Dalla Camera arriva l’ok al decreto Ponte sullo Stretto, ma rimane un progetto insostenibile di cui possiamo fare a meno

Mentre mezza Emilia Romagna è al collasso, la Camera dei Deputati dà il via libera al decreto Ponte sullo Stretto. I voti favorevoli sono 182, i contrari 93. Il decreto passa ora all’esame del Senato. Una pagina inutile di storia tutta italiana

Al via l’opera da record e green”, così, sulla sua pagina web, il nostro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti saluta questa nuova futuristica infrastruttura: il Ponte sullo Stretto, ovvero come spendere soldi pubblici, sprecare tempo e risorse su progetti di cui potremmo benissimo fare a meno.

Dalla Camera arriva il via libera al decreto che definisce l’assetto della società Stretto di Messina Spa (SDM) e che riavvia le attività di programmazione e progettazione del Ponte sullo Stretto. Un ponte, almeno sulla carta, saà il ponte “strallato” più lungo al mondo, poco più di 3 chilometri, tra Villa San Giovanni e Messina.

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Una infrastruttura da record mondiale e con forte connotazione green: il Ponte permetterà una drastica riduzione dell’inquinamento da CO2 e un calo sensibile degli scarichi in mare, continua bellamente ancora il Mit.

Ma ne siamo certi? Potrà anche essere, ma il gioco vale la candela? Nel senso: soprattutto alla luce dei disastri di queste ore in Emilia Romagna, alla drastica riduzione di gas climalteranti si doveva pensare molto prima e, comunque sia, senza dubbio in altro modo. Per non parlare degli scarichi in mare: non è con la realizzazione di un’opera mastodontica che si risolve il problema.

Perché fare un ponte sullo Stretto non è una buona idea

Innanzitutto, dal punto di vista ambientale, tutta l’area dello  stretto di Messina si trova tra due Zone di Protezione Speciale – ZPS (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) e in un sistema di ben 11 Zone Speciali di Conservazione (ZSC), ai sensi della Direttiva comunitaria Habitat, che tutelano un ambiente unico che va dalla costa calabrese alla zona umida della Laguna di Capo Peloro, fino all’ecosistema botanico dei Monti Peloritani.

Sul fronte trasporti, inoltre, nel Mezzogiorno circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria, ad esempio, sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola. Motivo in più per dire no al ponte e puntare piuttosto alla elettrificazione e a collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola.

Dal punto di vista strettamente tecnico, il ponte non è da prendere sotto gamba: si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di più di 3 km di lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, a doppio impalcato stradale e ferroviario. Oggi, il ponte più lungo esistente con analoghe caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone, di 1118 metri di lunghezza.

Dov’è la valutazione di impatto ambientale?

La fiducia a Montecitorio sul cosiddetto Decreto Ponte non risolve i nodi di un’opera dai fortissimi impatti ambientali ed economici: mancano all’appello il Piano Economico Finanziario per dimostrare la redditività e l’utilità del ponte sullo Stretto di Messina oltre che la valutazione di impatto ambientale per attestare la sostenibilità dell’intervento, dicono dal WWF.

Oggi il Governo accetta, senza fare alcuna seria verifica della sostenibilità economico-finanziaria dell’opera, un costo prudenziale del ponte stimato in 14,6 miliardi di euro (fonte DEF) il 367% in più di quanto previsto a suo tempo nell’offerta economica (3,9 miliardi di euro) presentata dal GC Eurolink in occasione della gara nel 2003.

Il WWF ricorda, poi, che la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS diede il suo parere n. 1185 il 15/3/2013 sulla verifica di ottemperanza del progetto definitivo del 2011 elaborato da Eurolink rilevando che su 27 prescrizioni solo 6 risultavano ottemperate, 18 solo parzialmente ottemperate e 1 non ottemperata (2 non competevano al Ministero dell’Ambiente).

La Commissione tecnica fornì una Valutazione di Incidenza (valutazione degli effetti diretti o indiretti sui siti della Rete Natura 2000, tutelati dall’Europa) negativa sugli habitat prioritari del Sito di Interesse Comunitario ITA03008 Capo Peloro – Laghi di Ganzirri e sull’avifauna appartenente a specie di interesse conservazionistico comunitario della Zona di Protezione Speciale IT IT9350300 Costa Viola e della ZPS ITA030042 Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto.

Quindi, manca ancora una VIA esaustiva sul progetto definitivo e difficilmente potrà essere eluso il fatto che tutto lo Stretto di Messina sia ricompreso in aree tutelate dall’Europa.

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Fonti: Consiglio dei Ministri / WWF / Legambiente

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