Pendolare costretta a rinunciare al lavoro per i continui ritardi fa causa a Trenitalia

Una pendolare romana ha deciso di prendersi un periodo di aspettativa a lavoro perché esanime dalla sempre peggiore situazione dei trasporti pubblici

Se proprio ieri vi avevamo parlato delle due ragazzine costrette ad un viaggio infinito per andare a scuola a causa della mancanza di collegamenti tra due località molto vicine tra loro, ecco di nuovo l’ennesima “vittima” dell’arretratezza della mobilità sostenibile italiana.

Questa volta ci spostiamo nel Lazio, a raccontare la storia di una dei tanti pendolari che si muove nella regione per raggiungere Roma. Loredana Merlo, 48 anni, parte per la Capitale ogni giorno da Manziana (RM), comune distante una sessantina di chilometri dal centro di Roma.

Si dovrebbe però dire “partiva”, perché ha ufficialmente rinunciato al suo lavoro. Un tempo impiegava un’oretta per arrivare alla clinica dove faceva la fisioterapista. Ultimamente però ne impiega quattro. Un ritmo insostenibile che l’ha spinta ad una decisione estrema, come ha narrato all’edizione romana del Corriere della Sera:

Ho sopportato neve, nubifragi e ritardi. Ma ora basta, rinuncio e faccio causa a Trenitalia.

Si è presa un periodo di aspettativa non retribuita

Dopo aver tollerato di tutto, sostiene di non avere altra scelta. Una situazione che condivide con chi è molto meno fortunato di lei:

Tra i pendolari ci sono anziani e bambini sottoposti a chemioterapia. È una vergogna intollerabile. Quello che sta accadendo negli ultimi giorni è surreale. Siamo allo sbando da inizio settembre, treni che scompaiono senza alcuna comunicazione, navette che non si sa dove prendere, ci lasciano in mezzo alla strada per ore sotto sole e pioggia.

Di qui la decisione di fermarsi, senza stipendio, per un periodo di tempo nella speranza che qualcosa si smuova:

Ho cercato mezzi alternativi, ho perso tempo e salute. Lascio il mio posto da pendolare e mi metto in aspettativa non retribuita, nonostante paghi quasi 500 euro l’anno di abbonamento. Aspetto finché il servizio non tornerà normale senza sentirmi presa in giro da un’azienda che ci tratta come pedine.

La causa contro Trenitalia

E nel frattempo non sta a guardare, in quanto si è rivolta ad uno studio legale con l’intenzione di dar vita ad una causa contro Trenitalia. Vuole chiedere il risarcimento per i danni subìti, ma non per se stessa:

Non lo faccio per me, io mi sento una privilegiata, i miei datori di lavoro sono compresivi. Ma sono centinaia i cittadini che rischiano di perdere il posto. Spero che il mio percorso possa aiutare altri.

Insomma, ancora una volta spostarsi con i mezzi pubblici in Italia è un vero e proprio miraggio che obbliga i pendolari a rinunciare all’impiego di trasporti ben più eco-friendly a favore delle auto per chi ne ha una. O peggio ancora, come in questo caso, a rinunciare del tutto ad un lavoro nonostante un abbonamento lautamente pagato per un servizio totalmente (o quasi) inesistente.

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