Se nascerà, sarà la pista ciclabile più lunga d'Italia e una delle più lunghe d'Europa e collegherà Venezia a Torino
Se nascerà, sarà la pista ciclabile più lunga d’Italia e una delle più lunghe d’Europa e collegherà Venezia a Torino. L’ambizioso progetto VenTo nasce al Politecnico di Milano, che sogna di realizzare una ciclovia lunga 679 km, che attraversa 4 regioni Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto e 12 province del Nord Italia, tra cui Milano, Piacenza, Parma e Ferrara.
Una nuova “autostrada” per le biciclette dopo quella che sorgerà in Svezia, e quella su cui si lavora in Germania. Lo studio sarà presentato oggi pomeriggio a Torino alla presenza del sindaco Fassino e dell’Assessore all’Ambiente Enzo Lavolta. Un sogno per molti, pedalare sugli argini, sulle vie di campagna o nei tratti urbani delle città e per oltre 266 km all’interno dei parchi. Con innumerevoli vantaggi. A detta dei suoi ideatori, costa poco e dà molto: con una spesa relativamente bassa infatti diventerebbe una delle più lunghe piste ciclabili d’Europa, a vantaggio della green economy. Diventerebbe infatti una straordinaria opportunità di sviluppo perché incontra nel suo percorso 14mila aziende agricole, quasi 300 strutture ricettive e centinaia di attività commerciali.
Un’idea visionaria ma concreta, come l’ha definita chi l’ha progettata: “VenTo è il tracciato apripista di una visione di ciclabilità che ancora non c’è nella cultura italiana e che non ha prodotto gli effetti di sviluppo e di cultura che avrebbe potuto e che vuole assicurare al Paese, innescando tante altre iniziative di ciclabilità e un nuovo modo di progettare, pianificare, generare sviluppo” si legge sul sito del Progetto.
Realizzare VenTo ha un costo ma il tracciato non deve essere fatto ex novo. Il progetto ha cercato di minimizzare i costi sia scegliendo soluzioni a basso costo di realizzazione e sia utilizzando il più possibile ciò che c’era già o ciò che richiedeva il minimo.
Ed è per questo che il 15% di VenTo corre già su ciclabili sicure e utilizzate. Si tratta di 102 km pedalabili ma che non sono uno dietro l’altro, ma un tratto qui, un tratto là. Il 42% però in una situazione paradossale visto che sarebbe già pronto per essere calcato dalle due ruote ma non è al momento utilizzabile “perché le regole di utilizzo degli argini, sostanzialmente, sono ferme all’idea che il transito deve essere interdetto, che non è sicuro, che deve essere lasciato solo ai mezzi agricoli o a quelli della polizia fluviale. Per tutti questi casi basta la volontà di una firma e il coraggio di stabilire che gli argini sono solo ciclabili e utilizzabili dai frontisti“.
Per il resto, la situazione è ancora più critica: per il 22% occorrono pochi interventi per trasformare i le strade in vere e proprie piste ciclabili ma per il restante 21% servono interventi più seri per risolvere le criticità rilevate: ciclabili mancanti, dislivelli, attraversamenti del fiume.
Secondo gli esperti, in tutti i casi si tratta di problemi sempre risolvibili con soluzioni abbordabili e tecnicamente mai complesse i cui costi potrebbero essere contratti sicuramente con progettazioni e realizzazioni coordinate.
Un sogno che potrebbe diventare realtà, collegare le due estremità del Nord Italia con un filo unico che può dar vita ad un rinnovamento culturale.