro dell'agricoltura in Italia e in Europa

Poppi, un piccolo comune toscano di circa 6.000 abitanti incastonato tra le bellezze del Parco delle Foreste Casentinesi, ha compiuto un gesto di grande valore simbolico e politico: diventare il primo in Europa a dichiararsi libero dai nuovi OGM. La delibera, approvata all’unanimità dal consiglio comunale lo scorso 27 novembre, è stata descritta come una vittoria per la biodiversità, la sovranità alimentare e il diritto dei cittadini di scegliere cosa mangiare.

Promossa dal Centro Internazionale Crocevia e dall’Associazione Rurale Italiana, questa decisione apre la strada ad altri comuni europei che desiderano proteggere il proprio territorio e la salute dei cittadini dai rischi potenziali dei nuovi OGM. Per capire perché, abbiamo intervistato Francesco Paniè, campaigner del Centro Internazionale Crocevia.

Poppi è il primo comune in Europa a dichiararsi libero dai nuovi OGM. Perché questa è una buona notizia?

È una notizia estremamente positiva perché testimonia una crescente consapevolezza e una mobilitazione dal basso contro i nuovi OGM. Nonostante le multinazionali del biotech e alcuni settori della politica tentino di dipingerli come simili ai prodotti naturali, l’iniziativa di Poppi dimostra che i cittadini e i territori non si fidano ciecamente e chiedono trasparenza e una regolamentazione più severa. Questo atto politico si inserisce nel solco di una battaglia ventennale contro gli OGM, che ha visto oltre 1200 comuni italiani schierarsi a difesa della biodiversità e di un’agricoltura sostenibile. Ora, con l’avvento delle nuove biotecnologie come CRISPR (che sta per Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, ndr), è fondamentale ribadire la necessità di tracciabilità, etichettatura e una rigorosa valutazione del rischio anche per i nuovi OGM. La decisione di Poppi lancia un segnale forte: i territori vogliono avere voce in capitolo sul proprio futuro alimentare e non intendono piegarsi ai diktat delle lobby agroindustriali.

Quale è la differenza tra i vecchi e i nuovi OGM?

I vecchi OGM, detti transgenici, si ottengono inserendo un gene estraneo, proveniente da un’altra specie, nel DNA di un organismo. Si creano così organismi “chimera” con caratteristiche nuove, non presenti in natura. I nuovi OGM, invece, utilizzano tecniche di editing genomico, come CRISPR-Cas9, per modificare il DNA di un organismo all’interno della stessa specie. Vengono presentati come più precisi e sicuri, con modifiche assimilabili a quelle che avvengono in natura o con la selezione tradizionale. Ma la realtà è ben diversa: queste nuove tecniche permettono di ottenere cambiamenti genetici significativi, con potenziali effetti imprevedibili sull’ambiente e sulla salute. Per questo è fondamentale che vengano sottoposti alla stessa rigorosa regolamentazione prevista per i vecchi OGM.

Quali colture potrebbero essere interessate dai nuovi OGM in Italia?

Mentre i vecchi OGM si concentravano principalmente su mais, soia, colza e cotone, destinati agli allevamenti intensivi e ai biocarburanti, i nuovi OGM hanno un raggio d’azione potenzialmente illimitato. Potrebbero riguardare tutte le colture alimentari: vite, pomodoro, riso, melanzane, agrumi, grano, e molte altre. L’obiettivo delle multinazionali del biotech è chiaro: controllare l’intera catena alimentare, brevettando il vivente e trasformando il cibo in una merce come tutte le altre.

Quali sono i rischi legati alla privatizzazione del cibo e all’agricoltura da laboratorio?

La possibilità di brevettare gli OGM è uno degli aspetti più critici di questa tecnologia. A differenza delle varietà naturali o ottenute con metodi di selezione tradizionali, gli OGM possono diventare proprietà esclusiva di chi li ha creati. Questo crea un enorme squilibrio di potere, con le multinazionali che detengono il monopolio sulla produzione di cibo e gli agricoltori costretti a dipendere dalle loro tecnologie e dai loro brevetti. Negli Stati Uniti, dove gli OGM sono stati liberalizzati, abbiamo già visto gli effetti devastanti di questo sistema: contaminazioni genetiche, cause legali contro gli agricoltori, aumento dei prezzi dei semi e perdita di biodiversità. È uno scenario che non possiamo permetterci di replicare in Europa.

