La chiamano Cold Fusion (CF), Low Energy Nuclear Reactions (LENR) o Chemically Assisted Nuclear Reactions (CANR). È la fusione nucleare fredda, quella che molti hanno definito “la balla dell’89”, una tecnologia dai numerosi misteri e dalle incredibili prospettive.
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La chiamano Cold Fusion (CF), Low Energy Nuclear Reactions (LENR) o Chemically Assisted Nuclear Reactions (CANR). È la fusione nucleare fredda, quella che molti hanno definito “la balla dell’89”, una tecnologia dai numerosi misteri e dalle incredibili prospettive.
La notizia arriva dagli USA nel marzo di 22 anni fa, quando gli scienziati dell’Università di Salt Lake City – Utah Martin Fleischmann e Stanley Pons, dopo ripetuti esperimenti iniziati negli anni ’70 sulla possibile influenza di alcune reazioni chimiche nei processi nucleari, annunciano al mondo di esserci riusciti: hanno realizzato la fusione fredda.
Le prospettive date da una scoperta come questa sembrano incredibili: energia a costi bassissimi e rendimento nettamente superiore a quello di carbone, olio combustibile, petrolio e altre fonti fossili. La rivoluzione energetica globale sembrava alle porte, invece…
Le prime polemiche sul caso fusione fredda
Fallisce il tentativo di riprodurre l’esperimento È il primo maggio 1989, sono passati due mesi dall’annuncio ufficiale, e alla Conferenza della Società Americana di Fisica un gruppo di Laboratori Nazionali di Brookhaven e l’Università di Yale presentano i risultati fallimentari ottenuti dalla riproduzione del dispositivo di Fleischmann e Pons: energia in eccesso pari a zeroe produzione di neutroni inesistente. La delusione degli americani non è la sola, anche nel Regno Unito si riscontrano gli stessi dati fallimentari e ben presto la fusione fredda si trasforma in una bolla di sapone.
Ma come può un successo acclamato come quello di Fleischmann e Pons diventare un fallimento totale per tutti coloro che si cimentano nella stessa impresa? Il mistero si infittisce e i primi retroscena non tardano ad arrivare.
A circa due anni di distanza dalla bomba mediatica, Eugene Mallove, capo redattore scientifico dell’ufficio stampa del MIT (Massachusetts Institute of Technology), ammette che la relazione redatta dal Centro Ricerche sui Plasmi dell’istituto americano, che aveva influenzato le numerose polemiche sulla fusione fredda, riporta dei dati modificati in modo apparentemente inspiegabile. Questo avrebbe precluso ogni tentativo di ottenere calore da dispositivi a fusione fredda, così da scongiurare un calo dei finanziamenti verso la sua diretta concorrente, la fusione “calda”.
Anche le riviste scientifiche, per ammissione del Premio Nobel Schwinger, sembra si fossero adeguate alle pressioni degli ambienti accademici nemici della fusione fredda.
Ma che cos’è la Fusione Nucleare Fredda?
La fusione fredda è una reazione nucleare a bassa energia, assistita chimicamente. Semplificando al minimo il concetto, possiamo dire di trovarci di fronte a una reazione di natura nucleare che, per avvenire, necessita di pressioni e temperature decisamente inferiori rispetto alla fusione nucleare “calda”, scientificamente riconosciuta e utilizzata negli impianti nucleari attualmente in funzione nel mondo.
Per capire i meccanismi interni a questa reazione, prendiamo le parole di Giuliano Preparata, docente di Fisica Nucleare all’Università di Milano nonché autore della “teoria coerente sulla fusione fredda“. Preparata parte da questo assunto elementare: “ due cariche positive (+) in natura si respingono”. Per vincere tale repulsione si può adottare la via delle alte temperature, ovvero la fusione calda, oppure si può vincere tale barriera mettendo questi nuclei in una matrice metallica, ad esempio il palladio, dove si avvicinano talmente tanto l’una all’altra, da iniziare a fondere. Quest’ultima è la fusione fredda resa comprensibile ai più.
La fusione fredda di Rossi e Focardi: l’Energy Catalyzer (E-cat)
Dagli USA all’Italia il passo è breve. Andrea Rossi e Sergio Focardi, cercando di riprodurre e studiare il miracolo nato all’Università di Salt Lake City, inventano l’Energy Catalyzer (E-Cat) o catalizzatore di energia.
Nel 2011 parlando dell’E-Cat, il fisico nucleare Giuseppe Levi ne descrive il funzionamento di base come un fenomeno simile alla fusione fredda. Lo stesso Focardi, analizzando il funzionamento dell’E-Cat, parla di possibile reazione nucleare.
Il combustibile del prototipo firmato “Rossi – Focardi” è fatto da Nichel (Ni) e Idrogeno (H).
Il Nichel cattura i protoni dell’Idrogeno variando il suo nucleo che, con un protone in più, diventa Rame. Una volta prodotto il nucleo di Rame, questo si trova in livelli nucleari eccitati dai quali decade il protone. Così il nucleo di Rame cede energia al mezzo, lo riscalda e accelera altri processi successivi che richiedono una temperatura elevata per permettere al protone dell’Idrogeno di penetrare nel nucleo. Questo processo, una volta innescato, si auto mantiene con una quantità irrisoria di energia immessa dall’esterno.
Tale decadimento dà luogo a emissione di Raggi Gamma, che non si propagano all’esterno grazie a una schermatura in Piombo. A tal proposito, specialisti del gruppo di fisica sanitaria del dipartimento di fisica dell’Università di Bologna hanno riscontrato come all’esterno dell’E-Cat non vi sia radioattività. La macchina, quindi, essendo di dimensioni ridotte e non rilasciando emissioni all’esterno, potrebbe adattarsi a un uso domestico.
