La nostra opinione sugli scontri in Val di Susa
Difficile scegliere come iniziare se non con il solito “in un paese normale simili questioni si risolverebbero in altro modo”. Ormai anche i più ottimisti lo dicono, che l’Italia è un paese “anormale”. Un anno tocca al G8 di Genova, un altro alla discarica di Chiaiano, un altro ancora all’apertura dei cantieri per la linea ad alta velocità Torino-Lione. Ogni evento, ogni questione, ogni problema si frammenta nel giro di qualche giorno, mese o anno in una galassia di pezzi di un puzzle che nessuno è più in grado di ricomporre. Purtroppo anche l’affaire NO TAV sembra diventato l’ennesimo caso irrisolvibile. E come tutti i casi irrisolvibili di questo paese “anormale”, da una parte c’è il governo, dall’altra i manifestanti, e da nessuna la ragione.
Gli ultimi scontri sono dell’altro giorno: lancio di lacrimogeni e tiro al bersaglio con le pietre si sono alternati per diversi minuti, con numerosi feriti da entrambe le parti. Inutile elencare numeri o mostrare foto o video: la lista viene aggiornata dopo ogni corpo a corpo e non c’è tempo per registrare un dato che è già ora di cambiarlo. Non è nemmeno sicuro che questi feriti serviranno a qualcosa (ammesso che i feriti “servano” in generale), perché è vero che il termine ultimo per il finanziamento di 600 milioni di euroè scaduto alle ore 24 del 31 maggio, ma è anche vero che la notizia sembra passata inosservata, e il governo non sarà certo prodigo nel diffondere comunicati a riguardo.
I pareri poi si sprecano, tra chi, come i giornalisti de Il Giornale, spara a zero sui manifestanti e chi, come i giornalisti de Il Fatto Quotidiano, denuncia violenze, soprusi e angherie della polizia. Michele Serra, un paio di settimane fa, ha voluto dedicare la sua “amaca” proprio alla questione NO TAV, scrivendo – cito a memoria – che “non si può prendere dall’Europa quello che ci fa comodo e rifiutare quello che invece non ci piace. I manifestanti dovrebbero quindi mandare giù il boccone amaro e sacrificare il proprio giardino, non come atto eroico ma come segno di civiltà”.
Insomma, il tunnel bisogna farselo andar bene anche se c’è qualche rischio per la salute. L’esatto contrario della linea di pensiero che fin dal 2003 portano avanti comitati e associazioni ambientaliste. Il WWF, ad esempio, si è fatta sentire con un comunicato stampa reso noto all’indomani degli ultimi scontri: le buone ragioni non chiedono la violenza e per questo condanniamo con forza gli episodi accaduti ieri in Val di Susa a margine della manifestazione pacifica indetta dal Movimento No-Tav. La violenza mortifica proprio quei 50-70 mila manifestanti che hanno partecipato al corteo festoso tra Exilles e Chiomonte, contestando civilmente le priorità di intervento sulla direttrice ferroviaria Torino-Lione.
Non mancano infine i comizi di star come Beppe Grillo e le dichiarazioni indignate del politico di turno. Tutti vogliono partecipare, tutti vogliono dire la loro, tutti vogliono dimostrare il proprio sostegno all’una o all’altra causa. E anche quel tenue prurito che vi sta venendo nel leggere questo articolo e non trovare ancora una presa di posizione chiara e precisa, è forse il sintomo più evidente di quanto l’intero paese sia al collasso, diviso tra destra e sinistra, impegnati e indifferenti, accusatori e accusati, colpevoli e innocenti. Non riusciamo più a vedere il grigio, tutto diventa subito nero o bianco.
Sarebbe bello, comunque vada a finire la questione della Val di Susa e della linea ad alta velocità Torino-Lione in generale – se mai finirà –, che chi ha partecipato alle manifestazioni (polizia, abitanti del posto, politici, giornalisti, operai… uomini), tutti quanti, dal primo all’ultimo, noi spettatori compresi, imparassimo che la prossima volta non si dovrà decidere sulle ragioni e i torti di una certa questione, quanto piuttosto sul come affrontarla, con quali mezzi e tempi e in quali luoghi. Saranno ancora ruspe, posti di blocco, manganelli, sassi, lacrimogeni e corpi a mo’ di scudi? Saranno ancora accampamenti abusivi e occupazioni di stabili? Saranno ancora cariche e pestaggi degni di un regime fascista? Se la risposta è sì, non potremo che vedere e rivedere le stesse scene già viste e straviste.
Ma se riusciremo, nessuno escluso, a comportarci in maniera civile, a dare a ogni problema la giusta dimensione, senza trasformare il prossimo caso x in uno scontro epocale, o, se preferite, in una questione di vita o di morte, allora forse otterremo un risultato che nessuna generazione ha mai ottenuto dal 1861 ad oggi: fare dell’Italia un paese normale. Per tutti.
Roberto Zambon