Perché proprio Poppi ha deciso di dire “no” ai nuovi OGM? Cosa ha portato a questa delibera?

Poppi è stata particolarmente ricettiva al tema grazie alla presenza sul territorio del Biodistretto Casentino, un’organizzazione di agricoltori che pratica l’agroecologia e che si è impegnata a fondo nella campagna contro i nuovi OGM. Il Biodistretto ha promosso incontri e dibattiti pubblici per sensibilizzare la popolazione sui rischi della deregolamentazione. Lo scorso 3 novembre abbiamo organizzato insieme una serata informativa a cui ha partecipato anche il sindaco di Poppi, che si è dimostrato molto attento al tema e si è impegnato a portare in consiglio comunale la proposta di delibera. C’è stata una grande sinergia tra il Biodistretto, il Centro Internazionale Crocevia e l’amministrazione comunale, che ha permesso di raggiungere questo importante risultato.

Che impatto possono avere i nuovi OGM sull’agricoltura e sulla salute?

Per l’agricoltura, la diffusione incontrollata di nuovi OGM potrebbe portare a una progressiva standardizzazione delle colture, con la scomparsa delle varietà locali e la perdita di biodiversità. Inoltre, la contaminazione genetica metterebbe a rischio l’agricoltura biologica, che non potrebbe più garantire l’assenza di OGM nei propri prodotti. Infine, la liberalizzazione degli OGM lederebbe i diritti degli agricoltori, impedendo loro di riprodurre e scambiare le proprie sementi. Per quanto riguarda la salute, i rischi sono ancora in gran parte sconosciuti. L’Agenzia francese per la salute e la sicurezza alimentare ha evidenziato la possibile comparsa di nuove tossine o allergeni nei prodotti modificati geneticamente. È fondamentale adottare un approccio precauzionale e effettuare una valutazione del rischio caso per caso, prima di autorizzare l’immissione sul mercato di questi nuovi OGM.

La decisione di Poppi può essere un esempio per altri comuni italiani?

Senza dubbio! Poppi ha aperto la strada, dimostrando che è possibile resistere alle pressioni delle lobby e difendere la sovranità alimentare del proprio territorio. Sono convinto che molti altri comuni seguiranno questo esempio, creando una rete di “zone libere da OGM” in tutta Italia. Questo contribuirà a esercitare una pressione politica sul governo e a promuovere un modello agricolo più sostenibile e rispettoso della salute dei cittadini e dell’ambiente.

È solo l’inizio di un percorso più lungo, quindi?

Assolutamente sì. La delibera di Poppi è un primo passo importante, ma la battaglia per la sovranità alimentare è ancora lunga. Dobbiamo continuare a informare e sensibilizzare i cittadini sui rischi degli OGM, promuovere un’agricoltura basata sulla biodiversità e sostenere i piccoli produttori locali.

Qual è stato il tuo ruolo in questa campagna?

Come responsabile delle campagne del Centro Internazionale Crocevia, ho lavorato a stretto contatto con l’Associazione Rurale Italiana per redigere la bozza di delibera che abbiamo poi diffuso a tutti i comuni italiani. Abbiamo organizzato incontri e seminari per spiegare le implicazioni della deregolamentazione degli OGM e incoraggiare i cittadini a mobilitarsi.

Quali sono i prossimi passi per il comune di Poppi?

La delibera prevede una serie di impegni concreti che il comune si è assunto. Oltre all’installazione di cartelli che dichiarano Poppi “libera dai nuovi OGM”, il comune si impegna a vietare l’utilizzo di OGM nelle mense scolastiche e negli appalti pubblici, a promuovere l’agricoltura biologica e le produzioni locali, e a organizzare iniziative di educazione alimentare per i cittadini.

Il comune sembra determinato a portare avanti questi impegni?

Sì, l’approvazione all’unanimità della delibera e l’entusiasmo con cui l’amministrazione comunale ha accolto la nostra proposta mi fanno ben sperare. Sono convinto che Poppi diventerà un esempio virtuoso di come un piccolo comune può fare la differenza nella difesa della biodiversità e della sovranità alimentare.

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