Secondo un nuovo studio italiano la dieta chetogenica normocalorica potrebbe aiutare a proteggere dagli effetti più gravi del coronavirus
Può l’alimentazione essere un’arma a nostro favore anche contro il coronavirus? Se bene usata, probabilmente sì. È quanto sostiene una nuova ricerca italiana che ritiene la dieta chetogenica normocalorica un sistema utile a proteggere dalla mortalità per Covid-19.
Il nuovo studio pilota, di cui un’anteprima è stata pubblicata sulla rivista Nutrition nell’attesa dello studio scientifico completo, è opera del noto infettivologo italiano Matteo Bassetti e del Direttore responsabile UOD Dietetica e Nutrizione Clinica del Policlinico San Martino di Genova, Samir Giuseppe Sukkar.
Entrambi gli studiosi hanno dato notizia della ricerca sul proprio profilo Facebook.
Lo studio parte da un presupposto: le forme più gravi di Covid-19 sono caratterizzate dalla “sindrome da tempesta di citochine” (CSS) e dalla coagulazione intravascolare disseminata (DIC).
La CSS è caratterizzata da sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), shock settico, seguita da insufficienza multiorgano e coagulazione intravascolare disseminata (CID), che rappresentano le principali cause di mortalità.
La tempesta di citochine è più frequentemente osservata nei pazienti con diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari e obesità che, non a caso, sono proprio tra le persone più a rischio di complicanze per Covid-19.
Sulla tempesta di citochine sarebbe in grado di agire una dieta chetogenica normocalorica (EKD). Il termine “dieta chetogenica (KD)” descrive una varietà di diete di composizione variabile che sono ricche di grassi, molto povere di carboidrati e sono classicamente composte da un rapporto macronutriente 4: 1 di grasso-proteine (che varia a seconda del apporto calorico) e carboidrati inferiori a 30 g / giorno.
Lo studio ha dunque ipotizzato che tale tipo di alimentazione, riducendo l’apporto di glucosio dalla dieta, possa favorire il processo antinfiammatorio attraverso la modulazione del metabolismo immunitario.
Una dieta chetogenica normocalorica sarebbe in grado di ridurre la disponibilità di glucosio per la glicolisi aerobica (effetto Warburg-like) nei macrofagi M1. L’obiettivo principale di questo approccio è quello di inibire l’iperattivazione degli M1, che provoca la sovrapproduzione di citochine proinfiammatorie, con conseguente accumulo eccessivo di monociti, neutrofili e piastrine.
Ci sono diverse evidenze scientifiche precedenti a sostegno di questa tesi (le potete trovare nell’articolo su Nutrition) ma per avere un’ulteriore conferma il nuovo studio controllato randomizzato è stato sviluppato presso l’IRCCS San Martino di Genova e presentato al Comitato Etico Regionale (protocollo KETOCOV-1 10517).
Questo prevede il trattamento di pazienti con COVID-19 di gravità moderata in centri ospedalieri utilizzando un EKD con cibo mediterraneo naturale. Lo scopo principale è cercare di prevenire la progressione verso la CSS, ridurre la mortalità e il trasferimento a unità di terapia subintensiva intensiva o prevenire la necessità di pressione positiva continua delle vie aeree (CPAP) o intubazione.
Alla luce di questi possibili presupposti, un protocollo nutrizionale internazionale potrebbe essere avviato nei pazienti durante i primi giorni dei sintomi del COVID-19, utilizzando un trattamento metabolico per la prevenzione di una malattia in cui approccio terapeutico è ancora molto limitato.
Come ha fatto sapere il professor Sukkar, a breve saranno pubblicati anche i risultati del lavoro pilota che dimostra la validità della loro ipotesi.
Ci teniamo a precisare, che si tratterebbe comunque di un piano terapeutico nutrizionale prescritto a pazienti già malati, sotto supervisione medica, anche perché essendo questo tipo di dieta molto proteica e “sbilanciata” si sconsiglia assolutamente il fai-da-te e di intraprendere questo regime alimentare senza il supporto di un nutrizionista.
Fonti: Nutrition / Facebook
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