Cucinare in maniera ecocompatibile risparmiando energia è possibile. In tanti modi diversi e con grande riduzione dei costi. In questa seconda guida dedicata alla cucina ecologica troverete suggerimenti e informazioni utili per preparare i cibi con la pietra refrattaria e quella ollare, per scegliere le nuove padelle antiaderenti e atossiche, per cucinare con la vaporiera e con il forno tandoori, ma anche tanti consigli utili per costruire in casa una pietra ollare ed individuare il forno più adatto alle vostre esigenze.
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Cucinare in maniera ecocompatibile risparmiando energia è possibile. In tanti modi diversi e con grande riduzione dei costi. In questa seconda guida dedicata alla cucina ecologica troverete suggerimenti e informazioni utili per preparare i cibi con la pietra refrattaria e quella ollare, per scegliere le nuove padelle antiaderenti e atossiche, per cucinare con la vaporiera e con il forno tandoori, ma anche tanti consigli utili per costruire in casa una pietra ollare ed individuare il forno più adatto alle vostre esigenze.
Quante volte ci siamo convinti che cuocere i cibi in pentole di coccio, rame o terracotta fosse più ecologico e salutare? Di tegami venduti come ecocompatibili ne esistono ormai tanti in commercio. Ma sono veramente bio? In realtà no. Molti di questi contenitori apparentemente ecologici sono rivestiti da sostanze e materiali che con il calore e le alte temperature diventano tossici per l’organismo umano.
Cucinare delle pietanze all’interno di recipienti in rame, ad esempio, può essere dannoso per la salute perché durante la cottura questo metallo rilascia sostanze pericolose. Lo stesso vale per le pentole in coccio e terracotta rivestite spesso da smalti e colori tossici, come il piombo, usati per dare maggiore brillantezza ai colori e per diminuire i difetti che possono apparire sulle superfici dopo la cottura. Tra le sostanze inquinanti presenti in questi manufatti ricordiamo il cadmio, il selenio, l’antimonio, l’arsenico e l’uranio, usati per colorare e lucidare. Con le alte temperature lo smalto a contatto con gli alimenti acidi, come frutta, aceto, formaggi e molti vegetali, cede residui di piombo e di questi metalli tossici per l’organismo.
Per una cucina ecocompatibile e salutare quindi è consigliabile utilizzare le ceramiche ecologiche, dove i metalli pesanti sono sostituiti da sostanze alcaline naturali, come sodio, potassio, boro, calcio e bario, che rendono le pentole meno brillanti ma sicuramente cuociono cibi più sani.
Le terrecotte naturali assicurano un’uniformità di cottura, riducendo così la necessità di usare grassi, mantengono intatti i sapori, essendo prive delle microcarbonizzazioni tipiche delle pentole in metallo, e sono facilissime da usare: basta immergerle per almeno tre ore in acqua, calda o fredda, quando vengono adoperate la prima volta e poi possono essere usate subito. Prima di ogni uso è consigliabile bagnarle per due o tre minuti: si avrà così un miglior tempo di cottura e i cibi non si attaccheranno.
In questo settore, in Italia, il più grande produttore è Bionatural, che realizza tegami in pietra refrattaria e argilla rossa 100% bio. Le pentole prodotte da questa azienda sono sicuramente meno economiche di tante altre, ma assicurano un’alta qualità. Sono infatti realizzate in monocottura e hanno una superficie vetrificata ad altissima temperatura, che rende queste pentole particolarmente resistenti e sicure. Possono essere messe direttamente sulla fiamma e non risentono degli sbalzi termici; tra i vantaggi di questo tipo di contenitori ricordiamo la capacità di cuocere i cibi con poco calore.
Come la pietra ollare, i manufatti in argilla refrattaria mantengono a lungo la temperatura (perciò è possibile terminare le cotture più delicate a fuoco spento) e possono anche essere usati come scalda vivande. Queste pentole infatti sono così funzionali da permettere di portare le pietanze direttamente dal fuoco alla tavola, per un tocco di allegria e con risparmio di stoviglie da lavare! Insomma si scaldano in cinque minuti, cuociono in modo sano, naturale e senza troppo dispendio di energia.
