Il nuovo giacimento di gas scoperto a Cipro non è la soluzione alla crisi energetica

A circa 160 chilometri al largo di Cipro esiste un’importante riserva di gas, in un pozzo operato per il 50% da Eni Cyprus e per l’altro 50% da TotalEnergies. Lo ha annunciato Eni in un comunicato del 22 agosto. Ma non può essere questa la soluzione alla crisi energetica

Altro gas, altra corsa: a largo di Cipro è stato scoperto un giacimento di gas in un pozzo operato per il 50% da Eni Cyprus e per l’altro 50% da TotalEnergies. Ma è davvero questa la soluzione alla crisi energetica?

La crisi energetica e climatica è una realtà e lo era anche prima della guerra in Ucraina, che di certo ha fatto emergere un quadro desolante non solo per il nostro Paese, ma per un continente che in larga parte è ancora dipendente dalle fonti fossili.

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@I4C/Elaborazioni su dati Mite

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Le rinnovabili bussano alla porta come una soluzione anche relativamente immediata ma l’attrazione per gas, petrolio e carbone è sempre molto forte.

Andare alla ricerca di nuovi giacimenti di gas non risolve i nostri problemi energetici – chiarisce subito Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente, che abbiamo raggiunto al telefono – Come ha già detto Eni, i tempi per iniziare l’estrazione di gas saranno di 2 o 3 anni e quel giacimento è di 70 miliardi di metri cubi di gas, pari al nostro consumo di un solo anno

Quindi non solo un problema relativo alla tipologia di fonte, ma anche pratico, vista la quantità di gas disponibile e le tempistiche.

La scoperta di Cronos-1 crea le condizioni per portare a sviluppo ulteriori potenziali volumi di gas nella regione – scrive però nel comunicato ufficiale Eni, le cui ricerche non sono terminate – e rappresenta una delle azioni conseguite da Eni a supporto della fornitura di ulteriore gas all’Europa

Ma le rinnovabili sono già qui. Come ci aveva detto Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, da anni in Italia non vengono rilasciate le autorizzazioni relative e questo sta bloccando un settore che potrebbe davvero spingere l’Italia fuori dalla crisi in modo sostenibile.

A furia di dire no ai nuovi impianti, ci ritroviamo fortemente dipendenti dalle importazioni di gas dalla Russia e da altri Paesi instabili e non democratici – tuonava Re Rebaudengo – La conclusione di un iter autorizzativo per un impianto rinnovabile richiede fino a 7 anni. Sono tempi incompatibili rispetto all’urgenza di risolvere questa grave crisi

Dunque il potenziale esiste già, ma non viene sfruttato. E non è solo un potenziale teorico, perché gli impianti esistono. Si parla di 60 GW di nuovi impianti rinnovabili che il settore elettrico può installare nei prossimi 3 anni, avviando investimenti per 85 miliardi di euro e creando 80.000 nuovi posti di lavoro

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Invece di andare alla ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi nel sottosuolo o nei fondali marini, che continuano ad alimentare la crisi climatica – si chiede Ciafani – perché non investiamo tutte le risorse e le energie nella realizzazione di impianti a fonti rinnovabili a partire da quelli eolici, a terra e a mare, e fotovoltaici, sui tetti e in agricoltura col moderno agrivoltaico che non consuma suolo, nell’ammodernamento delle reti, nei pompaggi e nei sistemi di accumulo, per produrci da soli l’energia, riducendo sempre di più la dipendenza dall’estero?

Le soluzioni possibili che combattono la crisi energetica e climatica esistono davvero (e non sono di certo le fonti fossili).

È molto importante anche spingere sulla produzione di biometano, costruendo tanti digestori anaerobici in tutta Italia, a partire dal centro sud per trattare l’organico differenziato, gli scarti agricoli, i reflui zootecnici e i fanghi di depurazione, con cui potremmo arrivare a produrre ogni anno fino a 10 miliardi di metri cubi di biometano rinnovabile e prodotto a chilometri zero

Ma perché ancora fossili?

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