Pendolaria 2015, il rapporto annuale di Legambiente sui servizi ferroviari, anche quest’anno evidenzia il divario tra Nord e Sud
Treni in Italia. Ritardi, tagli ai regionali, aumento dei costi, cancellazioni e carrozze sempre stracolme (e a volte oscenamente sporche). Chi, volente o nolente, è costretto a fare il pendolare, deve quotidianamente far fronte a situazioni di questo tipo.
È questo il quadro delineato da Pendolaria 2015, il rapporto annuale di Legambiente sui servizi ferroviari, che – anche quest’anno – evidenzia il divario tra Nord e Sud: da una parte il successo di treni sempre più moderni e veloci che si muovono tra Salerno, Torino e Venezia – con un’offerta sempre più ampia, articolata e con sempre più persone ogni giorno su Frecciarossa (+7,7% nel 2014 ed una previsione nel 2015 tra il 6 ed il 7% di ulteriore crescita) e Italo -, dall’altra la riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza su tutte le altre direttrici nazionali, dove si è praticamente rimasti fermi agli anni Ottanta.
Emblematici sono anche i tagli al servizio ferroviario regionale che complessivamente dal 2010 sono stati pari al 6,5%, con punte da capogiro al Sud con conseguente riduzione del numero di viaggiatori pendolari al giorno (nella sola Campania siamo a -130mila pendolari al giorno rispetto al 2009). In più, da Roma verso Milano nel 2007 i collegamenti Eurostar al giorno erano 17 e oggi tra Frecciarossa e Italo sono 63, diversa è la situazione per le 120mila persone che ogni giorno prendono i treni della ex Circumvesuviana, a Napoli, che hanno visto un calo dell’offerta di treni del 30%. Ma una situazione analoga la vive anche chi sui collegamenti nazionali è fuori dai percorsi delle Frecce perché il calo nell’offerta degli Intercity è stata dal 2010 del 19,7% e parallelamente sono calati i passeggeri del 40%.
Ogni giorno i treni regionali che circolano tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono meno di quelli della sola Lombardia (1.738 contro 2.300). Non solo, quei treni sono anche più vecchi al Sud rispetto al Nord (20,4 la media di età contro 16,6) e sono più lenti, perché larga parte delle linee sono a binario unico e non elettrificate. Ma c’è da sottolineare anche il successo di linee pendolari come in Alto Adige (dove i viaggiatori sono triplicati in 4 anni), o al Sud con la Foggia-Lucera e la Bari-Palese-Aeroporto in Puglia, o il successo a Napoli della linea 1 della Metropolitana con le stazioni realizzate da artisti e architetti, o quello del collegamento diretto Palermo-Catania da quando vi sono nuovi treni e tempi di percorrenza ridotti.
LA DELEGA APPALTI – L’approvazione della Delega Appalti con Graziano Delrio al Ministero delle Infrastrutture avrebbe il merito di aver finalmente cancellato la Legge Obiettivo introducendo regole chiare per progettazione, controlli, collaudi delle opere. Poi ci sono da aggiungere gli stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità 2016 per il trasporto merci ferroviario e marittimo, per le ciclovie.
Per Legambiente la situazione che vivono i pendolari è figlia di precise responsabilità politiche in questi anni da parte del Ministero delle Infrastrutture e delle Regioni. Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, avrebbe le leve in mano per garantire un servizio dignitoso, intervenendo in particolare per rivedere le priorità di investimento infrastrutturali, per approvare un nuovo contratto di servizio per i collegamenti universali (Intercity) scaduto nel 2014, per controllare lo stato del servizio nelle Regioni e accompagnare il delicatissimo passaggio alle gare, in una fase di privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. Le Regioni dal 2001 hanno la responsabilità per il servizio ferroviario regionale, ma hanno investito ben poco.
NO ALL’AUTOTRASPORTO – Da dove partire? Sicuramente da un taglio agli incentivi all’autotrasporto, che nella Legge di Stabilità 2016 beneficia di 250 milioni di euro di sconti sui pedaggi autostradali, e di 3 miliardi di Euro di sconti sull’accisa. Spostando, insomma, le risorse dalle infrastrutture stradali a quelle ferroviarie (con lo Sblocca Italia sono stati stanziati 1.530 milioni di euro per le strade e autostrade). Le Regioni, per esempio, continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti: complessivamente rappresentano il 56,1% degli stanziamenti regionali, mentre ferrovie e metropolitane devono spartirsi il restante 43,9%.
Quello che serve, in pratica, sono maggiori investimenti sul trasporto ferroviario, non fosse altro che potrebbe essere questa una sfida importante per modernizzare il Paese e realizzare gli impegni fissati alla COP21 di Parigi e dall’Unione Europea al 2030 in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
Non è poi così complicato se solo il Governo realizzasse gli investimenti nella rete ferroviaria spostando il 50% degli investimenti previsti dal Contratto di Programma di RFI nei nodi urbani e nel Sud; lanciasse un programma di nuove linee di Tram e Metropolitana nelle città, attraverso un fondo da finanziare con 500milioni all’anno da prendere dai sussidi all’autotrasporto (che valgono 3 miliardi di Euro all’anno attraverso l’esonero dell’accisa); potenziasse il servizio ferroviario regionale con 500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il TPL e il trasporto ferroviario regionale dopo i tagli degli ultimi anni e, ultimo ma non meno importante, comprasse nuovi treni.
Legambiente chiede ora al Governo Renzi di dare subito un segnale al Sud di cambiamento, intervenendo sulle 8 linee ferroviarie principali per velocizzare i percorsi e acquistando nuovi treni, per rendere più confortevole il viaggio e ampliare l’offerta. Per riuscirci non servono tante risorse, in particolare se le si confronta con quelle previste per le grandi opere. Piuttosto serve un Ministero delle Infrastrutture che le scelga come prioritarie e le finanzi nel contratto di programma con RFI, e in parallelo inserisca questi collegamenti nel contratto Intercity con Trenitalia e stanzi le risorse per acquistare i nuovi treni necessari a potenziare il servizio.
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