Il Centro Olio di Viggiano (Cova) resta chiuso per volere della stessa Eni, ma i danni già ci sono. Lo sversamento di idrocarburi avvenuto a febbraio scorso ha infatti causato una migrazione della contaminazione, rilevata da Arpab (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Basilicata)
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Il Centro Olio di Viggiano (Cova) resta chiuso per volere della stessa Eni, ma i danni già ci sono. Lo avvenuto a febbraio scorso ha infatti causato una migrazione della contaminazione, rilevata da Arpab (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Basilicata), che però smentisce l’interessamento del fiume Agri e del Lago Pertusillo.
L’Agenzia ha pubblicato ieri i risultati dei rilievi del 24 febbraio e del 14 marzo e assicura che ora la situazione è sotto controllo, non essendoci evidenza di interessamento delle acque del fiume Agri né del lago Pertusillo, nei pressi dei quali si trova l’impianto temporaneamente chiuso.
Non si sono infatti evidenziati fenomeni di tossicità, né incrementi dei valori sulle sostanze considerate pericolose, e persino gli idrocarburi sembrano nella norma. L’allerta però resta alta, perché la contaminazione ha interessato il torrente Fossa del Lupo, affluente del fiume Agri.
Per ricostruire la dinamica completa dell’accaduto e avere dettagli sullo stato attuale della situazione, abbiamo intervistato Edmondo Iannicelli, Direttore Generale dell’Arpab.
COSA È ACCADUTO
“La questione nasce il 3 febbraio scorso su segnalazione del Consorzio Asi che aveva ricevuto delle acque apparentemente contaminate da idrocarburi nel depuratore del Consorzio stesso – ci spiega Iannicelli – Il giorno successivo, il 4, Eni ha comunicato di registrare acqua inquinata da idrocarburi. Il 7 ha poi fatto una dichiarazione nella quale conferma di aver rinvenuto liquido con presenza di idrocarburi ad una profondità di 6 metri in adiacenza ad un boschetto vicino al muro perimetrale”.
Dati preliminari che sembravano già piuttosto allarmanti e che hanno spinto l’Arpab ad attivare una convenzione in corso con l’Ispra. Così, già il 24 febbraio era stata convocata una riunione tra Arpab, Ispra e Regione Basilicata e l’8 marzo i tecnici dell’Arpab e quelli dell’Ispra hanno effettuato un sopralluogo congiunto presso il Cova per la verifica e la valutazione delle attività.
Attualmente sono in corso sia la messa in sicurezza, che la caratterizzazione dei luoghi inquinati che porterà alla bonifica dei danni già fatti. E già qui sono sorti i primi problemi. “Per la messa in sicurezza sono stata date delle prescrizioni ad Eni molto puntuali – continua il Direttore – tra cui relazioni bisettimanali sullo stato dei campionamenti e delle analisi. Ma non abbiamo ricevuto nulla”.
Stazioni indagate dall’Arpab – Image credits: Arpab
QUAL È LA SITUAZIONE ORA
“Il 10 aprile i nostri tecnici, a seguito dei risultati delle analisi sulle acque sotterranee di zone interne ed esterne al Cova, hanno confermato una situazione di grave contaminazione e di diffusione di questa all’esterno del Cova” sottolinea Iannicelli.
“Solo il giorno successivo Eni, nonostante fosse stata più volte sollecitata, ci ha mandato un report (che a noi in realtà è arrivato il 13), dal quale si evinceva che le concentrazioni rilevate superavano il limite previsto per lo scarico nelle acqua superficiali, pari a 0.2 mg/L per il parametro dei solventi aromatici (liquidi altamente inquinanti, N.d.R.), con un tendenza all’aumento”.
Malafede? Questo non possiamo affermarlo con certezza. Ma i ritardi sono certi. “La cosa ancora più grave è che il laboratorio del quale si era servito Eni già il 9 marzo aveva effettuato le analisi, pronte il 22 marzo, e registrato un superamento pari a 0.4 – spiega infatti il Direttore – Ora, dal 22 marzo all’11 aprile sono trascorsi circa 20 giorni perché Eni ci comunicasse la contaminazione da solventi organici aromatici, che il 6 aprile era addirittura di 1.130 mg/L, quindi 5 volte il limite”.