Energia a basso costo…
Analizzando e misurando l’Energy Catalyzer in azione è stato riscontrato come in una sola ora di funzionamento, la macchina sia in grado di produrre 10KW di potenza. L’energia prodotta sarebbe 30 volte superiore a quella immessa per l’attivazione.
Dopo 24 ore di funzionamento, la macchina consuma circa 1 grammo di H e, dopo 180 giorni circa 50 grammi di Ni. Focardi parla di un costo equivalente a 1 centesimo per ogni grammo di Idrogeno e per ogni grammo di Nichel impiegati. Spese bassissime, ben al di sotto degli attuali costi di produzione dell’energia da fonti fossili.
Fantastico, allora perché l’Energy Catalyzer non è in commercio così come il prototipo di Giuliano Preparata?
Le contestazioni sono molte, tra quelle più diffuse c’è chi sostiene che la spiegazione utilizzata da Rossi e Focardi per descrivere il fenomeno, così come le spiegazioni utilizzate da altri scienziati del miracolo freddo, non sia basata su teorie riconosciute ufficialmente e pare manchino esperimenti che puntualmente dimostrino come sia stata ottenuta la fonte di energia.
L’esperimento, inoltre, non è sempre riproducibile. Stefano Borrino della società italiana brevetti, in una trasmissione dedicata al tema su Rai News 24, ricorda che la descrizione brevettuale del catalizzatore non è idonea a consentire a una terza persona di replicare l’esperimento. Ma chi sostiene la scoperta risponde ricordando che nei primi tempi non sempre gli esperimenti riescono, perché lo stesso scienziato non ha ancora imparato tutte le condizioni che lo rendono possibile.
Sembrerebbe anche che la fusione fredda produca un numero di particelle nucleari troppo basso per poter giustificare il calore prodotto dalla reazione. Inoltre non sempre il processo produce scorie ( la prova inconfutabile che ci troviamo davanti a un caso di fusione nucleare ) e all’appello mancherebbero anche elementi come l’emissione di neutroni, l’emissione delle particelle alfa e latrasmutazione di elementi.
A tal proposito, lo stesso Giuliano Preparata parla di una scoperta tutta da capire, che gli stessi scienziati della fusione fredda vogliono comprendere in tutte le sue fasi.
Ma come poterlo fare se un’intera comunità accademica e la stessa Comunità europea remano contro dirottando i finanziamenti su altre ricerche?
I finanziamenti per la Fusione Fredda
Dal 2009 in America la National Science Foundation non finanzia più la fusione fredda e i fondi strutturali della Comunità europea non aiutano le sperimentazioni nel continente. Perché questo?
Quando la scienza aveva pochi mezzi, abbandonare una teoria che si rivelava sbagliata (ad esempio la fusione calda) non era un gran dramma perché i danni erano minimi. Ma dal momento in cui i capitali in gioco per la sperimentazione ufficiale sono ingenti e già avviati da tempo, scoprire all’improvviso che un certo modo di operare, una certa prospettiva di sperimentazione è sbagliata, significa produrre un enorme disinvestimento di capitale, che si tradurrebbe in migliaia di persone senza il loro posto di lavoro.
Pare quindi che intorno alla fusione calda ci siano interessi economici colossali, sia da parte di una grossa comunità di scienziati che da parte delle grandi industrie che a questi laboratori devono fornire pezzi, materiali, etc.
Non solo, per avere accesso ai fondi strutturali europei – che nascono per dare sviluppo a certe zone depresse dell’Europa – è necessario che quell’esperimento soddisfi certe condizioni. Una piccola ricerca come la fusione fredda, che ha bisogno di pochi soldi e poco spazio per venire sperimentata, non è suscettibile di finanziamenti dai fondi strutturali della Comunità europea.
Ci vogliono migliaia di posti di lavoro, un indotto per le industrie che potrebbero lavorare attivamente contribuendo all’economia locale. Insomma, pare ci voglia la fusione “calda” al di là di come finirà il progetto, se produrrà energia o meno. Ecco quindi che gli esperimenti di fusione calda si fanno un po’ ovunque, mentre quelli di fusione fredda sono relegati agli scantinati dei grandi laboratori nazionali.
Un esperimento che costa poco non è vincente per i grandi finanziamenti e, anche per ottenere un finanziamento minimo, occorre l’avvallo della scienza ufficiale che, in questo caso, ha preso le distanze.
Lo stesso nobel per la fisica Carlo Rubbia, dopo aver attivato nel 2002 degli esperimenti sulla fusione fredda nei laboratori italiani dell’ENEA, ne parla come di una scoperta presentata in modo affrettato, senza i dovuti accertamenti e le adeguate misurazioni.
Allora è tutta una balla? I fisici che continuano clandestinamente a portare avanti il progetto sono pazzi, eretici, dei sognatori sconclusionati? Forse no…
Pensiamo un attimo alle conseguenze economiche e sociali che una scoperta come questa, se replicabile, avrebbe sul sistema mondo. Milioni di lavatrici, lampadine, forni e frigoriferi attivi grazie a un sistema che non ha bisogno di petrolio o centrali idroelettriche.
La domanda di fonti fossili potrebbe calare vertiginosamente, con un impatto non trascurabile sui grandi sistemi energetici globali.
Che la paura di stravolgere gran parte della fisica del ventesimo secolo sia più forte di una possibile soluzione ai principali problemi del Pianeta?