“Il mio voto va rispettato”: parte la campagna di obbedienza civile del Forum dei movimenti per l’acqua. L’intervista a Paolo Carsetti
Un referendum non esprime pareri, non consiglia possibili ed eventuali indirizzi. Eppure, a distanza di otto mesi dalla straordinaria vittoria del 12 e 13 giugno 2011, il governo e i gestori non hanno ancora avviato il processo di re-pubblicizzazione, né eliminato la remunerazione del capitale investito (almeno 7% sulle bollette), così come ha chiesto, invece, la maggioranza degli italiani. Per questo, con lo slogan “Il mio voto va rispettato”, questo fine settimana e il prossimo verrà lanciata la “campagna di obbedienza civile” del Forum dei movimenti per l’acqua.
Una campagna, quindi, non di ‘disobbedienza civile’, ma di ‘obbedienza civile’. Un rovesciamento semantico che sta a indicare proprio la necessità di garantire l’applicazione dei quesiti referendari, in particolare il secondo, che faceva riferimento alla “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato”, passato con 26.130.656 di sì su 27.642.457 voti validi. Chi non rispetta la legge, infatti, non sono i cittadini, ma le Autorità e i gestori che non hanno adeguato le tariffe. Chi non rispetta la volontà popolare è anche il Governo, che con l’articolo 26 della bozza del decreto liberalizzazioni, per fortuna successivamente scomparso, ha tentato di spalancare le porte alla privatizzazione dell’acqua, ignorando ancora una volta il risultato referendario e i principi sui quali si basa la nostra Costituzione.
Per tutte queste ragioni i comitati territoriali del Forum vogliono rideterminare le tariffe del servizio idrico integrato cancellando la voce “remunerazione del capitale investito”, a partire da quando sono andate in scadenza le fatturazioni del terzo trimestre 2011, le prime che avrebbero dovuto tener conto del risultato referendario. I cittadini, quindi, sono invitati ad obbedire al voto referendario attraverso il ricalcolo diretto delle tariffe e ad abrogare dalla bolletta la cifra relativa alla remunerazione del capitale investito per il periodo successivo al 20 luglio 2011. Molti sono i comitati che stanno già presentando reclami, molti quelli che attivano sportelli o che li stanno per aprire. L’obiettivo è uno solo: “obbedire” al mandato del referendum popolare e “disobbedire” alla privatizzazione.
Intanto, continuano le iniziative del Forum Italiano e il 3 e 4 febbraio, a Milano, si terrà un convegno internazionale per la presentazione e l’organizzazione del FAME, il sesto Forum Mondiale Alternativo dell’acqua che si svolgerà a Marzo a Marsiglia, proprio in contemporanea con il World Water Forum, in cui le multinazionali cercheranno, ancora una volta, di indicare la via della privatizzazione e della produzione di profitti. Il convegno vuole essere una risposta concreta a chi pensa di risolvere la crisi svendendo il patrimonio di un paese, in cui creare un asse tra le giunte di Napoli e di Milano, nate sotto il segno del referendum e della partecipazione, che a Marsiglia voglia svolgere un ruolo attivo in una battaglia di civiltà.
Ma che cos’è in particolare che sta andando contro la volontà popolare? Cosa avrebbe dovuto esser fatto? Lo abbiamo chiesto al coordinatore del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Paolo Carsetti, che abbiamo incontrato alla premiazione del Personaggio Ambiente Italia 2011 in ha ritirato la menzione speciale assegnata dal Comitato tecnico al Forum, per il contributo al risultato del referendum sull’acqua pubblica.
In che modo il risultato del referendum non viene rispettato?
I provvedimenti che stanno contraddicendo la volontà popolare sono diversi, a partire dalla cosiddetta manovra di Ferragosto della scorsa estate, che all’art.4 ripropone la stessa norma abrogata dal primo quesito del referendum di Giugno, ovvero l’obbligatorietà della privatizzazione di tutti servizi pubblici locali, compresa la gestione dei rifiuti, il trasporto pubblico locale o il trasporto regionale, seppur, almeno per il momento, escludendo il servizio idrico. Poi c’è la questione relativa alle tariffe del servizio idrico. Anche la sentenza di ammissibilità della corte costituzionale aveva chiarito che, in caso di abrogazione, la nuova tariffa senza il profitto garantito per legge ai gestori avrebbe dovuto essere immediatamente applicata. L’avvenuta abrogazione del 13 Giugno avrebbe dovuto quindi comportare che le bollette emesse successivamente alla formalizzazione del risultato referendario non avrebbero dovuto più contenere la remunerazione del capitale investito. Ma così non è stato, dando vita a un processo di disconoscimento del risultato referendario e a un tentativo di una sua cancellazione, attraverso l’approvazione di norme che, in realtà, ripropongono quelle abrogate.
Cosa si sarebbe dovuto fare, invece?
Per essere conseguenti alla volontà popolare, gli enti locali avrebbero dovuto essere liberi di decidere quale forma di gestione adottare, mentre ad oggi essi sono ancora obbligati a scegliere soggetti di stampo privatistico o società miste pubblico-private. Ma si sarebbe dovuto anche iniziare un processo di re-pubblicizzazione degli enti locali che gestiscono l’acqua, così come ha fatto il Comune di Napoli che ha trasformato la propria società per azioni in azienda speciale. Ma nemmeno questo è stato fatto. Eppure in molte città, da Milano a Torino, da Venezia a Palermo, sarebbe bastato cambiare lo statuto della società e trasformarle in ente di diritto pubblico, visto che si tratta di società private il cui Capitale è completamente detenuto dagli enti locali. Per queste ragioni le iniziative e le azioni del Movimento dell’acqua chiedono l’attuazione dei risultati referendari, compresa la campagna di obbedienza civile con cui invitiamo i cittadini a non pagare la remunerazione del capitale investito e a chiedere il rimborso delle bollette già pagate, unitamente a un reclamo al proprio gestore.
Ma se i cittadini non pagassero la remunerazione del capitale, non potrebbero essere considerati morosi?
Ad Arezzo, Genova e Roma la campagna è iniziata e sono stati già consegnati reclami. I gestori iniziano a reagire in modo scomposto, ma i cittadini non possono essere considerati morosi perché pagano la bolletta legittima, cioè quella senza la quota relativa alla remunerazione del capitale investito. Ma ci stiamo attrezzando anche per eventuali azioni legali da intraprendere. Nessuna conseguenza, quindi, per i cittadini.
L’ex ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, padre del provvedimento sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, ha affermato in una recente intervista che per risolvere i problemi della rete idrica italiana bisognerebbe colpire “i potentati dei servizi pubblici”. Cosa andrebbe fatto, invece, per mantenere pubblica e al tempo stesso efficiente la gestione dell’acqua?
Questa situazione disastrosa, che va dall’inefficienza degli acquedotti, alla mancanza dell’allaccio ai servizi di fognatura e depurazione del 30% dei Comuni, fino all’aumento delle tariffe è la conseguenza diretta di un sistema di stampo privatistico in campo in Italia da metà degli anni ’90 e non il risultato di una gestione pubblica. Per questo bisogna cambiare il sistema. Da una parte è necessario tornare alla gestione pubblica, dall’altra bisogna adottare una riformulazione dei finanziamenti per questo servizio essenziale per il cittadino. Non puntare al profitto ma a rendere l’acqua un diritto per tutti: è solo in questo modo il servizio idrico può diventare davvero efficiente.
Roberta Ragni
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