“Dunque, oltre alla mancata osservanza delle prescrizioni (rilevamenti, rapporti) si somma il fatto che avrebbero dovuto comunicare le difficoltà di ottemperare, ma non l’hanno fatto e non hanno nemmeno portato a termine il bilancio di massa del serbatoio A (la perdita viene dai serbatoi)”.
Ritardi, inadempienze. Una serie di cause concatenate che hanno portato ad un diffusione della contaminazione che minaccia le acque lucane limitrofe. “Alla vigilia di Pasqua abbiamo segnalato a tutte le autorità (Prefettura, Regione) la migrazione della contaminazione nel torrente Fossa del Lupo, un affluente del fiume Agri che si butta nel lago Pertusillo” spiega ancora il Direttore.
“Il nostro allarme di inquinamento ambientale che stava per propagarsi al Fossa del Lupo ha portato ad attivare l’ingegnere della Provincia, che Sabato mattina è andato a fare dei rilievi fotografici in situ. La situazione è molto seria e ha indotto la Regione a sospendere per 90 giorni l’attività del Cova. Lo stesso Descalzi (amministratore delegato Eni, N.d.R.), prima dell’avvenuta delibera della Regione, ha autonomamente sospeso il funzionamento del Cova. Questo la dice lunga…”.
Stazione 1 diga del Pertusillo presso sbarramento – Image credits: Arpab
Visto l’interessamento dell’affluente Fossa del Lupo, l‘inquinamento ha dunque coinvolto anche il fiume Agri e il lago Pertusillo?
“Tutte le misure dell’emergenza servono proprio a tutelare le acque del Pertusillo – rassicura Iannicelli – Ad oggi non abbiamo alcun dato sulla diga del Pertusillo. Siamo intervenuti immediatamente proprio per evitare che la contaminazione si propagasse”.
“In ogni caso il giorno di Pasqua ho dato disposizione alle nostre squadre perché venisse implementato il piano di monitoraggio per la tutela delle acque, in particolare nella Fossa del Lupo alla confluenza nell’Agri, il fiume Agri stesso a monte e a valle della confluenza stessa e a valle dei suoi affluenti. C’è da dire che la stessa Eni Sabato sera ha messo in essere gran parte di quelle prescrizioni con misure più puntuali per evitare di inquinare Fossa del Lupo”.
I danni comunque ci sono. Cosa si farà ora?
“Eni ha presentato una prima caratterizzazione ma la Conferenza dei Servizi l’ha respinta chiedendo e ulteriori integrazioni. Per cui la compagnia ha presentato una seconda caratterizzazione. Si riunirà nuovamente la Conferenza dei Servizi e in quella sede si deciderà come procedere alla bonifica. Ora è importante fermare l’emergenza e bloccare l’inquinamento” conclude il Direttore.
IL PUNTO DI VISTA DI ENI
Eni, comunque, conferma di aver adempiuto a tutte le prescrizioni imposte dagli enti competenti “che sono sempre stati tenuti informati sulle attività di intervento e di monitoraggio ambientale in corso”. Ha deciso comunque di chiudere temporaneamente l’impianto “per rispetto delle posizioni espresse dal territorio, dal Presidente della Regione e dalla Giunta Regionale” e assicura di essere a lavoro per verificare le condizioni di sicurezza per lo svolgimento delle attività di esercizio.
Per ora, tuttavia, non si sono dimostrati disponibili a rispondere alle nostre domande.
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L’aggiornamento sicuramente ci rassicura sullo stato dell’Agri e del Pertusillo, che – ricordiamo – è la grande diga lucana da 155 milioni di metri cubi di acqua che arriva fino all’Acquedotto pugliese. Resta comunque un velo di preoccupazione per l’accaduto nonché di perplessità sulle politiche ambientali.
Per maggiori dettagli sulle analisi di Arpab è possibile collegarsi a questo link.
Roberta De Carolis