Ieri, la 17enne neozelandese Britney Trifford ha zittito la platea del Summit di Rio, come vent'anni fa aveva fatto Severn Suzuki
Rio de Janeiro, 1992. La 12enne canadese Severn Suzuki sale sul palco in occasione del vertice delle Nazioni Unite e zittisce la platea con la sua acuta analisi dei problemi che affliggono la Terra. Oggi, esattamente 20 anni dopo, la storia si ripete. Questa volta a lanciare un messaggio ai governi di tutto il mondo per Rio+20 è stata Britney Trilford, 17enne neozelandese che ieri ha inaugurato il primo giorno di incontri.
È tempo di agire, ha detto Britney, “l’orologio è scattato” e che bisogna quindi fare molto di più. Confusa e arrabbiata, così si è definita le giovanissima neozelandese, che ha chiesto garanzie per un futuro all’insegna della sostenibilità: “Dobbiamo lavorare insieme per cambiare. Ci avete promesso di combattere la povertà, lo sviluppo sostenibile, la lotta contro i cambiamenti climatici. Le multinazionali si sono impegnate per rappresentare l’ambiente, il nostro futuro è in pericolo“, ha sottolineato. Solo 72 ore, appena tre giorni, ha ricordato Britney per decidere le sorti dei bambini di tutto il mondo, che un giorno saranno uomini e che si ritroveranno ad abitare un mondo in preda all’inquinamento.
“Il nostro futuro è sempre in pericolo… siete qui per curare la vostra immagine o per salvarci, per fare un mondo migliore?”. Forte la sua accusa, che ricorda molto quella di Suzuki, che 20 anni fa aveva puntato il dito contro i grandi della Terra, riunitisi a Rio, accusandoli della mancanza di soluzioni per salvare il pianeta dall’incuria umana: “Non sapete come si fa a riparare i buchi nello strato di ozono, non sapete come riportare indietro i salmoni in un fiume inquinato, non sapete come si fa a far ritornare in vita una specie animale estinta, non potete far tornare le foreste che un tempo crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come fare a riparare tutto questo, per favore smettete di distruggerlo“.
Oggi la stessa Severn Suzuki, ormai 32enne, è presente al summit. Con più convinzione di allora, Severn è tornata a Rio, là dove 20 anni fa aveva lasciato il mondo a bocca aperta, con l’eco delle sue parole che non smette di seguirla: “Siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo. Mondo, non è forse arrivato il momento di svegliarsi?”
Sono trascorsi vent’anni, cosa è realmente cambiato? E il tempo intanto scorre…tick tick tick.
Leggi anche: Severn Suzuki, la bambina che zittì il mondo per sei minuti ma nulla cambiò