Abbiamo fatto visita agli stabilimenti Danone di Casale Cremasco per verificare di persona l'impegno green della multinazionale spagnola
Tutte le aziende, tranne veramente le pochissime anacronistiche, oggi si avvicinano alla sostenibilità. Il perché è presto detto. Il consumatore diventa sempre più consapevole: legge di più ed è meno dipendente dai messaggi pubblicitari tradizionali. Così anche in Italia si cominciano sempre di più a premiare quelle aziende che realmente fanno qualcosa oltre che per il profitto anche per la comunità ed il contesto in cui si collocano ed intendono vendere i propri prodotti. Per una multinazionale tutto questo è molto più difficile, per molti motivi.
Per qualcuna sono direttamente imputabili (la smania da profitti per azionisti menefreghisti) all’azienda stessa, in altri casi le aziende sono comunque responsabili (ad esempio un fornitore non leale), per altri, pagano il prezzo degli errori del passato. Il risultato è che ogni azione è tacciata di greenwashing. La nostra idea è che la sostenibilità deve essere abbracciata per il nostro stesso bene, credendoci veramente, senza guardare al passato ma osservando il presente e monitorando il futuro.
Così abbiamo risposto all’invito della Danone, azienda di nascita spagnola (1919) oggi multinazionale presente su tutti i principali mercati del globo, i cui prodotti si concentrano sull’alimentazione e salute (attraverso l’alimentazione).
Ora però, la semplice attenzione alla salute del consumatore non basta più. In un momento di grande interesse verso le tematiche ambientali ed ecologiche, Danone ha deciso di aumentare il proprio impegno attraverso la creazione di un vero e proprio piano strategico che prende il nome di Obiettivo Nature. L’intento è quello di ridurre del 30% le emissioni di CO2.
Un traguardo considerevole, che l’azienda con sede a Casale Cremasco si propone di raggiungere attraverso un’attenta misurazione di ciò che viene prodotto e la riduzione degli sprechi e delle sostanze inquinanti, come la plastica e nella compensazione.
Per renderci conto di ciò che sta effettivamente succedendo in casa Danone, siamo andati a visitare lo stabilimento di Casale Cremasco, in modo da poter verificare più approfonditamente quale sia la reale entità del cambiamento promesso.
Ci accolgono Gianluca Mormile, il direttore dello stabilimento e Simone Ceruti, direttore delle relazioni esterne di Danone.
Ci raccontano, con dovizia di particolari, l’impegno del gruppo a favore dell’ambiente, che parte, prima di tutto, dall’attenzione alla location: Danone si sta impegnando, insieme al comune di Casale, per la costruzione di una pista ciclabile che renda accessibile lo stabilimento ai dipendenti che scelgono la bici come mezzo di trasporto.
L’idea è nobile e testimonia un reale interesse al benessere dei dipendenti e degli abitanti del luogo.
Veniamo poi introdotti nelle iniziative specifiche del gruppo a favore dell’ambiente ma anche del sociale.
Danone per Haiti, per esempio, il progetto con cui l’azienda, insieme alla fondazione Rava, contribuisce a sostenere e finanziare attività legate alla nutrizione della popolazione di Haiti.
Essenziale, come ci spiegano le due figure di riferimento del gruppo, è la protezione delle risorse acquifere e la riduzione dei consumi. Già nel 2009, Danone ha raggiunto una riduzione dell 11% nel consumo di acqua nella produzione. Anche se rimane un produttore di acque minerali (non più in Italia).
L’impegno di Danone è più visibile con il packaging. Prima di tutto, la riduzione dell’immensa quantità di cartone con cui venivano tenuti insieme i vasetti fino a qualche tempo fa. Certo, tutta quella superficie è molto utile ai pubblicitari, perché è magnificamente riempibile con loghi, scritte, eventi e frasi promozionali atte ad incoraggiare i consumatori e invogliarli all’acquisto. Anche se a scapito della pubblicità, Danone ha deciso di eliminare quel cartone, ove possibile (ad esempio non è possibile con le confezioni da otto vasetti di yogurt) ricorrendo ad un materiale particolare, il Foam, una plastica speciale con una significativa presenza di bolle d’aria al suo interno, cosa che permette di ridurre il peso del vasetto, togliere il cartone in eccedenza e ridurre la quantità di plastica di almeno un 20 %.
Inoltre, sempre parlando di materiali, le bottiglie sono tutte realizzate in PET, ma il reparto di ricerca sta lavorando alla possibilità di utilizzare Repet, il Pet riciclato.
Un problema scomodo e complesso, per quanto concerne l’agricoltura sostenibile, altro ambito che Danone cura con attenzione, è quello di ridurre l’emissione gassosa prodotta dalle mucche. Allo scopo, è stato studiato un particolare mangime, cioè un pastone con aggiunta di Lino. Meglio che altre cosacce certo, anche se preferiamo il pascolo. L’attenzione alla biodiversità è costantemente monitorata attraverso il Fund for Nature, creato nel 2008.
C’è un elemento, in tutte queste belle iniziative, che però ci lascia perplessi. Il latte utilizzato per produrre lo yogurt non è italiano, ma straniero. Questo, sostengono, perché il latte italiano manca e se Danone si servisse del latte italiano, le quote latte salterebbero.
Quindi, il latte viene comprato in Germania e Francia e poi trasportato in Italia. Ma visto che la legge italiana, datata 1974, vieta il trasporto di latte condensato, Danone è costretta a comprare una maggior quantità di latte, circa una volta e mezzo la quantità necessaria, a trasportarlo fino allo stabilimento di Casale e poi a lavorarlo sul posto.
Il trasporto, ovviamente, incide sull’impatto ambientale, oltre ad essere assolutamente illogico. La legge, ci raccontano, è in discussione dal 1974, ma visti i tempi della burocrazia italiana, a Casale disperano di poter cambiare la situazione in tempi brevi.
Per il resto, tutto sembra davvero ben organizzato.
I controlli sono precisi e severi, 28 per ogni cisterna di latte che arriva; il sistema di tracciabilità del prodotto permette di ottenere in tempi brevi (2 ore contro le 8 previste dalla legge) tutte le informazioni sulla provenienza e la destinazione;
L’ attenzione al benessere dei dipendenti è notevole, poiché uno degli obiettivi del gruppo è fornire un posto unico dove lavorare, che Danone ha battezzato “La fabbrica delle Idee”; la tensione costante al miglioramento è incrementata grazie ad iniziative quali l’illuminazione a basso consumo, il recupero del calore delle condense per riscaldare l’acqua, il recupero degli scarti organici.
Ancora, in cantiere, ci sono diverse iniziative. La compensazione, per esempio, cioè il ridurre i consumi, da una parte, e il piantare alberi in loco, dall’altra.
A nostro avviso si deve incrementare l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.
Da segnalare la particolare apertura alla rete, attraverso il dialogo su temi ambientali e sociali, grazie al blog Down to earth.
Insomma, non siamo un ente certificatore, né giudici. Possiamo osservare che diverse cose sono state fatte ma che molte altre restano da compiere. E la volontà, ci sembra, è quella di andare oltre i buoni propositi.
Fiammetta Scharf