Qual è il reale impatto dei vaccini anti-covid sul rischio trombosi? Il maxi-studio su oltre 5 milioni di persone

Secondo un vasto studio pubblicato su Nature, trombosi, piastrinopenia e trombosi con piastrinopenia potrebbero essere più frequenti in quanti hanno contratto il Covid-19 senza aver fatto il vaccino

Il rischio di eventi tromboembolici potrebbe essere di 7 volte maggiore tra i pazienti infettati con SARS-CoV-2 rispetto alla popolazione generale. Quanto all’embolia polmonare, il rischio potrebbe arrivare a oltre 12 volte. Di contro, la possibilità di un evento avverso di questo tipo diminuirebbe di 1,12 volte tra coloro che hanno fatto il vaccino anti-Covid rispetto alla popolazione generale prima della pandemia.

È quanto emerge da un mega studio pubblicato su Nature che ha esaminato 5,6 milioni di vaccinati (3,7 milioni di persone con Vaxzevria di Astrazeneca e 1,8 milioni con Comirnaty di Pfizer) nel Regno Unito, indagando l’incidenza di trombosi, piastrinopenia e trombosi con piastrinopenia, a confronto con i dati di 400mila altre persone che sono state contagiate con il virus e che non erano precedentemente vaccinate.

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In pratica, anche se si considera che nel maggio del 2021 la vaccinazione con Vaxzevria poteva provocare trombosi associata a piastrinopenia in un caso ogni oltre 106mila dosi somministrate, il rischio portato dal virus sarebbe stato – secondo lo studio – molto maggiore.

Lo studio

I dati di confronto sulla popolazione generale provengono da coorti di popolazioni esaminate per gli stessi parametri prima della pandemia, in altri studi, per un totale di 9,4 milioni di persone.

Dai risultati emerge che, se la popolazione vaccinata si fosse contagiata prima di ricevere una dose, avrebbe avuto un rischio molto maggiore di incorrere in eventi tromboembolici.

tassi trombosi

©Nature

In più, dai dati di 5,6 milioni di persone viene fuori che oltre 6 pazienti vaccinati su 10 che hanno manifestato un evento di questo genere avevano almeno un’altra condizione patologica pregressa associata o usavano un farmaco associato a rischio tromboembolico.

Lo studio, infatti, si basa sui dati di contagiati e vaccinati nel periodo dal 1 settembre 2020 al 2 maggio 2021, quindi per lo più sulle persone più fragili e più anziane, spesso con altre malattie croniche. Per contro gli infettati non vaccinati erano statisticamente più giovani e sani.

Secondo, che il rischio fra i vaccinati di presentare questi episodi di tromboembolismo venoso, risultava più elevato dell’atteso, sebbene comunque molto basso, solo dopo la prima dose, mentre dopo la seconda dose era addirittura diminuito, un dato che suggerisce l’assenza di uno stato ipercoagulativo in associazione alla risposta immunitaria.

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Fonte: Nature

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