Altro che ponte sullo Stretto: per dare un vero slancio al Sud bisogna investire al più presto nella rete ferroviaria. Tra convogli con oltre 20 anni, ritardi e lavori interminabili, per chi vive in Regioni come la Calabria o la Sicilia viaggiare in treno è un'odissea
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“Il ponte sullo Stretto unirà finalmente l’Italia, sarà una rivoluzione per il Sud” ribadiscono i sostenitori dell’ambiziosa (quanto controversa infrastruttura). Prima di lanciarsi in progetti mastodontici, però, bisognerebbe guardare la realtà delle trasporto ferroviario per rendersi conto dell’arretratezza imbarazzante del Meridione e del Centro.
Per farsi un’idea basti pensare che le corse giornaliere dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 472 contro le 2.173 della Lombardia. Sempre al Sud viaggiano convogli che hanno un’età media di 18,1 anni, mentre nelle Regioni settentrionali l’età media si abbassa a 14,6 anni del Nord.
La fotografia che ci restituisce il report Pendolaria 2024 è sconfortante. Nelle Regioni del Sud la mobilità ferroviaria è ferma ad una trentina d’anni fa.
Le peggiori linee ferroviarie
Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024, si trovano nel Mezzogiorno, ovvero:
- le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, dove i pendolari si ritrovano a fare i conti con frequenti ritardi, soppressioni e problemi tecnici)
- la linea Catania- Caltagirone-Gela (qui i lavori di ripristino sono stati sospesi per ben 13 anni e dovrebbero concludersi entro il 2026)
- la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria (i lavori, iniziati nel 2018, si sono improvvisamente fermati nel 2019 per poi riprendere con inevitabili ritardi e il loro completamento non è previsto prima della fine del 2026)
- la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari (nel 2023 la tratta è stata interessata da incendi in prossimità dei binari, ritardi e guasti che hanno reso la circolazione dei treni lenta e poco efficiente, con vagoni costantemente sovraffollati)
Non mancano i disagi anche al Centro e al Sud. Le maggiori criticità si riscontrano anche nelle seguenti linee ferroviarie: la Roma-Lido, la Roma Nord, la Milano-Mortara, la Genova-Acqui-Asti (che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 totali), la Verona-Rovigo, e come new entry la Ravenna-Bologna, la Pinerolo-Torino (linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è al tempo quella che registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano) e il suo proseguimento Pinerolo-Torre Pellice e la Grosseto-Siena, dove permangono ancora rallentamenti e difficoltà per i viaggiatori.
Un altro grosso nodo riguarda linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni, ad esempio quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni.
La Sicilia si distingue fra le Regioni la situazione è particolarmente critica. Sull’isola, infatti, sono 1.267 i km di linee a binario unico, ovvero l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale.
A dir poco sconcertanti i tempi di percorrenza: per spostarsi da Trapani a Ragusa sono necessarie 13 ore e 14 minuti, cambiando ben 4 treni regionali.
L’età dei treni: al Sud la media è di 18 anni
Per quanto riguarda il numero di treni regionali in servizio nel 2022, considerando tutti i gestori, è di 2.674, in calo rispetto
ai 2.788 del 2021. E nonostante i vari investimenti effettuati, l’età media dei treni circolanti è tornata a salire, seppur di poco, con 15,8 anni. Il gap tra Nord e Sud resta ancora enorme.
A colpire sono due casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise, infatti, l’età media dei treni è addirittura di 22,6 anni e in Calabria 21,4 anni.
Ci sono poi gli esempi di Lazio e Campania che ci raccontano di una situazione fatta da differenze clamorose tra le flotte di Trenitalia e quelle degli altri gestori. Nel Lazio i treni delle ferrovie gestite ora da Cotral hanno una media di 32,5 anni di età (leggermente scesa
grazie ad alcune dismissioni), contro i 13 per quelli di Trenitalia, a testimonianza di un rinnovamento importante avvenuto negli ultimi anni. – si legge nel report Pendolaria – In Campania pesa ancora l’anzianità del parco rotabile di EAV (ex Circumvesuviane, Sepsa e
MetroCampania NordEst) con 21,4 anni di media, nonostante i primi nuovi treni stiano arrivando in maniera più costante negli ultimi anni, contro i 15,3 anni per Trenitalia.In Sardegna, invece, l’età media dei treni Arst sulle storiche linee a scartamento ridotto si attesta a circa 28 anni, anche in questo caso grazie ad alcuni nuovi convogli acquistati negli ultimi anni, mentre quella dei rotabili Trenitalia a meno di 14 anni di età.
Va decisamente meglio in Lombardia, che ha la flotta più grande d’Italia con 463 treni e dove l’età media è di 17,7 anni.
Inoltre, un dato interessante che emerge dal report è che nel periodo dal 2009 al 2019, gli spostamenti nazionali in treno sono aumentati complessivamente di 46mila passeggeri al giorno. A crescere del 114% sono stati quelli sull’alta velocità, mentre quelli sugli Intercity sono diminuiti del 47%.
La carenza di investimenti che paralizza il sistema ferroviario
Come sollevato da Legambiente, la Legge di Bilancio 2024 si sta rivelando inadeguata per rispondere alla sfida della mobilità del futuro.
“Per la prima volta dal 2017, non sono previsti fondi né per il trasporto rapido di massa, il cui fondo è stato definanziato, né
per la ciclabilità e la mobilità dolce, né per il rifinanziamento del fondo destinato alla copertura del caro materiali per i progetti finanziati, in via di realizzazione e neanche per il fondo di progettazione, con gravi conseguenze sui lavori.” sottolinea l’associazione.
Ciò che servirebbe davvero al Sud per avere lo slancio tanto atteso non è il Ponte sullo Stretto, che oltre a richiedere una spesa da capogiro (pari a di 11,63 miliardi di euro) avrebbe un impatto ambientale e paesaggistico non indifferente, quanto il miglioramento della rete ferroviaria. Bisogna investire per rendere le corse più frequenti ed efficienti, realizzare doppi binari e per i collegamenti di lunga distanza andrebbe effettuato l’acquisto di treni ad alta velocità da 4 vagoni ciascuno, capaci di essere traghettati attraverso lo Stretto senza scomporli, risparmiando nei tempi, come previsto dal Pnrr.
“Tratte come quella dello Stretto, brevi e con alte frequenze, sono ideali per la sperimentazione di traghetti a emissioni zero, che potrebbero anche essere intraprese nei collegamenti brevi con le piccole isole” viene suggerito nel report.
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Fonte: Legambiente
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