Qualche curiosità sulla materia prima…
Le pentole in argilla refrattaria hanno origine in Castiglia, dove si usano da secoli, perché considerate eccezionali per la riuscita delle ricette tipiche della cucina mediterranea.
La materia prima con cui vengono realizzate si trova in natura proprio in questa zona della Spagna e lo scavo, la depurazione, la raffinazione, la modellatura e la cottura sono fatti ancora oggi nel modo artigianale tradizionale. Anche l’invetriatura è naturale, perché rifinita con silicati di sodio e calcio, esente quindi da piombo, cadmio e altri metalli pesanti.
Le aziende, in particolare, hanno iniziato a muoversi nella produzione di tegami di questo tipo dal 2006, anno in cui l’EPA, ente statunitense impegnato nella protezione dell’ambiente, ha obbligato le aziende americane ad utilizzare materiali diversi dal Teflon. Questo materiale infatti (che non è altro il rivestimento nero antiaderente delle padelle) contiene il PFOA, l’acido perfluoroctanoico, la cui tossicità è ormai ampiamente dimostrata, sia per l’ambiente che per l’organismo umano.
Da qui lo stimolo a cercare metodi di realizzazione innovativi e attenti al benessere.
Padelle in alluminio riciclato
Il Thermolon, infatti, consente un uso sano di pentole e padelle, che non rilasciano più sostanze nocive durante la cottura e, al tempo stesso, durano a lungo. Altro non trascurabile vantaggio è che questi “bio-tegami” cuociono il cibo più rapidamente, portando a un risparmio di gas e energia.
LINK UTILI:
Utilizzata per la fabbricazione di piastre da cottura, teglie e pentole, la pietra ollare ha origini antichissime, tanto che le prime tracce risalgono addirittura al lontano Medioevo. Il termine “ollare” deriva dal latino “olla”, che significa pentola, mentre la pietra, di colore grigio-verde, è costituita da talco, magnesite e clorite.
In Italia la produzione è localizzata principalmente in Valtellina, che ne vanta una lunghissima tradizione artigianale. Questa pentola era molto spesso l’unica a disposizione delle famiglie, che ne avevano di tre misure: piccola, media e grande. La lavorazione era squisitamente manuale; si usava uno scalpello per lavorare un blocco di pietra.
Grazie alle proprietà della materia prima, la pentola in pietra ollare ha una naturale capacità antiaderente, è immune a molti tipi di acidi (quindi non assorbe e non cede né odori né sapori) e il cibo mantiene il suo aroma intatto. È ottima per le cotture lunghe a fiamma moderata, come le zuppe, i brasati, gli stracotti, la polenta, i sughi.
Oltre alle pentole si trovano in commercio anche piastre per la cottura di carne, pesce o verdure, che poggiano su apposite strutture di sostegno con fornelletti a pasta combustibile, ideali per mantenere la temperatura della pietra. È possibile così cucinare all’aperto, oppure direttamente in tavola.
Solitamente la piastra da utilizzare con i fornelletti non richiede un trattamento particolare, come la pentola. Ad ogni utilizzo occorre preriscaldarla in forno a 250° per 20 minuti, prima di metterla sull’apposito sostegno ed accendere i fornelletti. Occorrerà attendere altri 10 minuti affinché sia pronta per la cottura di carne, pesce o verdura. In questo modo si possono preparare ottime pietanze senza produrre troppo fumo come invece avviene con le piastre in ghisa.
Le teglie hanno uno spessore simile a quello delle piastre, ma vengono utilizzate per la cottura in forno. Quando si acquistano richiedono un trattamento prima dell’utilizzo. Generalmente sono presenti apposite istruzioni nel librettino che viene dato con la pentola.
