La tragedia di Ischia, purtroppo, è solo l’ultimo dei disastri in un Paese, il nostro, a forte rischio idrogeologico. Si grida al dramma, si piangono le vittime ma poi nulla cambia. Oggi, 5 dicembre, è la Giornata Mondiale del Suolo, che ci ricorda tristemente tutto quello che non stiamo facendo per tutelare i nostri territori. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista, nonchè segretario generale di Greenaccord Onlus
Il 5 dicembre è la Giornata Mondiale del Suolo e solo pochi giorni fa la terribile tragedia di Ischia, con una frana che la letteralmente travolto l’isola trascinando cose e persone nel fango. Con morti e dispersi, tra cui alcuni bambini, la giornata assume un significato ancora più profondo, ricordandoci quello che non abbiamo (mai) fatto per la tutela del territorio. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista, nonchè segretario generale di Greenaccord Onlus.
La perdita di fertilità del suolo è uno dei principali processi di degradazione che minaccia la nutrizione ed è riconosciuto come uno dei problemi più importanti a livello globale per la sicurezza alimentare e la sostenibilità in tutto il mondo – si legge sul sito dell’ISPRA – La Giornata mondiale del suolo 2022 (#WorldSoilDay) e la sua campagna ‘Il suolo: dove comincia l’alimentazione’ mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di mantenere sani gli ecosistemi e il benessere umano, affrontando le crescenti sfide della gestione del suolo, aumentando la consapevolezza del suolo e incoraggiando le società a migliorarne la salute
Quest’anno, dunque, la Giornata Mondiale del Suolo punta sugli aspetti legati all’impoverimento del suolo che non fa altro che aggravare la terribile crisi alimentare in atto, a sua volta dovuta a molteplici fattori (in gran parte umani), tra cui la crisi climatica, quasi 900 conflitti sparsi sul Pianeta nonché pratiche agricole discutibili.
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Ma la tutela del territorio è anche altro, e il nostro Paese sa bene (in teoria) cosa significa.
È possibile tenere insieme economia ed ecologia – commenta Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista – quindi le ragioni del benessere e del profitto con le esigenze di una natura che urla a causa dell’aggressività dei nostri modelli di produzione e consumo, lo abbiamo visto anche nella tragedia di Ischia, con la spinta eccessiva dell’antropocene
La situazione non può che peggiorare se non facciamo nulla. E i morti di Ischia, solo gli ultimi di altri provocati da disastri non causati dal fato, dal destino crudele, ma da una gestione del territorio a dir poco assente (oltre a condizioni metereologiche estreme a loro volta indotte dai cambiamenti climatici).
Non dobbiamo denunciare solo la piaga dell’abusivismo, tollerata non solo in Campania ma anche in altre regioni italiane anche in presenza di sentenze della Magistratura che prevedono le demolizioni di questi manufatti, ma anche la mancanza totale di cultura della pianificazione territoriale
Molti Comuni italiani infatti, ci spiega Milano, hanno autorizzato interventi anche dove non si sarebbe potuto mettere nulla a terra.
Tutto questo ha concausato le tragedie di cui oggi parliamo
Sì in Campania perché quello che è successo Casamicciola era successo anche nel 2009 e anche prima. Ma questi disastri sono diffusi nel tempo e nello spazio, in un Paese con il 93% del rischio idrogeologico. E su cui si interviene solo in emergenza e mai con la prevenzione.
Stiamo trattando il territorio come un bancomat di cui si può fare un uso illimitato
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Ma le pianificazioni e le leggi ci sono e non vengono rispettate oppure non ci sono affatto?
A livello nazionale abbiamo normative urbanistiche che rispondono ancora ai decreti ministeriali 1444 del 1968 […]. E la legge fondamentale dell’urbanistica ancora vigente in Italia è la 1150 del 1942, quindi, al netto di alcuni interventi come quello del 1968, abbiamo i piani regolatori in tutte le città italiane a prescindere dalle dimensioni basati sugli standard urbanistici, la zonizzazione (zona A centro storico, zona B espansione, zona C completamento, etc.), dell’epoca
Oggi è chiaro (o almeno dovrebbe esserlo) che tutto questo è saltato, perché i piani non sono stati aggiornati con i criteri moderni, es. con le rinnovabili, la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e così via. Inoltre, ci fa notare l’ingegnere, in zone prima destinate, es. ai servizi, ora c’è tutt’altro (es. logistica, produzione).
Risultato?
È stata creata una rendita speculativa, sia economica che politica
Questo ha provocato un’importante perdita di risorse dei Comuni, che non avevano e non hanno spesso più disponibilità per scuole, illuminazione pubblica e altri servizi. E questi hanno quindi svenduto il territorio.
E dagli inizi degli anni 2000 le amministrazioni locali possono usare non meno del 50% degli oneri edilizi (quello che pagano gli imprenditori per le loro attività) per sostenere la spesa corrente. Quindi i sindaci, soprattutto se privi di sensibilità ecologica, hanno trasformato i loro territori in bancomat.
Ecco quindi la polverizzazione del costruito – conclude Milano – da cui il consumo di suolo […] Stiamo pagando le scelte scellerate fatte in trent’anni
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Siamo senza speranza?
Assolutamente no, le soluzioni ci sono e sono alla nostra portata, per esempio la possibilità di usare l’economia circolare su scala urbana, per interpretare le città come organismi viventi (metabolismo urbano) […] Significa costruire in modo più efficiente, non solo da un punto di vista energetico, ma anche statico, impiantistico, di qualità del costruito. Questo significa andare verso l’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050 anche attraverso il processo di decarbonizzazione
Tante le soluzioni, a volerle mettere in pratica davvero.
Pensiamo ai tetti verdi, in un Paese che ha quasi 14 milioni di edifici, ma anche alle comunità energetiche, all’utilizzo delle risorse del PNRR per strutture pubbliche come le scuole, che potrebbero diventare hub di una nuova forma di educazione urbana […] Tutto questo arriverebbe sul territorio se la politica facesse la politica […] È questa l’incognita su cui dobbiamo interrogarci come cittadini consapevoli e pretendere un cambiamento reale, perché il tempo stringe e le risorse non possono essere ulteriormente sprecate
Già, il tempo stringe e continuiamo a piangere morti “a causa del destino infame”.
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