Gli scienziati compiono le prime misurazioni sull’Einsteinio, elemento quasi sconosciuto ai confini della tavola periodica

Altamente radioattivo, quasi impossibile da mantenere stabile in discrete quantità, eppure ora l’Einsteinio è “misurabile”

Altamente radioattivo, quasi impossibile da mantenere stabile in discrete quantità, eppure ora l’Einsteinio è “misurabile”: un team del Berkeley Lab, del Los Alamos National Laboratory e della Georgetown University (Usa) è riuscito a dimostrare alcune proprietà chimico-fisiche di questo misterioso quanto straordinario elemento.

L’Einsteinio (simbolo chimico: Es) è l’elemento 99 della tavola periodica (il che significa che ha 99 protoni e quindi 99 elettroni): di origine sintetica, fu prodotto in laboratorio nel novembre del 1952, nel corso dell’esame dei detriti del primo test della bomba a idrogeno. Il suo nome deriva dal celeberrimo fisico Einstein, che però era fortemente contrario a questo ordigno.

Fu un team di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory, dell’Argonne National Laboratory e del Los Alamos Scientific Laboratory guidato da Albert Ghiorso a “trovare” tramite analisi chimica l’elemento nei detriti raccolti. Aveva massa 253, e fu chiamato Einsteinio (la pubblicazione dei risultati avvenne poi nel 1955, insieme alla scoperta del fermio, l’elemento n. 100).

Le quantità erano minuscole, meno di 200 atomi, peraltro altamente instabile perché radioattivo, e quindi non era mai stato possibile effettuare misure chimico-fisiche per capirne le proprietà e prevederne il comportamento, anche se qualche anno dopo, nel 1961, gli scienziati riuscirono ad averne una quantità sufficiente perché si potesse vedere ad occhio nudo. Ma, dimezzandosi rapidamente (emivita pari a 20,5 giorni), è stato sempre quasi impossibile saperne di più.

Fino ad oggi: i ricercatori sono infatti riusciti a studiare un complesso di coordinazione dell’Es ovvero un composto chimico in cui all’Es sono legati diverse altre molecole, in questo caso a base di idrossipiridinone organico. Il tutto nonostante si disponesse di meno di 200 nanogrammi.

E, come ormai accade molto spesso, questa non è solo una singolare quanto affascinante scoperta scientifica.

“Non si sa molto sull’Einsteinio – spiega infatti Rebecca Abergel, che ha guidato la ricerca – È un risultato straordinario: siamo stati in grado di lavorare con questa piccola quantità di materiale e di fare chimica inorganica. È significativo perché più comprendiamo il suo comportamento chimico, più possiamo applicare questa comprensione per lo sviluppo di nuovi materiali o nuove tecnologie, non necessariamente solo con l’Einsteinio, ma anche con il resto degli attinidi (gruppo di elementi della tavola periodica con particolari caratteristiche chimico-fisiche di cui Es fa parte, N.d.R.). E possiamo stabilire i trend nella tavola periodica”.

Ne vedremo dunque delle belle (speriamo!) per la scienza e la tecnologia.

Il lavoro è stato pubblicato su Nature.

Fonti di riferimento: Berkeley Nuclear Engineering / Nature

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