In ogni caso, si unge bene la teglia con olio di oliva (aiutandosi con carta da cucina per non eccedere) e si lascia riposare per una notte. Al mattino si mette la teglia nel forno acceso, ad una temperatura di 200 gradi centigradi, e la si lascia per un’ora. Trascorso questo tempo è sufficiente spegnere il forno e togliere la teglia, facendo molta attenzione a non scottarsi. A questo punto è necessario appoggiarla su un supporto che tenga molto bene il calore (sul fornello spento ad esempio) e lasciarla raffreddare. Ci vorrà un po’ di tempo, ma non si deve accelerare questo processo in alcun modo, altrimenti si rischia di rompere la teglia. Terminata la preparazione può essere lavata ed è pronta all’uso!
Pulizia e manutenzione
La detersione della pietra ollare deve sempre avvenire quando il recipiente (o la piastra) si è completamente raffreddato. Per pulirlo basta realizzare una pasta di acqua e bicarbonato, utilizzando una normale spugna non troppo abrasiva, e risciacquarlo con cura.
Con l’utilizzo nel tempo si possono creare delle piccole crepe, ma niente paura! Succede perché il prodotto non è trattato con metalli pesanti (dannosi all’organismo) ma questo non ne preclude l’utilizzo, né il corretto funzionamento. Diverso invece il caso in cui la pietra dovesse spaccarsi definitivamente, magari per un eccessivo sbalzo di temperatura. In questo caso non sarebbe più utilizzabile.
Come realizzare in casa una piastra in pietra ollare
Per creare facilmente una piastra “alternativa” in grado di cuocere bistecche e verdure, pesce, pane e focacce vi basterà:
– 1 kg di cemento
– 4 kg di malta refrattaria
– un secchio capiente per miscelare
– una cazzuola
– una livella in legno
– acqua
– una leccarda da forno (da usare come stampo)
Dovete miscelare un chilo di cemento, quattro chili di malta refrattaria e aggiungere la dose di acqua consigliata dalle istruzioni che troverete sulla confezione della malta. Vi avanzerà una grande quantità di impasto, ma potete utilizzarlo per realizzare altri attrezzi naturali per la cottura dei cibi.
Una volta amalgamato l’impasto, distribuitelo uniformemente nello stampo e livellatelo. Per rendere ancora più liscia la superficie, durante l’asciugatura, potete levigarla.
A questo punto lasciate trascorrere 48 ore, tempo necessario all’impasto per solidificarsi completamente, poi potrete provare subito la piastra in forno.
Lo spessore della realizzazione sarà decisamente minore rispetto a quello delle teglie in commercio; ciò la rende sicuramente più fragile ma anche più leggera, facile da riscaldare e gestire.
La cucina a vapore: un pieno di salute e non solo…
Cuocere a vapore significa preparare dei cibi sani e leggeri in modo naturale. Questo sistema, usato tradizionalmente nella cucina orientale, sta prendendo sempre più piede anche nella nostra.
Con questo tipo di cottura, che evita il contatto diretto con l’acqua, i cibi si cuociono esclusivamente con il vapore, a temperature relativamente basse e spesso inferiori ai 100 gradi (specie se non si usa la pentola a pressione); ciò comporta perdite bassissime di vitamine e minerali e i cibi mantengono pressoché inalterati sapori e aromi.
I cibi adatti a questo metodo di cottura sono generalmente quelli totalmente privi di grassi (perché con il vapore il grasso tende a sciogliersi invece di cuocersi).
In realtà qualunque recipiente può essere adattato a questo metodo di cottura, purché sia dotato di coperchio con buona tenuta. Se non disponete di accessori appositi potrete utilizzare dei piatti o delle scodelle, avendo cura di tenerli sollevati dal fondo della pentola con una griglia o altro.
In ogni caso, qualunque attrezzatura usiate, è bene seguire alcune regole fondamentali:
– l’acqua della cottura non deve toccare i cibi: appoggiate quindi il cestello prima dell’ebollizione per verificarne il livello;
– se il cestello non ha i piedini, sollevatelo dal fondo della pentola con un distanziatore (una griglia, un sottopentola o un piattino); fate attenzione però a non usare troppo poca acqua, che potrebbe evaporare completamente durante la cottura;
-con cestelli separatori o più cestelli sovrapposti potete cucinare più cibi contemporaneamente; fate però attenzione ai tempi di cottura, che possono variare anche sensibilmente da un alimento all’altro;
– nella pentola a pressione potete cuocere al vapore anche cibi che richiedono un maggior tempo di cottura.
