Una volta sentita parlare non vi chiederete chi sia, ma perché non l'avevate sentita prima. Lei è una donna di scienza, ma sembra proprio essere sempre guidata dal cuore e dall'amore e, certo, da una fisica nessuno se lo aspetterebbe.
Vandana Shiva. Una volta sentita parlare non vi chiederete chi sia, ma perché non l’avevate sentita prima. Lei è una donna di scienza, ma sembra proprio essere sempre guidata dal cuore e dall’amore e, certo, da una fisica nessuno se lo aspetterebbe.
Leader della rivoluzione verde del ’93, Vandana Shiva lotta da anni per il cibo, l’acqua, la libertà dei popoli, la biodiversità e la terra.
Ne i suoi “Le guerre dell’acqua” e “Ritorno alla terra” permette a chi la legge di inquadrare agevolmente la società e i soprusi che da sempre popoli di coltivatori e popolazioni tribali subiscono, ritrovandosi in un soffio senza più nulla: terra, semi, acqua, biodiversità, vita: “La globalizzazione ha generato una nuova schiavitù, un nuovo olocausto, un nuovo apartheid. È una guerra contro la natura, contro le donne, contro i bambini, contro i poveri. È una guerra di culture monolitiche contro la diversità, del grande contro il piccolo, di tecnologie da guerra contro la natura. Agent Orange, l’agente chimico che fu spruzzato sul Vietnam, ora ricopre le nostre fattorie come erbicida“.
Nel suo ultimo libro “Fare pace con la terra” Vandana Shiva denuncia come sia in atto una vera e propria guerra contro la terra che diventa così presto una guerra contro i contadini, i popoli, i campi, le foreste, l’acqua, il cibo, gli esseri umani: “...Dobbiamo fare pace con la Terra sia perché se lo merita, sia perché è l’unico modo di proteggere i diritti umani.”
Non ha peli sula lingua e non usa mai giri di parole. Il suo lessico è semplice, chiaro senza possibili fraintendimenti e così quando ricorda le colpe dettate dallo sfruttamento delle multinazionali a spese dei popoli e delle risorse un lettore o un ascoltatore attento non può esimersi dall’analisi della proprie scelte.
Parlando dei biocarburanti si pronuncia con una lucidità unica”…sono un’altra soluzione proposta per far fronte all’impennata del prezzo del petrolio e per ridurre le emissioni di gas serra, facendo a meno dei combustibili fossili. Entrambe le pretese sono false: i biocarburanti usano più combustibile fossile di quello che vanno a sostituire. I biocarburanti stanno aumentando le emissioni, distruggendo acri di foreste in Amazzonia e in Indonesia. Ecco perché non sono un’opzione verde e non dovrebbero essere considerati come energia verde.”
Vandana Shiva denuncia fortemente l’uso degli OGM da parte di multinazionali come Monsanto che influendo sui governi hanno cercato di inserire come colture predominanti le proprie: in India prima del lavoro del suo gruppo più dell’80% delle coltivazioni di cotone erano gestite con uso massiccio di fertilizzanti, diserbanti e pesticidi; poi la popolazione ha compreso che potevano fare a meno di tutto questo con risparmio di risorse e rispetto della terra e così, ora, dopo anni di lavoro e di diffusione culturale quello che troviamo è che gran parte delle coltivazioni di cotone sono state convertite al biologico, portate avanti da gruppi famigliari e di donne che insieme nutrono e lavorano la terra raccogliendone i frutti.
Vandana Shiva insegna ai popoli l’amore, il rispetto e l’autodeterminazione, insegna come salvare i semi come fonte preziosa e libera di vita grazie alla creazione del gruppo Navdanya (“Nove semi”) avvenuta nel 1991.
Un mondo fatto da semi creati per distruggersi, semi che produrranno una sola volta senza dare vita ad altre generazioni, perché creati e brevettati per non farlo, non è un mondo sano e soprattutto è un mondo sotto scacco di corporation atte a fare quello per cui sono state create :guadagnare senza condizioni né limitazioni.
In “The Corporation”, documentario del 2003 di Mark Achbar e Jennifer Abbott, lo ribadisce con forza e benché siano passati più di dieci anni ci ritroviamo a riaffermare la validità del suo pensiero: “…i semi come bene comune, qualcosa che le persone possano procurarsi da soli, proprio come i giovani vogliono open source software, tutti nel mondo vorranno semi open source e non semi OGM posseduti e brevettati da corporation”. Il punto più importante naturalmente è che tutti dobbiamo vedere i semi come il primo anello nella catena alimentare. Senza la sovranità dei semi, non c’è la sovranità alimentare, se perdiamo i nostri semi, perdiamo la nostra libertà. Durante la guerra del Vietnam Kissinger, che provava a controllare il Vietnam attraverso il cibo, disse “Quando controlli l’esercito, controlli un governo, quando controlli il cibo, controlli le persone”. Io aggiungerei che quando controlli i semi, controlli la vita.”
Ad oggi più di 6mila villaggi in India non hanno permesso gli Ogm nei loro territori.
Kia – Carmela Giambrone
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