C'è un ambientalismo che è a favore del nucleare. Ecco il punto di vista di ecologisti ed associazioni pro-atomo.
Ecologisti convertiti al nucleare? Come direbbe Mark Lynas “Non parliamo di una conversione improvvisa, ci sono voluti anni per uscire allo scoperto. Per un ambientalista, dire di si all’atomo è un po’come ammettere davanti ai propri genitori di essere gay. Non è semplice, sei terrorizzato all’idea che ti respingano“.
Ma di fronte al Climate Change imperante, individui di spicco come Stephen Tindale, ex direttore di Greenpeace, Lord Chris Smith of Finsbury, presidente dell’agenzia britannica per l’ambiente, Chris Goodall esperto di energie rinnovabili e Mark Lynas, autore di “Six Degrees: Our Future in a Hotter Planet“, hanno rivalutato la strada dell’energia atomica.
Nessuno di loro nega i problemi legati al nucleare come lo stoccaggio delle scorie, la reale copertura energetica offerta dall’atomo, i costi delle centrali ma nonostante ciò hanno deciso di promuoverlo pubblicamente con chiare dichiarazioni rilasciate all’Indipendent.
Stephen Tindale, 45 anni, direttore di Greenpeace UK fino al 2005 spiega la sua posizione a favore del nucleare. Tindale ha trascorso gli ultimi 20 anni a contrastare questo tipo di energia. La sua forte opposizione risale ai 16 anni, quando, durante la Guerra Fredda, a Cambridge, abbracciò le idee della Campagna per il disarmo nucleare.
Dopo un’esperienza a Friends of the Earth e la direzione di Greenpeace UK, nel 2006 acquisisce una maggiore consapevolezza sul Climate Change. Il momento cruciale di questo percorso, però, risale al 2005 quando entra in contatto con un fenomeno naturale direttamente collegato al cambiamento climatico. In Siberia il permafrost si sta sciogliendo liberando in atmosfera grandi quantità di metano.
Tindale inizia a pensare che il nucleare, quale fonte energetica alternativa, sia da riconsiderare. Questo, senza perdere di vista alcune questioni irrisolte come il problema dello smaltimento delle scorie, l’inquinamento che, seppur inferiore rispetto a una centrale a carbone, è presente e il costo. La convinzione di Tindale è che questi fattori, seppur gravi, non possano essere paragonati alla catastrofe derivante da un innalzamento della temperatura atmosferica di 6°C.
La crisi climatica è tale da costringerci a considerare tutte le possibili alternative, nucleare compreso.
È essenziale agire velocemente. E la richiesta di energia, specialmente elettrica, aumenterà nell’immediato futuro mentre il tempo a disposizione per risolvere il problema del surriscaldamento globale rimarrà limitato. Per questo Tindale ritiene che lo Stato, il settore pubblico in generale, dovrà assumersi il compito di favorire la costruzione di impianti atomici atti a incrementare la quantità di energia a disposizione riducendo le emissioni.
Lord Smith che si definisce uno scettico storico del nucleare, parla del suo cambiamento di rotta. “La questione che mi ha fatto cambiare idea sul nucleare – dice – è l’imperativo di ridurre le 2” >emissioni di CO2. Quindici anni fa eravamo meno consapevoli del Climate Change. Sapevamo che si sarebbe verificato ma non ne immaginavamo la rapidità.”
“È successo che ci siamo svegliati, comprendendo la reale natura del problema e la conseguente constatazione della necessità di ridurre le emissioni di CO2 e di decarbonizzare la produzione di elettricità entro i prossimi 20 – 30 anni. Senza l’energia nucleare sommata alla forza del vento, del sole, della geotermia e dei mari sarà molto più difficile ottenere elettricità a base emissioni“.
Il giornalista ambientalista britannico Mark Lynas sottolinea il bisogno di concretezza nella lotta al cambiamento climatico. Secondo Lynas, la strada per una produzione energetica verde al 100% su scala mondiale è lunga e complessa. Da qui la necessità di concepire centrali di nuova generazione.
Per Lynas il nucleare è una fonte energetica indispensabile, infatti, definisce la moratoria inglese sulla costruzione di nuove centrali un errore enorme per il quale il Regno Unito sta pagando un prezzo salato.
Mark, nel libro Six Degrees, propone uno scenario apocalittico, da vero film horror. I disastri prodotti dal surriscaldamento globale saranno inimmaginabili per gravità e ferocia. Tra le soluzioni al problema, compare anche l’atomo quale fonte a basse emissioni.
Parlando del Regno Unito, Chris Goodall invita il movimento dei verdi a imparare ad amare il nucleare. “Le posizioni sull’energia atomica – dice – sono antitetiche. O sei a favore o sei contrario. La strada giusta da seguire è al centro. Se continuiamo a essere anti-tutto non troveremo mai una soluzione reale al problema “.