In generale, la cottura al vapore si presta soprattutto a cucinare ortaggi e pesci, che conservano in questo modo intatti aroma e valori nutritivi, ma anche carni magre, come pollo, maiale e tacchino.
Forni ecologici: cosa c’è in commercio?
Elettrico o a gas? È questa la domanda che le casalinghe si pongono sempre prima di comprare un forno. Ma c’è una riposta univoca a questa domanda? In realtà, per assicurare ai cibi una cottura uniforme e costante nel tempo si consiglia il forno elettrico, ma ai fini del risparmio energetico sarebbe opportuno acquistarne uno a gas.
In fondo, quando quelli a corrente ancora non erano in commercio, le nostre nonne hanno sempre cucinato ottimi piatti con quello a gas! D’altro canto le aziende sembrano essersi specializzati nella produzione di forni elettrici, quindi chi di voi dovrà comprarne uno nuovo avrà sicuramente qualche difficoltà a trovarne uno vecchio stampo. Vediamo allora cosa troviamo nei grandi negozi di elettrodomestici.
La Rex Electrolux produce oggi tanti modelli di forni di nuova generazione di classe A, definiti con un’anima “verde”, che garantiscono una temperatura interna costante per una cottura ottima, consumi di energia minimi e il massimo rispetto dell’ambiente. Molti di questi hanno almeno cinque funzioni, tra le quali la ventilazione “turbo”, una ventola di cottura decentrata che si adatta ai diversi tipi di cibi e una particolare protezione realizzata in materiale vetroso che ne rende più facile la pulizia.
La Glem produce diversi modelli di forni di classe A, definiti “Pro Green” perché cucinano bene con pochissimo dispendio di energia. Ad esempio quelli denominati con la sigla FE43N o l’FE43X offrono quattro funzioni di cottura indicate soprattutto per cuocere carni di vario tipo o per gratinare.
Anche l’FB 21 A.2BK e l’FB 51 A.1 BK/HA Hotpoint dell’Ariston è un forno multifunzione definito “Pro Green”, perché efficiente nella cottura e di classe energetica A. Offre diverse combinazioni e programmi di cottura a seconda dei cibi da cuocere; tra questi anche il gratin e il grill. È comunque indicato per una cucina tradizionale.
La Candy invece produce il modello FPP 602 X che presenta le stesse caratteristiche degli altri forni sopra citrati, con alcuni programmi in più (arriva a 8 impostazioni diverse) per la pizza e il grill, da poter utilizzare a seconda dei cibi da cuocere, oltre naturalmente ad un ridotto consumo di energia.
Anche la Ignis produce un modello “Pro Green” identificato con la sigla AKS 185/IX. Offre alcune funzioni particolari per la cottura dei dolci (indicato per le pasticcere più esperte), un maxi grill, un turbo grill e una funzione per lo scongelamento dei cibi. È tra i modelli che offrono più funzioni e ha un consumo pari a 0,99 kWh.
Molto simile, nelle opzioni e nei consumi, l’ AKP230/NB della Whirpool con cinque opzioni di cottura e alcune manopole per grill diversi. Quasi uguale, ma dotato anche di una ventilazione più efficiente per la pasticceria, il modello AKP103/NB della stessa casa, che consuma leggermente meno.
Troviamo poi il modello SC336X della Smeg, che a differenza degli altri ha puntato molto sulle funzioni del grill ma prevede anche lo scongelamento dei cibi e un sistema di ventilazione per garantire una cottura uniforme.
Tra i migliori modelli, per efficienza energetica e varietà di programmi, va citato il FIE61KA/IX della Indesit che offre ben sei programmi di cottura, anche per pizza e pasticceria, due tipi di grill, una porta con triplo vetro (che evita qualsiasi dispersione di calore). Il consumo è minimo, pari allo 0,70 kWh.
