I dati parlano chiaro: il modello “Città 30” funziona per contrastare gli incidenti stradali e non rallenta il traffico, quanto lo rende più fluido
Nell’attuale modello urbano, le strade sono principalmente progettate per le automobili con l’80% dello spazio pubblico all’aperto nelle città è dedicato alle auto, trascurando le esigenze delle persone. In Italia, dove ci sono oltre 39 milioni di automobili, il 73% degli incidenti si verifica in ambito urbano, con un alto tasso di vittime tra i pedoni, i ciclisti e i conducenti di veicoli leggeri.
I tanti, troppi incidenti stradali che avvengono nelle nostre città ci fanno capire come sia necessario un intervento mirato ed efficace per tutelare sia gli automobilisti ma, soprattutto, gli utenti più fragili come ciclisti e pedoni. Un’ottima misura in tal senso è l’introduzione del limite dei 30 km/h.
Un provvedimento che non implica, come si pensa erroneamente, un rallentamento del traffico. Al contrario può portare a un flusso più efficiente del traffico stradale. Inoltre offre una serie di notevoli vantaggi in termini di sicurezza stradale, qualità dell’aria, mobilità sostenibile, spazi verdi urbani e benessere dei cittadini.
I dati dimostrano l’efficienza delle “Città 30”
Molte città europee hanno adottato con successo il modello “Città 30”, riducendo il limite di velocità a 30 km/h. Ad esempio, in Danimarca, questa misura ha portato a una riduzione del 77% degli incidenti e all’88% dei feriti nelle Zone 30 in soli tre anni. A Londra, gli incidenti sono diminuiti del 40% e i feriti del 70%.
In Italia, alcune città hanno sperimentato il modello “Città 30”, ma spesso in modo limitato. Olbia è stata una delle prime città italiane a implementare questa misura nel 2021, mentre Bologna ha recentemente ridotto il limite di velocità a 30 km/h sulla maggior parte delle sue strade.
Eppure ci sono ancora molta resistenza e polemiche quando si adotta una zona a 30 km/h. Alcuni sostengono che questa misura sia inutile perché non viene rispettata, o che rallenti troppo il traffico, o addirittura che induca un falso senso di sicurezza.
I dati e l’esperienza dimostrano però l’esatto contrario: la riduzione del limite di velocità a 30 km/h ha portato a una diminuzione degli incidenti, dei decessi, dell’inquinamento atmosferico e del traffico. Ha inoltre aumentato lo spazio per i pedoni e i ciclisti, migliorato la qualità della vita urbana e promosso la mobilità sostenibile.
Non solo limiti orari: tanti interventi strutturali a favore di pedoni e ciclisti
Il modello “Città 30” non si limita inoltre a un semplice cambiamento di limiti di velocità, ma comporta una serie di interventi strutturali per riqualificare lo spazio pubblico urbano, rendendolo meno orientato verso le automobili e più orientato verso le persone.
Ciò significa la riduzione delle carreggiate, l’espansione dei marciapiedi e la creazione di aree verdi pubbliche. Inoltre, per rendere effettivamente funzionante il modello “Città 30”, è necessario promuovere la mobilità leggera, migliorare il trasporto pubblico e incoraggiare l’uso combinato di mezzi di trasporto diversi.
La comunicazione e la partecipazione dei cittadini sono fondamentali per il successo di questo cambiamento culturale. È importante che le persone comprendano che il modello “Città 30” non è contro gli automobilisti, ma a favore di un ambiente urbano più sicuro, sostenibile e vivibile migliorando la qualità della vita urbana e rendendo la circolazione più efficiente.
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Fonte: Altroconsumo
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