L’Inghilterra è di fronte a una crisi energetica senza precedenti. In una decina d’anni una cospicua percentuale di vecchi impianti a carbone e centrali nucleari ormai superate, verranno chiusi. Se non saranno sostituite da nuovi impianti, il Regno Unito dovrà affrontare numerosi blackout e il problema dell’insufficienza energetica. Non solo, l’Inghilterra ha il dovere di ridurre le proprie emissioni di gas serra, non è accettabile che il 90% dell’energia usata provenga da fonti fossili.
Il rinnovabile al momento non conviene, afferma Goodall. Gli investimenti necessari sono esorbitanti e i tempi della ricerca troppo lunghi. In Inghilterra, ad esempio, si sente parlare di onde e di vento ma, anche comprendo 1000 km di costa atlantica con generatori di energia dalle onde, questi riuscirebbero a soddisfare solo il 10% dell’attuale consumo energetico.
Discorso analogo per le installazioni di piccola scala come i pannelli fotovoltaici delle case residenziali. Questi daranno solo un minimo contributo al fabbisogno energetico globale, pur rimanendo un ottimo investimento. E per produrre energia da biomassa? L’intera Inghilterra andrebbe ricoperta con coltivazioni ad hoc.
Dalle parole di Goodall emerge che la densità energetica del rinnovabile è ancora troppo bassa. Per questo il nucleare andrebbe riconsiderato.
In Italia, il Movimento Fare Ambiente ha detto “si” alla ripresa della discussione e della ricerca sull’energia atomica e sta riconsiderando il nucleare in termini di costi e benefici.
Tra i casi presi in esame, quello della Francia che, con l’atomo, produce energia elettrica in surplus rispetto alla richiesta nazionale. Una parte di questa energia viene esportata dalla Francia al Belpaese e, come diretta conseguenza, in Italia si riscontra un aggravio dei costi per l’elettricità. Fattore che Fare Ambiente definisce “ un risultato economico disastroso per l’economia nazionale“.
“Secondo uno studio pubblicato sul Corriere della Sera del 31 maggio 2008, il costo medio del chilowattora (kwh) per le industrie in Italia nel 2006 è stato di 0,095 Euro. Mentre il costo medio in Europa è stato di 0,075 Euro/kwh, e il costo medio in Francia è stato di 0,055 Euro/kwh. Quindi in Francia il costo dell’energia elettrica per le industrie è stato pari al 58% di quello che è stato il costo per le industrie italiane. Stesso discorso per le utenze domestiche italiane rispetto a quelle francesi. Quando in Italia si paga una bolletta da 1000 euro in Francia si pagano 580 euro.” (Fare Ambiente)
La differenza di cifre non è dovuta solo al nucleare. Ci sono altri fattori che, in Italia, salano la bolletta, come il quasi totale monopolio dell’Enel.
E sempre per quanto riguarda la situazione in Francia, il movimento ambientalista ha ripreso alcuni concetti espressi dal Nobel per la fisica Carlo Rubbia.
Rubbia afferma la necessità di andare oltre facili considerazioni sull’atomo. Considerazioni basate sul desiderio di emulare il modello francese che ha avuto successo in passato ma presenta gravi incognite per il futuro.
Non mancano quindi le preoccupazioni rivolte agli impianti di ‘nuova’ generazione. Sul nucleare non ci sono soluzioni o pareri definitivi, non basta consultare un semplice ingegnere nucleare per avere risposte sicure e credibili. In Italia, secondo Fare Ambiente, non esistono degli ingegneri nucleari veramente esperti, affidabili e competenti che possano dare le risposte ai dubbi espressi da Rubbia. Serve un demiurgo ingegnere nucleare che ci dica come stanno effettivamente le cose.
A tal proposito l’associazione ha promosso il convegno “Quali fonti energetiche per l’Italia?“ nel quale si chiede se sia effettivamente utile perseverare nella posizione antinuclearista considerando che, a poca distanza dai confini italiani, vi sono centrali che lavorano alla fissione nucleare. Non solo, consapevoli che per rientrare nei parametri di Kyoto e della U.E. è necessario ridurre le emissioni di gas serra, è giusto scartare a priori il nucleare quale alternativa necessaria ad arginare la crisi energetica?
Valutando l’aspetto produttivo di un Paese, Fare Ambiente associa il nucleare al carbone quale fonte in grado di garantire il carico energetico base. Nei paesi industrializzati è fondamentale, oltre al costo del kilowattora, la stabilità e la prevedibilità dei costi e dell’approvvigionamento dell’energia.
Affrontando una domanda complessa e crescente tutte le fonti di energia, nella loro interdipendenza, giocano un ruolo importante. Anche il nucleare. Come per i noti personaggi sopracitati, Fare Ambiente ritiene che l’atomo non sia LA risposta bensì, una valida risposta ad ALCUNI problemi energetici che minacciano il futuro del Pianeta.
Per questi signori nella situazione in cui ci troviamo: crisi climatica, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, avanzamento della desertificazione in vaste aree del Pianeta, scarsità energetica e non solo il piatto della bilancia pende a favore dell’atomo.
Serena Bianchi