Questi forni presentano più o meno le stesse dimensioni (larghezza di circa 59-60 cm), offrono molte funzioni per cuocere cibi diversi e impostare tipologie di cottura differenti e consumano da un minimo di 0,79 kWh ad un massimo di 0,99 kWh contro l’1,06 kWh della classe B.
Includono quasi tutti almeno cinque combinazioni di cottura, un termostato, una luce forno, la porta
ventilata, un contaminuti con spegnimento automatico, un sistema di ventilazione radiale, un maxi grill, più due teglie e una leccarda. I costi oscillano orientativamente dai 270 ai 350 euro.
Per chi non dovesse “accontentarsi” delle offerte commerciali “pro green” più comuni esiste anche il forno a legna domestico. Si tratta di un “forno ecologico” perché riesce a risparmiare energia e a cuocere in modo sano e naturale, grazie alla separazione tra la camera di combustione e quella di cottura.
Alcuni, come quello prodotto dalla Saf, hanno anche i piani di cottura in materiale refrattario che permette così di sfruttare tutta la superficie e di preparare pietanze diverse.
SITI UTILI
www.fornosaf.it
euroforni.altervista.org
Il tandoori (o tandoor) è un forno in terracotta di origine indiana; somiglia ad una grande giara dal collo ristretto e si interra nel suolo fino al collo. L’uso di questo forno è molto semplice: si accendono dei pezzi di legno sul fondo e quando le pareti diventano incandescenti si possono mettere i cibi a cuocere.
È una specie di barbeque della tradizione indiana; per preparare il pane (Naan) e le focacce si incolla l’impasto sotto il collo del tondoor, in modo che resti sospeso al di sopra della fonte di calore; dopo qualche minuto la pasta inizia a gonfiarsi, soprattutto sul bordo, diventando leggera e dal colore dorato. A quel punto si stacca ed è pronta da gustare!
Per la cottura di carne e pesce invece si preparano lunghi spiedini da appoggiare sul collo del recipiente, in modo tale che il cibo si trovi a circa 30 cm sopra la brace.
Con questo sistema le cotture avvengono in tempi brevi, perché il forno raggiunge temperature altissime in breve tempo (circa 400 gradi) e le sue pareti di argilla mantengono a lungo il calore. Si possono quindi cucinare tanti cibi con poca legna e i sapori restano autentici.
Una scatola di cartone foderata di materiale riflettente, contenuta in un’altra scatola dello stesso tipo in grado di isolare e incanalare i raggi del sole. Non è l’ultima trovata dell’ingegnoso MacGyver, ma il forno solare, di cui abbiamo già palato qualche tempo fa, uno strumento di cottura che può essere facilmente realizzato in casa, comodo da usare, ma soprattutto ecologico ed economico.
Consente di risparmiare denaro perché adatto al fai-da-te (su internet esistono numerosi link sull’autoproduzione delle diverse varianti: dal fornello al cassone, con tanto di guida passo passo e testimonianze di chi si è cimentato nell’operazione).
Questo apparecchio desta un’attenzione particolare perché si presta alla cottura di numerosi cibi: dalle zuppe alla carne, dagli arrosti alla pizza.
Cucinare con la parabolica
Il meccanismo di questo tipo di cucine è piuttosto semplice: si tratta essenzialmente di una parabola in materiale metallico che permette, concentrando i raggi solari e riflettendoli su una superficie di alluminio, di convertire l’energia in calore.
In pratica permette di confluire i raggi del sole su un supporto, nel quale viene poggiata la pentola colma di cibo. Il calore viene ripartito su tutto il recipiente (che deve essere di colore nero per ottenere un maggiore assorbimento calorico) ed è in grado cucinare tutti i tipi di alimenti nei diversi modi di cottura: frittura, forno, bollitura e altro in un tempo piuttosto ridotto.
Un esempio pratico?
Oltre a suscitare lo stupore di tutti i vicini, convinti di essere rimasti indietro in fatto di televisione satellitare, contribuirete certamente a risparmiare gas e a diminuire il relativo impatto ambientale.
Link utili per approfondire:
www.greenme.it/mangiare/cucina/237-cucinare-con-il-sole
http://solarcooking.org