Addio Domingos Mahoro, il coronavirus si porta via il grande guerriero indigeno Xavantes

Addio a Domingos Mahoro, il leader indigeno del Mato Grosso è morto dopo aver contratto il Covid-19. Se ne va una figura importante per la comunità

Addio a Domingos Mahoro, il leader indigeno del Mato Grosso è morto dopo aver contratto il Covid-19. Con lui se ne va una delle figure più importanti per la comunità, era infatti responsabile della cooperativa indigena e coordinatore della salute.

Domingos Mahoro aveva appena 60 anni e purtroppo non ce l’ha fatta. Era stato trasferito proprio ieri all’ospedale di Santa Casa, a Cuiabá in Terapia intensiva, ma era dal 25 giugno in gravi condizioni. Nella sua regione, non c’era stato posto in ospedale e la famiglia si è dovuta rivolgere ad un tribunale per richiedere il trasferimento urgente. Attualmente sono più di 100 gli Xavantes con diagnosi di Covid-19.

A ricordarlo sui social, tra i tanti, c’è anche Massimo Canevacci, professore di Antropologia Culturale all’Università sapienza di Roma e al’Instituto de Estudos Avançados na Universidade de São Paulo (IEA/USP). L’antropologo aveva scritto del cacique diverse volte e nel tempo erano diventati amici incontrandosi a Iguaçù, a Roma e a Sangradouro.

“Persona dalla dolcezza guerriera, mescolava la calma e l’eloquio di chi difende il suo popolo con la determinatezza che gli Xavantes sanno dimostrare di fronte a fazendeiros e politicanti. Ma il virus è un nemico più infido e sottile. Da tempo sapevo della situazione drammatica a Sangradouro e in generale di tutte le culture indigene per l’irresponsabile politica etnocida di Bolsonaro, che ora pare sia infettato”, spiega Canevacci.

Della situazione drammatica in cui versano i popoli indigeni ne abbiamo parlato tante volte, completamente abbandonati a loro stessi, non hanno strutture per potersi curare e sono soggetti a rischio per via delle basse difese immunitarie. Non stanno ricevendo aiuti dal governo Bolsonaro che al contrario continua ad agevolare il depauperamento delle loro risorse e più volte hanno lanciato un disperato grido di aiuto a tutte le autorità pubbliche, dal governo federale, a quelli provinciali, ai comuni, chiedendo non solo risposte più efficaci sul versante dei servizi sanitari, ma anche il rispetto della loro identità e dei loro affetti nel momento della morte.

Canevacci ricorda poi, quando il leader indigeno era venuto a Roma.

“Andammo a Porta Portese perché doveva comprare abiti per moglie e figli. Ne trovò diversi del color rosso che ha un significato profondo. Quando chiedemmo il conto al proprietario della bancarella, rispose che non voleva soldi, che aveva visto Domingos in TV e che lo aveva impressionato. L’ultima volta mi portasti in macchina verso il pullman sentendo musica locale e ridevi mentre ti prendevo in giro. Mi regalasti due lunghe frecce e ci abbracciammo. Come tanti nativi, i migliori, riaffermava la bellezza dei rituali specie della Foraçao da Orelhas, danzando come nella foto; se doveva uscire dal villaggio si vestiva “normalmente” e i palitos tra i lobi delle orecchie simboleggiano gli Xavantes. Sempre. Addio dolce guerriero”.

Fonti: Jornal o Diario/ Massimo Canevacci Facebook/Globo.com

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