La sfida del terzo settore per un Expo Giusto

Il Festival Internazionale dell'Ambiente ha avuto lo scopo di mettere in luce la questione energetica - tema portante di questa seconda edizione - ma ha anche inevitabilmente riacceso i riflettori sull' Expo 2015.

Il appena concluso, nella sua sede milanese, non ha avuto solo lo scopo di mettere in luce la questione energetica – tema portante di questa seconda edizione – ma ha inevitabilmente riacceso i riflettori sull’ Expo 2015. Il tema scelto per la candidatura “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita” del resto fa della sua vicinanza all’attualità e alla questione ambientale uno dei suoi punti di forza ma anche uno dei suoi punti di debolezza. Elevate infatti sono le aspettative in merito a come la città e la Società Expo 2015 riusciranno a declinare un tema tanto grande e tanto significativo dell’epoca moderna, in un’esposizione dal carattere veramente storico e di portata globale.

Tra i numerosi incontri , dibattiti, eventi culturali, mercatini biologici e serate di intrattenimento che hanno costellato l’ampio e variegato programma del Festival, promosso da Legambiente e L’Umana Dimora, si è svolto anche un incontro dedicato a presentare e promuovere il documento scritto dal Coordinamento Expo Giusto affinché l’Expo sia davvero un Expo Giusto.

Il documento è l’esito di un pensiero che accomuna circa 150 organizzazioni, tra Associazioni e ONG, che hanno sede a Milano e in Lombardia riunitesi per la prima volta in Assemblea nel marzo 2009, in occasione della fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili “Fa’ la cosa giusta“.

In quella sede era emersa l’esigenza di contribuire a rendere più incisive e coerenti le attività in programmazione per l’Expo, rispetto al suo tema, al fine di riuscire a sfruttare il grande evento che coinvolgerà Milano tra sei anni per “far emergere e diffondere con forza e coerenza, le condizioni culturali, sociali e tecnologiche e ambientali necessarie per essere cittadini in un mondo più sostenibile ed equo per tutti”.

Alla base del documento c’è il forte senso di “responsabilità nei confronti di chi ancora soffre a causa delle conseguenze e degli effetti del degrado ambientale, piuttosto che dell’estrema povertà”. Da qui, parte la richiesta di fare dell’Expo una tappa importante – se non fondamentale – per ridefinire comportamenti e obiettivi, valorizzando le identità e le caratteristiche locali.

expo_giustoL’implicito monito che trapela dalle righe del documento è che l’Expo si trasformi in una distesa inerte di padiglioni e calendari di convegni dai titoli altisonanti in cui ogni Paese fa bella mostra di ciò che di meglio viene realizzato nei laboratori delle Università senza che ciò diventi fonte di arricchimento per il pianeta intero. Il rischio è reale, nella misura in cui i temi della sostenibilità, dell’energia, dei cambiamenti climatici vengono affrontati più con l’occhio puntato verso gli indici dei PIL nazionali che non verso i segnali di benessere della popolazione.

In considerazione del fatto che il 2015 sarà l’anno stabilito dalle Nazioni Unite per il perseguimento degli Obiettivi del Millennio proprio in merito alle grandi emergenze globali, le 150 organizzazioni che per il momento hanno firmato l’appello chiedono che durante l’Expo si realizzi una grande assemblea dei popoli per discutere delle politiche di sviluppo e di lotta alla povertà che possa dare esito a proposte concrete in grado di esprimere le esigenze della società civile

L’Expo dei Popoli quindi nasce come iniziativa promossa dal basso, in linea con quanto la società Expo 2015 ha detto essere il filo strategico dell’evento, ma nasce anche con l’obiettivo di cominciare a mettere i primi paletti concettuali attorno al tema dell’Expo, al fine di garantire un giusto rapporto di coerenza tra ciò che l’evento dichiara di fare e ciò che riuscirà a fare.

L’appello “Per un Expo dei Popoli” intende “fare della città e del nostro paese i protagonisti consapevoli di un auspicabile “ruolo guida” nel cambiamento degli stili di vita e di produzione, di consumo e di mobilità, a partire dall’analisi e valutazione dei bisogni del territorio; promuovere il progresso civile, riducendo squilibri, conflitti e povertà”.

Lo sguardo è rivolto soprattutto ai Paesi del Sud del mondo che più di altri soffrono in maniera concreta e quotidiana l’esito di decenni di politiche agricole incontrollate e di mancata tutela dell’ambiente, che non può realizzarsi se non a partire da un percorso di sensibilizzazione intorno ai beni e valori comuni come: l’acqua, le risorse alimentari, il suolo, le fonti energetiche, i diritti umani, la dignità e il diritto a una vita decorosa.

Pamela Pelatelli

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