La Terra dei fuochi non è mai finita. Intervista a Don Patriciello

Parla della sua Caivano, di quell’angolo di paese conosciuto ormai come la Terra dei fuochi, di quelle campagne avvelenate da esalazioni tossiche che hanno distrutto l’ambiente.

Parla della sua Caivano, di quell’angolo di paese conosciuto ormai come la Terra dei fuochi, di quelle campagne avvelenate da esalazioni tossiche che hanno distrutto l’ambiente.

Incontriamo don Maurizio Patriciello a Reggio Calabria, ospite per la prima volta nella città dello Stretto, in un incontro sull’ambiente violato organizzato da Patto civico.

È al sud per raccontare un pezzo di un altro sud, quello dove il fumo tossico uccide più che nel resto d’Italia, dove il tumore si espande a macchia d’olio, dove il terreno è stanco e ridà all’uomo anni di rifiuti interrati.

Caivano riesce ad essere una straordinaria terra e contemporaneamente una fabbrica di morte.

“Una terra che negli ultimi anni è stata stuprata in un modo incredibile e quindi vivere a Caivano, significa impegnarsi per ritornare da dove si era partiti. Non è facile, le resistenze sono tante, c’è la camorra, ci sono i colletti bianchi che si sono inzozzati,c’è stata una politica che non ha fatto il suo dovere e c’è stata un’industria disonesta”, dice padre Maurizio a ridosso dell’evento.

Una situazione che secondo il sacerdote della Terra dei fuochi non esiste solo in Campania, perché il problema è alla base e vive nel rapporto malato che c’è tra l’industria illegale e il territorio.

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Il riferimento non può non essere a tutto quel mondo della produzione che smaltisce rifiuti in maniera illecita e a un gap normativo che è stato colmato solo nel 2015 con la legge 68, la cosiddetta legge sui reati ambientali.

“Prima di allora, succedeva di tutto e di più – spiega don Maurizio – ma non c’erano strumenti per punire i colpevoli, perché paradossalmente interrare rifiuti tossici o qualsiasi altra sostanza non costituiva reato”.

L’essere umano e il territorio sono gemelli siamesi se si ammala quest’ultimo, non possiamo che avere ripercussioni tutti.

Siamo acqua, aria e suolo, se li avveleniamo è normale che ci avveleniamo, siamo anche un po’ stupidi in questo senso, però quando ci sono gli interessi milionari, questa gente non guarda in faccia nessuno, forse siamo noi che dobbiamo alzare la testa e guardare in faccia loro”, dice.

Il numero dei tumori tra Napoli e Caserta è aumentato a dismisura, don Patriciello ricorda quelle cartoline di mamme che hanno perso i loro bambini, inviate al Papa, quei pomodori tossici poggiati sull’altare per dimostrare ciò che la terra è diventata e quell’odore nauseabondo di fumo che entra nei polmoni e non esce più.

Situazioni che toccano anche la Calabria e altre zone d’Italia, situazioni scomode che per anni, sono state sottaciute dalle Istituzioni e di cui non si è dato riscontro nell’opinione pubblica.

“Quando Carmine Schiavone si pente siamo nel 1997, quando Nunzio Perrella ha iniziato a parlare e raccontare ciò che veniva fatto sotto il terreno siamo nel 1992, quando il commissario di Polizia Roberto Mancini fa la sua informativa siamo nel 1996. Ma tutte questi documenti vengono poi secretati, chiusi in un cassetto. Li abbiamo potuti leggere solo l’anno scorso, perché sono rimasti nascosti? È questo quello che la gente vuole sapere”.

terradeifuochi

Domande lecite che ad oggi non trovano risposte o forse ci sono e le conosciamo molte bene. Eppure lo scenario è quello di una guerra ambientale. Il fumo nero, i rifiuti per strada, i palazzi allineati con gli intonaci scrostati dove si concentra la povertà. Quella economica, ma anche quella sociale, culturale.

“Non c’è niente di più sbagliato che ammassare le povertà, dove il più forte detta legge. Caivano è questo è cemento, fame e camorra”, dice amaramente, ma poi continua: “C’è sempre bisogno di qualcuno che ci metta la faccia, che corra qualche rischio, ma quando si hanno le idee chiare, si ha un amore sviscerato per la nostra terra, qualcosa si ottiene”.

La lunga battaglia di Caivano ha sicuramente contribuito all’approvazione della legge sui reati ambientali, che stava da anni nel dimenticatoio parlamentare.

E don Patriciello continua:

“Sono un prete e basta, perché quando mi chiamano ‘prete anticamorra’ o ‘prete ambientalista’ a me viene da ridere. La gente mi ha seguito forse per questo, non sono un politico e non ho interessi in tal senso, ci credo e basta, perché Apostolo significa mandato”.

Non è mancata in questi anni la paura, ma bisogna continuare a lottare perché anche quando i roghi sembrano diminuire, in realtà sono spostati solo da un’altra parte. E dove bruciano? Bruciano in periferia.

E se le vittime innocenti hanno smosso qualche coscienza, purtroppo la strada è tutta in salita, perché la Terra dei Fuochi non è una storia dimenticata.

Dominella Trunfio

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